FIDELIS

Post N° 30


Per chi suona la campana Gli uomini più anziani, vedendo le immagini della terribile guerra in corso nell'ex Jugoslavia, ricorderanno forse quel che accadde in Spagna nella seconda metà degli anni Trenta. Una guerra civile, una sporca guerra, spietata come sanno esserlo quelle combattute fra persone che hanno sempre vissuto insieme e che riescono ad esprimere un odio bestiale e senza quartiere.
Democratici e sinistre avevano vinto le elezioni nel febbraio 1936, avviando per la prima volta una seria riforma delle anchilosate strutture sociali ed economiche del Paese. L'elettorato progressista si era raccolto nel fronte popolare che metteva insieme parte della borghesia, il proletariato umiliato dai precedenti regimi ed un bracciantato agricolo ancora in condizioni miserrime, con la speranza di costruire un Paese più libero e moderno. I conservatori neri avevano digerito la sconfitta delle urne e temevano che il fronte popolare avrebbe rapidamente portato la Spagna verso un regime di tipo sovietico. Clero, proprietari terrieri e alti gradi delle forze armate si trovarono uniti nel paventare una prospettiva del genere. Naturalmente speranze e timori di tipo ideologico si innervavano nella difesa di interessi precostituiti o nel desiderio di scalzarli. La polarizzazione ideologica del Paese degenerò presto in una assoluta intolleranza reciproca. Un omicidio politico, quello del monarchico Calvo Sotelo, affrettò l'azione di un gruppo di generali che tessevano le loro trame nella colonia del Marocco. Il Marocco spagnolo era stato la palestra repressiva di molti quadri di un esercito strutturato soprattutto per imprese coloniali e per esercitare un soffocante controllo interno. Era anche la sede del Tercio, l'equivalente della Legione straniera francese, una forza d'élite adatta ad essere strumentalizzata nelle mani di generali senza scrupoli.
Francisco Franco era un comandante dotato di un grande ascendente sulle truppe, buona esperienza di guerra in Marocco: si era anche dimostrato sostanzialmente privo di remore quando nel 1934 fu chiamato a soffocare nel sangue la rivolta dei minatori asturiani. Fu lui a guidare la traversata dello stretto di Gibilterra per attaccare il territorio metropolitano e fu lui a mobilitare il movimento di destra della Falange per reclutare gli aderenti alla ribellione. Fu una scintilla: da un lato si mobilitarono i fascisti, dall'altro le forze regolari ed irregolari fedeli alla repubblica. Italia e Germania, le grandi potenze fasciste, si resero immediatamente conto che la Spagna poteva costituire il banco di prova della loro lotta al comunismo. VOLONTARI E COMANDATI. L'Europa democratica espresse in quel momento, nella migliore tradizione di solidarietà libertaria risorgimentale, una serie di brigate di volontari internazionali. Spesso fuoriusciti da Paesi ormai occupati dal nazifascismo, i volontari delle brigate offrirono un generoso contributo per una lotta difficile. Dall'altra parte si trovarono truppe più o meno regolari inviate dai governi di Berlino e di Roma.
Hitler era soprattutto interessato a sperimentare l'efficienza della sua nuova aeronautica. Piloti e tecnici della Luftwaffe lasciarono i ruoli ufficiali e furono trasformati in volontari della Legione Condor. Si trattava naturalmente di uomini precettati, né avrebbe potuto essere altrimenti, essendo impossibile ipotizzare una flotta aerea frutto di un volontarismo spontaneo. I tedeschi furono presenti in Spagna con 20.000 uomini. Mussolini era convinto che la guerra sarebbe stata breve e vittoriosa e inviò il CTV (Corpo Truppe Volontarie) forte di 40-60.000 uomini e largamente rifornito di mezzi dalla madrepatria. La sua speranza era di cogliere un altro brillante successo di fronte all'opinione pubblica mondiale e magari di ottenere in cambio le Baleari per l'appoggio fornito ai franchisti. Non si rese conto (o finse di non rendersi conto) del rischio costituito dal fatto che italiani di fede politica opposta si battessero gli uni contro gli altri in Spagna, incrinando definitivamente un già fragile consenso nazionale. L'Unione Sovietica, invece, non poteva impegnarsi a fondo nella guerra, ma preferì (in nome dell'internazionalismo comunista) inviare un buon numero di consiglieri militari, pezzi d'artiglieria e aeroplani da caccia smontati. Non mancò, inoltre, di inviare immediatamente sul posto commissari politici con l'incarico di controllare, guidare e possibilmente egemonizzare in senso ortodosso, le locali forze di sinistra.
