FIDELIS

Post N° 32


Gli anni difficili Reduci e partigiani trovarono al loro rientro a casa condizioni drammatiche: lutti, miseria, mancanza di lavoro. E anche la situazione politica, interna e internazionale, non sembrava molto incoraggiante...
La liberazione dell'Italia settentrionale e la conclusione della guerra reinserirono d'un colpo nella vita civile masse di partigiani, di reduci e di ex deportati nei campi di concentramento tedeschi. La situazione che tutte queste persone trovarono al rientro fu, a dir poco, scoraggiante. Case distrutte, parenti e amici inghiottiti dalla guerra, miseria, difficoltà estrema di reinserimento nella vita civile e nel lavoro. La bancarotta monetaria e la gravissima crisi economica erano aggravate dai danni subiti dagli stabilimenti industriali. I problemi sociali sfociarono, come era ineluttabile, in gravi disordini e in fenomeni di criminalità generalizzata (e organizzata), favoriti dal numero enorme di armi rimaste in circolazione e dalle condizioni di autentica disperazione nelle quali era venuta a trovarsi la maggior parte della popolazione. Alcune cifre offrono un quadro della situazione. Il patrimonio nazionale si era ridotto di oltre il 33 percento; la flotta mercantile aveva perso cinque sesti del tonnellaggio; le ferrovie avevano perso il 50 per cento dei carri merci, l'80 per cento dei vagoni passeggeri e il 60 per cento delle locomotrici, sistematicamente prese di mira dai cacciabombardieri alleati e dai sabotaggi. Nei primi mesi del dopoguerra si viaggiava dal nord al sud dell'Italia con mezzi di fortuna e con tempi di percorrenza spaventosi: occorrevano giornate intere per coprire qualche centinaio di chilometri. L'inflazione aveva raggiunto livelli intollerabili, anche a causa della decisione degli alleati che, soprattutto sotto la miope pressione britannica, avevano imposto un cambio rovinoso della lira rispetto alla sterlina; successivamente, dopo aver messo in piedi l'AMGOT (Allied Military Government of the Occupied Territories), stamparono le cosiddette am-lire (allied military currency). Sul retro, le am-lire recavano stampate le quattro libertà fondamentali (di parola, di religione, dalla paura e dalla miseria), ma riguardo all'ultima non fornirono un contributo apprezzabile. L'enorme volume di banconote messe in circolazione moltiplicò l'inflazione. Dai 394,7 miliardi di am?lire in circolazione al 30 giugno 1946, si salì a 577,6 miliardi appena un anno dopo.
Il problema dei viveri era angoscioso. L'AMGOT, inizialmente, non ,aveva inserito fra le sue priorità i rifornimenti alimentari alle popolazioni liberate. Quando finalmente ci si rese conto della gravità del problema, la distribuzione fu attuata con gravi inefficienze e numerosi episodi di corruzione, a tutto vantaggio dei profittatori e di chi speculava stilla borsa nera. Le calorie disponibili con il tesseramento (senza ricorrere alla borsa nera) erano 1.800 al giorno contro le 2.700 del periodo 1936?1940: cifre bassissime se confrontate con le abitudini alimentari dei giorni nostri. Soltanto l'assistenza dell'UNRRA (United Nations Relief and Reliabilitation Administration), una delle prime agenzie delle Nazioni Unite, sorta per alleviare le sofferenze delle popolazioni dopo la guerra, permise alla gente di tirare avanti in attesa di tempi migliori. UN'ALTRA SFERA D'INFLUENZA. Insieme ai problemi sociali, l'Italia doveva fare i conti con una complessa situazione internazionale. Già nel 1943 gli alleati, nonostante le residue opposizioni di Stalin, avevano deciso che la penisola dovesse ricadere nell'area d'influenza inglese. Churchill aveva subito assunto un atteggiamento preconcetto ed ostile nei confronti degli italiani, colpevoli di aver dichiarato guerra all'impero britannico e passibili per ciò stesso di un periodo di espiazione di durata indeterminata. Al premier britannico non importava gran che della compromissione della monarchia con il fascismo: continuava anzi a considerare Vittorio Emanuele come l'unico valido interlocutore politico, ignorando del tutto i dirigenti dei CLN (Comitato Liberazione Nazionale). Il 22 febbraio 1944 pronunciò nell'aula austera della Camera dei Comuni un discorso che fu giudicato brutale e offensivo dal CLN: "Quando bisogna tenere in mano una caffettiera", spiegò Winston Churchill in quella occasione, "è meglio non rompere il manico fino a quando noti se ne è trovato uno nuovo altrettanto conveniente ed utilizzabile, o almeno fino a quando non si abbia uno strofinaccio a portata di mano".
