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La natura della consapevolezza - intervista a Oliver Sacks - Parte 3

Post n°3015 pubblicato il 13 Febbraio 2012 da a17540
 

Christian Wertenbaker: Come quel tuo paziente artista che, avendo perso la visione dei colori, non riusciva più nemmeno a immaginare questi ultimi, anche se intellettualmente sapeva tutto su di essi.

Cambiando argomento: pensi che esistono livelli intermedi di consapevolezza, oltre al sonno e la veglia?

Oliver Sacks: Oh sì. Ci sono dei momenti in cui si è più sensibili, in cui il proprio intuito è più vasto e profondo. Uno dei poteri dell’arte è rendere più grande e profonda, in modi diversi, la consapevolezza di una persona, che si tratti di consapevolezza estetica, morale o mistica. Questa è una funzione anche della scienza e della filosofia: favorire forme di consapevolezza intellettuale più ampie e profonde. Una persona ha degli stati d’animo, o degli umori, nei quali la consapevolezza sembra espandersi e farsi più comprensiva, accogliente, generosa, sensibile e anche particolareggiata, mentre in altre occasioni sembra restringersi. L’educazione andrebbe considerata come educazione della consapevolezza, e non solo come l’insegnamento delle varie professioni.

Esistono molte forme di consapevolezza. Per esempio, leggendo Simone Weil, avverto una straordinaria consapevolezza mistica e religiosa. Anche se non è alla mia portata e non rientra nei miei gusti preferiti, riesco ad avere un’intuizione dello spazio in cui si trova lei.

Christian Wertenbaker: Quando si sperimentano questo allargamento e questa “consapevolezza particolareggiata”, non siamo nello stesso campo di cui sta parlando Simone Weil?

Oliver Sacks: Forse. Esistono le esaltazioni. Come diceva Flaubert? “Anche la mente ha le sue erezioni”. William James pensava che le droghe, compreso l’alcool, erano mistagogiche, e certamente l’espressione “espansione di consapevolezza” era molto in voga negli anni sessanta. Anche la perdita e il dolore possono espandere la consapevolezza. Ho scritto la maggior parte diRisvegli subito dopo la morte di mia madre. Tutti i tipi di esperienza possono espandere la consapevolezza, e forse in questo c’è un elemento mistico.

Alla fine del mio libro L’isola dei senza colore, descrivo una passeggiata nella foresta in cui la percezione dell’antidiluviano, di prospettive immense del tempo, sembrava portarmi da un orizzonte egoico meschino, pressante e ordinario, a qualcosa di più spazioso e trascendentale… Un sentimento di amicizia con la terra, la sensazione di essere quasi coevo del mondo. È molto interessante muoversi tra piante, rocce, animali e isole molto più antichi dell’uomo.

Circa tre mesi fa c’è stata un’eclissi totale di luna. E io, che normalmente sono troppo timido per parlare in strada con la gente, sono uscito di corsa con il binocolo e un piccolo telescopio, dicendo: «Guardate, guardate!». Sono addirittura intervenuto in una discussione che si stava svolgendo nel parcheggio sotto casa mia, tra una donna e il custode, dicendo: «Fermatevi, voi due! Fermatevi per un minuto, e guardate il cielo! È una vista meravigliosa che non vedrete mai più. Date un’occhiata e poi, se proprio non potete farne a meno, ricominciate a discutere». Sono stati così colti di sorpresa che si sono messi a guardare – avevo dato loro il binocolo e il cannocchiale – e penso che abbiano provato un istante di meraviglia, di stupore e di una sorta di sensazione trascendentale. Poi mi hanno restituito le cose e sono tornati a discutere(risata).

La musica, in particolare la musica religiosa vocale, come Bach, talvolta mi trasporta in sfere e stati di consapevolezza altrimenti inaccessibili. Mi sono sentito sopraffatto quando ho ascoltato la Passione secondo S. Matteo di Jonathan Miller, l’altra domenica. Jonathan Miller è un mio vecchio amico, e come me è un ebreo ateo. Tuttavia, questo ebreo ateo ha elaborato una visione affascinante e profondamente commovente della Passione.

Il discorso è simile per le arti visive. Dopo aver visto Vermeer ed essermene saturato, posso rimanerne così influenzato da vedere la luce, le ombre e le pose umane in modo del tutto nuovo.

Quando stavo in Sudafrica, ho incontrato un mio quasi omonimo, un uomo chiamato Albie Sachs (poi abbiamo scoperto che i nostri nonni venivano dalla stessa regione della Lituania). Egli è un grande amico di Nelson Mandela, e come lui ha vissuto moltissime esperienze: quando cercarono di assassinarlo, ha perso un braccio. Ma, come Mandela, egli è completamente privo di amarezza o risentimento. La sua presenza mi incuteva timore reverenziale. Avevo la sensazione di trovarmi di fronte un genio morale, un essere straordinario, con una consapevolezza… una coscienza morale trascendente ed espansa. E semplicemente camminando con lui, penso di avere assorbito qualcosa, così come quando, passeggiando con una persona molto sensibile e poetica, si comincia a condividerne la visione per un po’. E forse qualcosa resta anche dopo.

Christian Wertenbaker: Anche passeggiare con una persona che non conosce il luogo in cui stiamo camminando può aiutare a sperimentare quel luogo come fosse nuovo.

Oliver Sacks: Assolutamente. Ogni contatto umano ha il potenziale di cambiare la consapevolezza, perché ci si imbatte in una concezione e una costruzione del mondo diverse dalla propria.