E le democrazie occidentali? In preda all'indecisione ed alla miopia politica gli Stati Uniti, l'Inghilterra e la Francia si attennero a una sterile linea di non-intervento, che finì per impedire al governo repubblicano di acquistare armi all'estero o di sfruttare le frontiere francesi per ottenerne. Un apposito comitato intergovernativo di non-intervento venne istituito a Londra e a 29 Stati, fra i quali anche la Germania e l'Italia, fu affidato il compito di pattugliare le coste spagnole per circoscrivere la guerra. Una simile politica finì logicamente per favorire le potenze più attive, disposte a non crearsi troppi scrupoli nell'aiutare i militari ribelli. Certamente l'atteggiamento eccessivamente, prudente dei governi democratici europei fu determinato dalla paura di un allargamento del conflitto che avrebbe potuto coinvolgere il mondo intero (come sarebbe accaduto appena tre anni più tardi)i la paura fece premio sui principi di legittimità internazionale e finì per ottenere l'effetto opposto a quello sperato, incoraggiando le ambizioni e la protervia di Adolfo Hitler. DA CADICE A BARCELLONA. La guerra di Spagna non si risolse in una facile passeggiata militare. Ci vollero ben tre anni (dal luglio 1936 al marzo 1939) perché i falangisti spezzassero la resistenza lealista.
I franchisti ottennero il primo successo riuscendo a spostare il loro comando e il centro di gravità delle loro truppe dal Marocco alla terraferma spagnola. Il 18 luglio le guarnigioni militari di cinque città del Marocco spagnolo e di dodici città spagnole si sollevarono simultaneamente dopo un violento scontro fra il Tercio e un gruppo di manifestanti comunisti a Melilla. Franco, benché esiliato nelle lontane Canarie dal governo socialista guidato da Manuel Azana, riuscì a raggiungere in aereo Melilla, assumendo il comando dei rivoltosi. La marina era appena passata dalla parte dei falangisti e questo favorì primi successi di Franco. La rivolta fallì invece a Madrid e a Barcellona, mentre a Toledo i cadetti seguirono il colonnello josé Moscardò in una eroica resistenza di 10 settimane nella vecchia fortezza dell'Alcazar. L'obbiettivo principale dei falangisti (oltre all'occupazione delle regioni più arretrate e fedeli al vecchio regime) era rappresentato da Madrid, ma l'avanzata fu più lenta de previsto. Soltanto nel mese di novembre Franco riuscì a cingere d'assedio la capitale che oppose una strenua resistenza, durata quattro lunghi mesi, guidata dal generale repubblicano José Miaja. Nella settimana dall'8 al 16 marzo 1937 due divisioni del Corpo Truppe Volontarie italiano riuscirono a penetrare nelle linee repubblicane per isolare Madrid puntando su Guadalajara. Una pioggia torrenziale mise però in gravissime difficoltà i soldati italiani, costretti a muoversi in un pantano, e l'aviazione repubblicana, servendosi di cacciabombardieri sovietici, gettò lo scompiglio nella colonna. Fu un autentico disastro, culminato nella battaglia di Brihuega dove le brigate internazionali schiantarono quel che restava delle due orgogliose divisioni.