Al di là delle idiosincrasie dei settori politici più conservatori, i governanti del Regno Unito erano preoccupati di evitare che l'Italia si trasformasse in un trampolino sovietico sul rischioso esempio di Jugoslavia e Grecia. Nel tardo 1943 gli stessi inglesi avevano spostato il loro appoggio dai cetnici nazionalisti ai partigiani comunisti di Tito, ma se avevano ottenuto in cambio un maggiore appoggio militare, avevano perso ogni influsso sul leader comunista. A dispetto dell'aiuto inglese Tito fondò uno Stato comunista, inizialmente vicino alle posizioni dell'URSS. In Grecia, nel dicembre 1944, era già scoppiata la guerra civile tra comunisti e monarchici, questi ultimi sostenuti dalle truppe del Commonwealth. La pressione britannica sull'Italia attenuò progressivamente in conseguenza della crisi economica inglese. La guerra aveva comportato per l'erario uno sforzo tremendo. Nel febbraio 1947 il governo laburista (che aveva preso il posto di quello conservatore che aveva guidato il Paese durante il conflitto) fu costretto a informare gli alleati americani dell'impossibilità di intervenire con programmi di aiuti in Turchia o in Grecia a causa della totale mancanza di possibilità economiche. Nel marzo 1947 il nuovo presidente statunitense Harry Truman, successore di un Roosevelt idealista e incline a non capire la vera natura di Stalin, enunciò una dottrina che apri la guerra fredda. Questo nuovo orientamento comportò conseguenze pratiche anche per l'Italia.
SOVRANITA' TUTELATA. "La politica degli Stati Uniti deve essere quella di appoggiare i popoli liberi che resistono ai tentativi di assoggettarli compiuti da minoranze armate o da pressioni esterne... I regimi totalitari fioriscono sulla miseria e sul bisogno, si diffondono e crescono sull'infausto terreno della povertà e dei conflitto. Essi raggiungono il loro pieno sviluppo quando la speranza di un popolo per una vita migliore viene a mancare. Noi dobbiamo tenere desta questa speranza". Con queste parole Truman si impegnava a contenere l'espansionismo sovietico a livello globale innanzi tutto con mezzi economici, senza però escludere anche quelli politico-militari nei casi più seri e delicati. Il delinearsi precoce di due blocchi contrapposti condizionò immediatamente le strategie del Partito Comunista Italiano. A metà del 1944, con la famosa svolta di Salerno, il segretario del PCI, Palmiro Togliatti, rinunciò a ogni ipotesi di insurrezione preferendo puntare sulla creazione di un vasto fronte di lotta ai nazifascisti. Tutte le spinose questioni dell'assetto politico post?fascista vennero quindi rinviate alla fine della guerra e alle decisioni sul nuovo assetto istituzionale da dare all'Italia. Applicando le teorie di Gramsci, Togliatti scelse la strada di una progressiva conquista delle posizioni sociali come strumento strategico per far accedere la classe operaia alla direzione dello Stato. Al tempo stesso, seguendo la sua sensibilità pratica, il leader comunista non sottovalutò l'importanza di alleanze politiche con le forze di rilievo in quel momento storico e in particolare con la Democrazia Cristiana. Ma, a dispetto di questo, la tensione politica era molto alta e il mantenimento dell'ordine pubblico rappresentava un problema di non facile soluzione che impegnava severamente le forze di polizia e l'Arma dei Carabinieri.