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Post n°3 pubblicato il 21 Febbraio 2010 da Anteross
Sopra la finestra, nella tenue penombra, le lunghe tende candide parevano fatte dello stesso tessuto di pizzo dei molti indumenti intimi sparsi per la camera. Ero appena entrato nella sua stanza da letto. Il pavimento era seminato di scarpe, di calze; in terra le valige erano aperte ed ancora disfatte, abbandonate probabilmente dalla sera prima, come una rinuncia d’indecisione verso cosa portare con se e cosa lasciarsi addietro. La vestaglia di seta bianca era appesa ad un manichino di stoffa nero, con una spallina scesa. Malgrado avessi bussato, al solito, lei non aveva pensato a ricoprirsi al mio ingresso ed era seminuda, vestita a tratti solo dalle lenzuola. Distesa a pancia in giù, lasciava la schiena bruna illuminarsi da un rigo di sole e le gambe fuoriuscire nell’intermezzo delle lenzuola che coprivano le natiche. Le cosce infondevano insieme accoglienza ed elogio: appariscenti e curvilinee erano proprio quelle di una donna che aveva ormai assorbito la carnosità dell’età. L'età di mia zia si vedeva difatti in alcune smagliature della pelle e nel colore: una tinta di cera scura, lucida di crema, a tratti incisa di misteriosi segni, tracce di ricordi. Ma sotto il ginocchio, le gambe apparivano perfette, con un piccolissimo piede dalle dita raccolte. Mi guardava fissamente, in silenzio, con un’espressione di rimpianto. Avrei preferito non mostrarle il mio malumore; ma anche questa volta non seppi trattenermi: – Ti ho pur detto tante volte di non ricevermi così, mezza nuda – dissi con un leggero dispetto, senza guardarla. Lei mi rispose, insofferente ma senza rancore: – Uh, che nipote austero mi ritrovo – Ed invece di tirarsi sul corpo un lembo della coperta, si voltò lasciando un attimo di tempo il seno nudo, coprendolo poco dopo appena con l’avambraccio. – Allora, sei pronta per partire? – – In realtà no, non mi sento pronta e mi sento del tutto inadeguata… – – Inadeguata? – – Non lo so, ci pensavo ieri sera mentre preparavo le valigie, da una parte ho sempre desiderato ciò che sta avvenendo, ma da un altro punto di vista mi sento fuori luogo, mi sento fuori tempo, ho paura… – – Ed è per questo che le valigie sono ancora in questo stato? Ma poi paura di che cosa? – Presi a raccogliere gli indumenti in terra per posarli sul capo del letto, poco sotto i piedi di Maria. Ogni indumento cercavo di riconoscerlo per dare una classificazione ai capi smarriti. – Ho paura di fare ingresso nella tua vita, di infastidirti… di finire con il darti noia… – – Dai smettila, non so cosa ti possa far pensare questo… – – Ad esempio al tuo ed al mio carattere, ci hai mai riflettuto sulle evidenti differenze? – – E sentiamo quali sarebbero? – – Tu sei molto intransigente, mentre io al contrario sono del tutto libertina e bonaria; tu sei un uomo molto risoluto, io invece sono piena di fragilità… – – Si, ma non consideri il fatto che io sia anche molto accondiscendente, e se c’è qualcosa che non va te lo dico direttamente senza mezzi termini… – – Si, questo è vero, ma non puoi negare che alcuni miei atteggiamenti ti infastidiscano – – Ad esempio quali? – – Il dormire fino a tardi e non farmi trovare pronta… – Non riuscii a fare a meno di sorridere, poiché in quella risposta lasciava trapelare il suo sentirsi in difetto ed una vaga ricerca d’indulgenza. Poi dissi in tono raddolcito: – Vediamo di rimediare allora… che ne dici di vestirti? – – Ma sì, subito. Passami la sottoveste sul manichino – La indossò lasciando liberi i seni pallidi, poi, leggera, quasi un'ombra, naturale, si alzò lasciando alzare l’orlo che svelò per un attimo l’intimità scura e gonfia dell’inguine; attraversò in punta di piedi la camera, raccolse al passaggio, dalla seggiola, la vestaglia nera gettandosela sulle spalle. Infine aprì l'uscio del bagno e scomparve. Dileguatasi andai alla finestra per spalancarla. L'aria di fuori, era tiepida ed immobile, tuttavia mi sembrò di provare un sollievo acuto, un odore pulito che entrava nella camera a toccare ogni oggetto smaliziato. Rimasi un lungo momento a guardare il giardino trascurato, erbacce alte che circondavano le aiuole ormai incolte. Nuovamente un senso di abbandono e di trasandatezza mi colpirono. Poco dopo l'uscio del bagno si aprì, apparve sulla soglia in vestaglia. Si parò gli occhi con un braccio esclamando: – Chiudi... chiudi quella finestra... come puoi sopportare questa luce. – Andai prontamente ad abbassare l'imposta; poi mi avvicinai a Maria prendendola per un braccio, la feci sedere accanto a me, sul bordo del letto e le domandai dolcemente: – E tu zia come fai a sopportare questo disordine? – Mi guardò, incerta, imbarazzata: – Non so come avviene... dovrei, ogni volta che mi servo di un oggetto, rimetterlo al suo posto... ma, in qualche modo, non riesco mai a ricordarmene. – – Ogni cosa ha la sua maniera d’essere decorosa... dovresti avere cura delle cose così come l’hai verso la tua persona. – Lo dicevo stringendole la mano, lasciandole intendere quello che voleva essere un implicito complimento alle cure che aveva verso se stessa. Con la mano libera lei reggeva in aria una stampella dalla quale pendeva un vestito. Per un momento, mi parve di scorgere in quegli occhi verdi, enormi, quasi un consapevole compiacimento: le labbra, infatti, ebbero un leggero tremito, chiuso da un morso e gli occhi diventarono leggermente lucidi. Poi, improvvisamente, un'espressione indispettita scacciò ogni commozione. Ella esclamò: – Tutto quello che sono e che faccio non ti piacerà lo so... non riuscirai a soffrire i miei modi, i miei vestiti, il mio disordine... e ora lasciami – concluse ritirando bruscamente la mano – altrimenti non mi vestirò mai. – Non dissi nulla. Lei andò davanti alle imposte dell’armadio, si liberò della vestaglia che lasciò cadere in terra, poi di spalle ritirò il braccio destro all’interno della bretella facendo poi il medesimo gesto con la sinistra; la sottoveste cadde a terra scoprendo tutto il suo corpo nudo. Aprì l'armadio prese un vestito a fiori che porto al corpo guardandosi davanti allo specchio dello sportello. Si voltò verso me il vestito ora le copriva il corpo, ma una gamba allacciava la parte inferiore mostrandosi ancora scoperta e sensuale. – ti piace? – Io non dicevo nulla e la fissavo serioso; – Sempre con quell’aria di indifferenza tu… – Seccata si chinò verso il cassetto per afferrare delle calze e la biancheria. Si vestì di corsa lasciando tempo solo per indossare le calze. Saltellando, si infilò due tra le tante scarpe sparse sul pavimento. – Ora usciamo un attimo – disse prendendo una borsa dal cassettone e avviandosi verso la porta. – Dove vuoi andare? – – Facciamo due passi e parliamo ancora. Sei proprio certo di volermi portare con te a Torino? – Non le diedi risposta, ma conoscevo bene le miei intenzioni e la mia decisione. – Dai andiamo a passeggiare… – Prendemmo a scendere la scala; mi prese sottobraccio con entrambe le braccia e poggiò il capo sulla mia spalla soddisfatta.
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