E fu una disfatta anche di ordine psicologico. Le truppe fasciste si erano rivelate vulnerabili e Mussolini temendo che il prestigio internazionale dell'Italia subisse un colpo troppo duro da questa sconfitta, si preoccupò di irrobustire il contingente inviato in Spagna rinforzandolo con truppe più addestrate e meglio armate. Fu, anche questo, un errore di valutazione, perché la guerra civile spagnola finì per comportare un prezzo eccessivamente alto in uomini, mezzi e risorse economiche: un prezzo che il regime fascista non poteva permettersi, come si sarebbe visto pochi anni più tardi. Anche i tedeschi approfittarono dello sbandamento italiano, in termini di propaganda. Da tempo i teorici della Luftwaffe avevano studiato e preconizzato la necessità di concentrare il bombardamento aereo nel tempo e nello spazio allo scopo di ottenere il massimo effetto distruttivo. Ora avevano bisogno di una conferma sperimentale. Il 25 aprile 1937 la storica città di Guernica, anima della cultura basca, fece appena in tempo a sentire il rombo delle ondate di aeroplani che sopraggiungevano. Nelle stradine della città nessuno immaginava che cosa stesse per accadere. Un attimo più tardi, un diluvio di bombe incendiarie e dirompenti seminò morte e distruzione. La Luftwaffe aveva dimostrato all'Europa inorridita la sua malefica potenza, paralizzando in molte capitali del continente ogni volontà di resistenza alla rinascente potenza tedesca. La guerra di Spagna fu anche un banco di prova per nuove armi e nuove tattiche. I vari modelli delle fabbriche Junkers, Heinkel, Messerschmitt, Arado conobbero qui il loro battesimo del fuoco, anche se non tutte le lezioni di questo conflitto si riveleranno utili nella Seconda Guerra Mondiale. Pochi mesi dopo per la Repubblica suonò la campana a morte con la caduta di Bilbao, coronata dall'insediamento falangista in tutta la Spagna nordoccidentale. E il successo di Franco fu agevolato dalle divisioni politiche che si manifestarono nelle file repubblicane.
EQUIVOCI FRA LUCERNE. I primi Carabinieri Reali arrivarono in Spagna nel 1937: durante tutto il conflitto non superarono complessivamente mai le 500 unità, Inizialmente articolati su una compagnia e tre sezioni, furono poi sempre dislocati in sezioni, più adatte ai compiti richiesti. Indossavano l'uniforme kaki spagnola, conservando però i loro alamari d'argento. Uno dei loro maggiori problemi fu inizialmente quello di far capire la differenza fra i loro compiti e quelli dei carabineros spagnoli, guardie doganali. Non si trattava di piccoli puntigli, ma del legittimo desiderio di qualificarsi come un corpo d'élite, geloso delle proprie tradizioni. Ma superato questo equivoco, se ne affacciò un altro, quando gli spagnoli paragonarono i nostri Carabinieri alla loro guardia civile, che effettivamente aveva una storia, una struttura, compiti e perfino abitudini e divise simili a quelli dei Carabinieri (si muovevano in coppia, avevano la lucerna in testa). In questo caso, il desiderio di distinguersi dalla guardia civile nasceva anche dalla consapevolezza di quanto essa fosse impopolare in molte regioni della Spagna a causa dell'opera sistematica di repressione da essa attuata. Sul piano operativo, tuttavia, si creò una stretta collaborazione fra Carabinieri e guardia civile, spesso inquadrati insieme. I compiti svolti dall'Arma durante la guerra civile di Spagna riguardarono soprattutto la polizia militare, la sorveglianza delle comunicazioni, l'assistenza alle popolazioni e l'ordine pubblico. Le basi logistiche italiane si trovano a Cadice e a Siviglia, ma i nodi delle linee di rifornimento erano localizzati nelle maggiori città (Salamanca, Valladolid, Valencia, Burgos, Vitoria, Bilbao, Logrono). In ognuna di esse vi era un distaccamento di Carabinieri e lungo le linee ferroviarie le scorte erano particolarmente intense nei giorni in cui venivano trasportati i rifornimenti per il CTV.
I Carabinieri furono quindi impegnati sia nelle retrovie sia nelle maggiori battaglie: Malaga, Guadalajara, Ebro, Levante, Catalogna e Madrid. In ognuno di questi compiti, i militi dell'Arma fecero sempre il loro dovere. Quando il contingente lasciò la Spagna nel 1939, si era guadagnato 13 medaglie d'argento, 45 di bronzo, 105 croci di guerra e 43 promozioni per meriti di guerra. Molti di quei 500 uomini non seppero mai con precisione che cosa stesse accadendo intorno a loro, anche se sentivano istintivamente che giorni ancor più foschi si profilavano all'orizzonte. Dopo il blitz tedesco in Polonia l'Italia avrà appena un anno di respiro, prima di affondare nella seconda guerra mondiale.