Christian Wertenbaker: Sei davvero ateo?

Oliver Sacks: Oh, non lo so.

Christian Wertenbaker: Mi ricordo la tua espressione “comprendere il primo compositore”, che è bellissima.

Oliver Sacks: In realtà, credo che fosse una citazione di Sir Thomas Browne. Essa si trova in The Twins [in L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello]. E ci sono molti contenuti mistici e religiosi anche nel libro della gamba (Su una gamba sola). Ma non riesco più a vedermi in alcuni di quegli stati mentali. Non ne sento il bisogno, e non vedo più spazio per un “protettore”, un Padre Celeste o qualsiasi cosa non abbia a che fare con la scienza. Non scorgo “Disegni” o “Scopi”. D’altra parte sento, per parafrasare Darwin, che esiste una sorta di grandiosità nella visione dell’evoluzione. Ma non è il tipo di grandiosità che può essere emotivamente soddisfacente o che può fare su una persona lo stesso effetto, per dire, degli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, con la loro raffigurazione di un cosmo ruotante intorno all’uomo e un paradiso dal quale qualcuno guarda in basso verso di te, prestandoti attenzione. Non riesco a immaginare nessuna divinità personificata.

Christian Wertenbaker: L’idea di un Dio che guarda in basso verso di te è chiaramente non-atea, ma è anche possibile considerarsi più piccoli di una cellula, dal punto di vista dell’attenzione ricevuta, e continuare a percepire l’esistenza di una sorta di scopo.

Oliver Sacks: Sì, in un certo senso si contribuisce alla storia dell’universo… Ma, detto questo, mi accorgo che parole come paradiso e inferno, benedizione e maledizione, preghiera e ringraziamento, sono spesso sulle mie labbra. Sul mio comodino tengo una Bibbia e un dizionario. Non posso dire di leggere la Bibba come se fosse letteratura, o perché mi piace il linguaggio della versione di Re Giacomo, anche se è così. Forse è un po’ come Vermeer o Bach: trovare un accesso almeno indiretto a un altro mondo o a molti altri mondi. Penso che occorre avere un atteggiamento di gratitudine per il fatto di essere vivi, e che bisogna sentirsi benedetti o privilegiati per essere qui, avere il pieno possesso delle proprie facoltà mentali e godere di discreta salute. Non sono sicuro del nome da dare a questo sentimento. Non si tratta solo di un sentimento morale. Spesso voglio dire grazie, ma a chi? Per cosa? Mi piace lavorare in un’atmosfera religiosa: tutti i mercoledì lavoro al mattino in un ospedale ebraico, e al pomeriggio in una casa cattolica.

Christian Wertenbaker: Nel pensiero medico dell’India, la mente viene considerata un altro organo di senso. Tu stai descrivendo un rapporto con il mondo che richiede la mente, perché essa può conoscere il significato di ciò che vedo; ma allo stesso tempo tale rapporto richiede qualcosa di più, perché la mente da sola non conduce a quel tipo di sentimento.

Oliver Sacks: Quando mi sento bene, ho la sensazione di essere un germoglio che sta sbocciando: questa sensazione, questa immagine biologica, per me, è l’immagine della consapevolezza e della coscienza. Non è assolutamente un’immagine meccanica. Winnicott sentiva che all’interno di ognuno c’era qualcosa di simile, che lui paragonava a un tulipano: un’identità unica e autonoma, inaccessibile alla consapevolezza, protetta da interventi o interferenze nei modi più comuni, e pensava che uno dei compiti della psicoanalisi fosse mantenere il terreno sgombro da tali interferenze. Credo che una delle ragioni per cui mi piacciono le piante sia la sensazione della loro persistenza in ciò che sono, senza essere – per così dire – spugne delle influenze sociali o altro.

Prendo la maggior parte delle mie metafore dal mondo biologico, e un numero sorprendente da quello vegetale. La gente direbbe subito: “Beh, siamo animali”, usando quindi metafore animali, ma penso che la nozione vegetale di un germoglio in fioritura sia un buon simbolo per la consapevolezza. Sono più sensibile al mondo nella natura che a quello della cultura e degli uomini. Che si tratti delle stelle, della foresta o di immersioni subacquee nelle barriere coralline, sento che queste cose espandono la consapevolezza.

Nota 1. Il dr. Edelman, direttore dell’Istituto di neuroscienze e presidente del Dipartimento di neurobiologia allo Scripps Research Institute, ha scritto molti libri sulle basi neurali della consapevolezza. Nella sua concezione viene messa in particolare rilievo la natura biologica ed evolutiva del cervello e della mente umani. Egli ha anche creato molte macchine computerizzate che simulano alcuni aspetti dell’attività mentale umana.

Nota 2. Il dr. Damasio, professore e presidente del Dipartimento di neurologia nella facoltà di Medicina dell’Università dello Iowa, è universalmente considerato uno dei più importanti studiosi degli effetti dei danni cerebrali sull’attività mentale. Il suo libro del 1994, L’errore di Cartesio, sottolinea il ruolo dell’emozione nella cognizione e razionalità umane. Inoltre, esso contiene una descrizione dettagliata del caso di Phineas Gage, che fu importantissimo per comprendere la funzione dei lobi frontali nell’uomo.

Il dr. Christian Wertenbaker è professore clinico aggiunto di neurologia e oftalmologia alla facoltà di Medicina Albert Einstein, e un redattore capo della rivista “Parabola”.

 
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