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Il pranzo di Babette

Post n°1084 pubblicato il 28 Settembre 2010 da a17540
 

Il pranzo di Babette ((Babettes gæstebud) è un film del 1987 scritto e diretto da Gabriel Axel, tratto dall'omonimo racconto di Karen Blixen, vincitore dell'Oscar al miglior film straniero. Con Stéphane Audran.





Se ne son visti pranzi al cinema, ma questo è il più bello di tutti. Perché non solo ci dà, attraverso il modo di stare a tavola, la descrizione del carattere dei commensali e il riflesso del loro ambiente, delle loro abitudini, ma perché interpreta il valore culturale del cibo, dimostra che anche mangiando si fa cultura, si partecipa talvolta di un'opera d'arte, magari tanto raffinata da far vacillare le nostre convinzioni. Tratto da un racconto della grande scrittrice danese Karen Blixen, centrato soprattutto sulla figura di Babette, arcangelo della buona cucina con un passato rivoluzionario, il film, nel momento centrale e filosofico del pranzo, è superiore alla sua fonte: guardando quelle superbe portate, vedendo mescere quei vini d'annata non sentite l'acquolina, ma il rispetto. Come uno dei convitati, il generale, pensate, per dirla coi Monty Python, al significato della vita.
La premessa narrativa del pranzo è laboriosa, ma suggestiva. Dopo la repressione della Comune di Parigi, una fuggiasca sbarca in terra danese e va a chiedere rifugio, ormai stremata, nella casa di due sorelle presso cui le ha indirizzate un comune amico. Le due sorelle sono le principali esponenti di una comunità religiosa rigorista e puritana fondata dal loro padre, un dittatore virtuoso che le ha costrette allo zitellaggio. La donna francese resta nella loro casa come domestica, impara a cucinare i poveri cibi del posto, si fa benvolere da tutti, anche se c'è il sospetto che sia «papista». Ma i legami con la Francia della misteriosa signora non si sono interrotti del tutto, ogni anno si fa comprare un biglietto della lotteria. Quando giunge notizia che ha vinto diecimila franchi, le due sorelle pensano che voglia andarsene, lei domanda un favore, preparerà il pranzo per il centenario del padre fondatore. Si capisce, le sorelle e gli altri accoliti ringraziano, ma si inquietano: loro s'impongono frugali desinari, cosa avrà in mente quella francese improvvisamente arricchita? Decidono che non parleranno, durante il pranzo, dei cibi, per buoni che siano...
Arriva sulla tavola di quei fanatici della virtù un pranzo di una squisitezza assoluta, il meglio della scuola francese (Babette s'è chiusa in cucina con le sue provviste). I commensali non possono riconoscere i piatti, ma strabuzzano gli occhi, il mento gli trema al trangugiare quelle delizie. È un confronto, come dire?, tra morale laica e bacchettonismo. Solo un convitato, il generale, può capire: quei piatti superbi gli ricordano che tanti anni prima a Parigi... Era Babette lo chef del miglior ristorante di Parigi, è Babette che ha voluto fare un omaggio, lei, la comunarda, a un mondo ormai scomparso e provare a se stessa chi è. Nel racconto della Blixen spiccavano, quasi a commento, due note mozartiane scritte su un rigo da musica, nel film di Axel, un regista che cominciò come attore in Francia, la saggezza, la malinconia, il paradosso si addensano intorno a quei piatti sublimi, al tintinnio di quelle posate.
Di Stefano Reggiani - Da La Stampa, 4 luglio 1987

 
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