FAEC

PROCESSO DI NAPOLI


RESOCONTO UDIENZA SCORSA Importante svolta del processo contro Duilio Poggiolini e gli altri responsabili della tragedia del “sangue infetto”. L’ultima udienza ha infatti segnato una tappa importantissima del processo, finalmente disincagliatosi dallo stallo in cui si era venuto a trovare per le continue declaratorie di incompetenza, nonché per l’iniziale richiesta di archiviazione, poi rigettata dal GIP. Sulla falsariga di quanto sta accadendo nel noto processo contro i vertici della Thyssen Krupp, il PM ha avanzato richiesta di modificazione del capo di imputazione: dai risultati delle decennali indagini preliminari, l’accusa ritiene che vi siano gli estremi per ritenere che gli imputati abbiano messo in circolazione i prodotti emoderivati infetti con piena consapevolezza della loro pericolosità. Omicidio doloso, quindi, e non più colposo. Il PM ha inoltre insistito perché la competenza per territorio resti ancorata nella sede giudiziaria di Napoli, così contestando integralmente le tesi difensive, in ragione del fatto che in tale luogo sarebbe stato commesso il primo reato. L’Ufficio dell’accusa ha inoltre affrontato i fatti contestati nel merito: il P.M. ha ritenuto che tutti i fatti commessi dagli imputati sono stati ampiamente provati, sia pure a livello indiziario, già in sede di indagini preliminari, sussistendo così la necessità di dare luogo ad un dibattimento per la formazione della prova a carico di costoro. E’ stato affermato che il fatto commesso è pacificamente e scientificamente provato. Al momento in cui i prodotti emoderivati sono stati lanciati sul mercato (a partire dagli anni ’80) si conosceva perfettamente l’esistenza del virus HBV e, conseguentemente, se ne conoscevano anche le tecniche di inattivazione. Se esse non sono state poste in essere, evidentemente, è proprio perché gli imputati le hanno dolosamente omesse. Il P.M., sul punto, ha messo in risalto il fatto che la letteratura scientifica ha lanciato un primo allarme nei primi anni ottanta. Successivamente si è isolato il virus. Da tale momento in poi, collocabile nella primissima metà degli anni ’80, non può parlarsi più di colpa tout court. Nella migliore delle ipotesi potrebbe parlarsi di colpa cosciente, ma ifatti di causa lascano trasparire un vero e proprio disegno operativo teso ad ignorare l’attivazione delle tecniche profilattiche. Lo scopo di tale condotta, anche all’avviso delle numerose parti civili, è stato uno ed uno soltanto: guadagnare enormi quantità di denaro con la vendita di prodotti infetti, ma realizzati con costi davvero irrisori. Il P.M. ha dimostrato, nel corso dell’ultima udienza, grande chiarezza di idee anche sotto il profilo tecnico-scientifico, snocciolando cifre e dati temporali precisi con riguardo alla messa a punto delle tecniche di inattivazione dei virus: calore secco nel 1985, calore umido o solvente tensioattivo nel 1988. Come si vede, pertanto, le modalità per scongiurare la catastrofe infettiva c’erano. Invece, per tutti gli anni ’80 e per parte degli anni ’90 si è continuato, da parte degli imputati, a distribuire prodotti non controllati, con i risultati che, purtroppo sono sotto gli occhi di tutti. Il P.M. è stato molto esplicito nei riguardi di Duilio Poggiolini: aveva l’obbligo – ha detto il magistrato - di eliminare gli stock di prodotti non controllati o di ritardarne la diffusione fino all’esaurimento delle scorte. Non lo ha mai fatto. E’ per queste ragioni che, ad avviso dell’accusa, che dal momento della perfetta conoscenza delle tecniche di inattivazione virale in poi non si può parlare più di colpa: quindi sotto il profilo penale gi imputati dovranno raffrontarsi con l’accusa di omicidio doloso con dolo diretto ovvero di epidemia dolosa. Le parti civili, sul punto, non hanno esitato ad associarsi alle richieste dell’accusa. Nel corso dell’udienza, tuttavia, le difese degli imputati hanno eccepito la nullità della richiesta di rinvio a giudizio a causa dell’omessa notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p.. Tale richiesta, accolta dal giudice, risulta assolutamente vantaggiosa sia per la Pubblica Accusa che per le parti civili: ed invero, il rappresentante del P.M., al quale il GUP ha ritrasmesso gli atti affinchè rieserciti correttamente l’azione penale, avrà così occasione di modificare ulteriormente l’atto imputativo, inserendovi anche i decessi successivi al 1999.