FEDELISSIMI GRANATA

Cairo, perchè è giusto mollare


Oggi mi verrebbe da chiederle, caro Cairo: "Lei ha mai pianto in vita sua?". Probabilmente sì, perchè tutti abbiamo un lato debole, anche imprenditori di successo come lei. Possiamo immaginare com'è stato il suo viaggio di ritorno ieri dall'Olimpico a Milano. Consigli dalle forze dell'ordine, lasci prima della fine della partita lo stadio. E l'ha fatto, per non scatenare la guerriglia che avrebbe devastato oltremodo il mondo granata, che ha vissuto sempre dignitosamente ogni scempio cui è stato costretto. In fondo il Padova ha meritato di andare ai playoff, perchè è una squadra umile che ha saputo divertirsi e trovare il giusto gruppo per fare questa impresa, perchè c'è una società seria e disponibile e con la semplicità a volte si va più lontani che con l'arroganza tipica del nostro calcio. Senza contare che la bella vice presidente Barbara Carron ha dato un tocco di femminilità e sportività alla sua squadra. Ma torniamo a noi, al suo ennesimo fallimento: come ripartire? Cambiando nuovamente la squadra, il direttore sportivo, l'allenatore? Bianchi ci ha messo la faccia, le lacrime vere, la vergogna, con questo risultato è probabile che il Torino perderà il suo miglior giocatore e capitano degli ultimi tre anni, ma rischia di perdere anche un ragazzo spettacolare come Angelo Ogbonna, un campione vero, che non si è montato la testa e ha giocato con la massima umiltà, lui che poteva essere in A già da gennaio. Ci sono delle cose da salvare in questa squadra, ma ormai siamo quasi tutti concordi che lei, signor presidente, ha finito il suo ciclo come massimo dirigente, sei anni difficili, dove non è mai riuscito a dare continuità a nessun progetto. Sa che è la prima volta della sua gloriosa storia che il Toro si fa tre anni in B di fila? I conti del Torino sono a posto, bene, ma nel calcio conta anche qualcos'altro, soprattutto al Toro, ovvero certi sentimenti imprescindibili, il carattere, la forza di volontà, l'umiltà, la dedizione, soprattutto la dignità. Non serve un padre-padrone del genere: "ghe pensi mi", che già abbiamo sentito parecchie volte nel mondo politico, Torino è diversa da Milano, è più timida, più riservata, sa amare a volte senza dirlo. Ma serve quella poesia che lei non è mai riuscito a creare, nonostante sia un editore che dovrebbe capirci meglio di altri come si comunica, soprattutto nel calcio. Venda con calma, perchè sappiamo che non è facile trovare un acquirente serio, ma per favore, lasci la presidenza a qualcuno che sappia ricreare un ambiente nobile, come merita il Torino. Noi non vogliamo morire nella precarietà, nemmeno vivere di gloria passata, semplicemente vogliamo che la domenica, ops, il sabato, sia un giorno di festa e non di tortura.