LA FATA IGNORANTE

Astra_azione 1.


Un rincorrere continuo, e, mentre mi staglio dritta in avanti, mi aggrappo all'indietro. Il tempo ti divide sempre più da me, è una lotta impari, dovrei probabilmente convincermi che esiste quel luogo dove non vi sia vittoria di quello che sfugge, sempre, inesorabilmente. Per farlo credo servano due, il canto solipsistico non arriva alle stelle, che fisse e gelide mi guardano da un lontano dove, ma è un dove. Dove sei? Mi rendo conto dell'inappropriatezza della domanda stessa. Cosa sei ora? Ed è inesatta pure questa. Nel momento in cui lo domando, pur superando il momento con il pensiero, mi posiziono comunque in un momento, le mie parole escono e prendono un posto nello spazio-tempo. Come poterle e potermi astrarre dal quell'istante, in cui sono dentro, finita, definita, mentre tu non sei più, continuamente? Vorrei raggiungerti, ma non si raggiunge un non so che cosa e chi e dove, poi. Se negassi il carattere anfibio dell'uomo,- egli appartiene al mondo animale e biologico e insieme ne emerge e se ne distacca- dovrei ridurmi a pensare che tu sia in disfacimento sotto terra. Non sai quante volte mi figuro l'atto di scavare per poterti riabbracciare. E' ovvio che per affrontare simili temi ci si debba armare di un metodo di ricerca e di una dottrina gnoseologica. Ma che mi manchi è tutto quello che so e che importa e ha conseguenze sulla mia vita.