FIDELIS

Post N° 37


Banditismo e calamità naturali Premessa Il Vajont come simbolo delle grandi calamità naturali che hanno colpito il nostro paese negli ultimi quarant'anni. Piuna (negli anni Cinquanta), l'alluvione del Polesine; poi lo straripamento dell'Amo con la violenza subita dalli città di Firenze. E poi ancora i terremoti nel Belice, in Friuli e nell'Irpinia. E ancora la teoria infinita delle alluvioni e delle inondazioni provocate dal disastro idrogeologico che affligge l'Italia, a causa di mille e una responsabilità politiche e tecniche. Ogni volta, in prima linea, i Carabinieri. Chiamati a soccorrere i feriti, a recuperare le salme, a scavare fra le macerie, a coordinare gli interventi, a prevenire le tristi iniziative di sciacallaggio. Una presenza testimoniata dai tanti riconoscimenti ricevuti per quest'opera, forse meno appariscente, ed eroica di altri generi di interventi, ma preziosa, importante, faticosa, pericolosa. Alle 22.45 del 9 ottobre 1963, gran parte dell'Italia ha gli occhi fissi al televisore, per assistere alla partita di Coppa dei Campioni fra Real Madrid e Glasgow Rangers. E così anche a Longarone, un paesino del Veneto arrampicato su una montagna. Il pallone rotola veloce sull'erba, inquadrato dalle telecamere. Fuori, in una terribile azione rallentata, una frana di seicento milioni di tonnellate piomba dal monte Toc nell'invaso della diga del Vajont. La diga scricchiola orrendamente e regge, ma l'acqua si rovescia come da un gigantesco catino scosso maldestramente. Un boato cancella in 120 lunghissimi secondi circa duemila vite umane e spazza via tutta Longarone. In pochi minuti il Piave freme e si gonfia di cinque metri. Poche ore dopo arrivano nella desolazione i primi carabinieri dalle legioni di Bolzano e di Udine. A loro si uniscono i colleghi dell'XI brigata meccanizzata e degli altri corpi, nonché i volontari.