FIDELIS

Post N° 29


Rodi, in fondo al mediterraneo Un gruppo di soldati italiani in una luminosa isoletta dell'Egeo dentro una linda caserma tirata a calce. Fiori e piccoli orti ingentiliscono il piccolo edificio militare. Potrebbe essere una scena del film "Mediterraneo" di Gabriele Salvatores, se non fosse per il fatto che questi uomini portano sul berretto la caratteristica fiamma dell'Arma.
Rodi ed altre isole minori del Dodecanneso erano state occupate nel lontano 1912 dall'Italia per premere sul governo ottomano in modo da concludere alla scelta la guerra in Libia. Doveva essere un'occupazione provvisoria, ma che secondo la bizzarra legge della provvisorietà finì per diventare permanente. Il trattato di Parigi del 1920 aveva previsto che le isole fossero consegnate alla Grecia, ma l'Italia aveva nel marzo 1921 occupato anche l'isola di Castelrosso. I Carabinieri, prevedendo lo sganciamento italiano da quei possedimenti, avevano prudenzialmente creato un corpo autonomo di polizia, denominato Corpo dei Carabinieri di Rodi e Castelrosso. Questo corpo era prevalentemente formato da elementi locali, spesso di origine ortodossa, inquadrati da sottufficiali italiani agli ordini di un tenente.
Il corpo rimase in vita per un anno appena: la guerra in Anatolia aveva spezzato la potenza greca in Asia minore e le isole rimasero italiane. A questo punto tornò a funzionare a pieno organico la compagnia dei CCRR dell'Egeo. Si trattava di un compito faticoso. Scrisse nelle sue memorie il capitano Guido Grassini "C'è lavoro per tutti nelle caserme dei Carabinieri dell'Egeo, come del resto anche in quelle d'Italia. Ma laggiù, a differenza che nel Regno, tutto si assomma e si conclude nell'opera dei carabiniere: dal servizio d'istituto vero e proprio ad un'infinità di altre mansioni che fanno dei nostri militari i maestri d'italiano, gli ufficiali postali, doganali e marittimi, i giudici conciliatori, i notai, i consiglieri e i protettori della popolazione indigena. E' una processione continua di popolani, di ogni età e di ogni sesso, che si recano alla caserma per avere aiuto, assistenza, consiglio". Approfondimento:Nasce il museo Che cosa è un'istituzione senza i suoi ricordi e l'orgoglio delle tradizioni? L'idea di creare un corpus di documenti e di cimeli significativi dell'Arma era già stata formulata nel 1908 dal capitano Vittorio Gorini, in servizio presso il Comando Generale, ma le emergenze che i Carabinieri erano stati chiamati a fronteggiare (non ultima la Grande Guerra) avevano logicamente rinviato l'attuazione del progetto. Generali illustri e stimati come Carlo Petitti di Roreto e Ruggero Denicotti ebbero il merito di tener viva l'idea, avviando una prima raccolta provvisoria di pezzi storici. Discreti e solerti soldati continuarono la loro paziente opera fino al 1925 quando il Museo Storico dell'Arma fu costituito come ente morale con un decreto legge (3 dicembre). La sistemazione finale ebbe luogo con la solenne inaugurazione del 6 giugno 1938 alla presenza di Vittorio Emanuele III. Da allora il museo è la casa delle memorie di tutti i Carabinieri, in cui ogni oggetto offre un conforto e un aiuto a superare le difficoltà presenti e rappresenta un tacito monito a eguagliare la dignità e la gloria dei predecessori. Il cuore del museo è costituito da un sacrario. Una luce arde perenne e rischiara un laconico, pesante motto: "Obbedimmo".