LA FATA IGNORANTE

espulsione


Potrei stare a scegliere in maniera certosina le parole da scrivere, che descrivano, che dicano, che comunichino, che allaccino o che riallaccino: non ve n'è alcuna di. Ogni prepensiero concomitante (?) al sorgere delle parole che sembrano giuste, le calcia una ad una dietro la montagna. Non si tratta di sentire merito o demerito, qua si tratta di totale e desertica inadeguatezza. Ogni rimedio cui ricorro è inadatto, sono alla conclusione che in questo orizzonte debba abbandonare ogni pensiero a me conosciuto e altri di nuovi non ne vedo. Sono a destinazione. Non ci sono nuovi schemi o frame o diavolerie psicologiste. Forse è questo che succede dopo aver impresso nella retina la crudezza delle cose. Forse è questo che resta, niente e come sottofondo una sinfonia iperstrutturata, inumana, lontana da ogni forma vitale, agghiacciante e bellissima. Mi arrendo e lancio questi vestiti troppo stretti, ora il meglio che mi può accadere è di morire.Forse è questo che succede a chi non sceglie tra il bene ed il male e sa fin dalla nascita, senza saperlo, che essi originano da un unicum e sono la risultante di un punto di vista, utile fino al momento in cui non diventa mutilante o autoassolvente. Questo è ciò che succede a chi tratta continuamente con il caos e non soggiace all'istinto di ordinarlo fino a ridurlo. Lui non può essere accettato, deve essere espulso, negato, annientato perchè non si distingue ma nemmeno appartiene.Mi è tutto di fronte? E' l'unica cosa che mi chiedo. Quando me lo chiedo mi rendo conto che più credo di poter/saper maneggiare pensieri, più loro maneggiano me. Questa domanda non serve.