Creato da giovannydelprete il 07/01/2009

FIDELIS

SOCIETA' E COMUNICAZIONE

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

FACEBOOK

 
 

 

« Messaggio #38Messaggio #40 »

Post N° 39

Post n°39 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da giovannydelprete


Ma anche in Sardegna i briganti
uccidono



Se in Sicilia i
riflettori erano puntati sul duello tra Giuliano e l'Arma, in
Sardegna i mitra crepitavano e le bombe a mano esplodevano senza
eccessivo clamore. Orgosolo, in quegli anni, era il crocevia di un
brigantaggio che risorgeva dalla miseria del dopoguerra e da una
cultura in cui lo Stato era pressoché assente.


Anche nel nuorese si assisteva a una
graduale evoluzione della criminalità: si passava dal vecchio
brigante che vendica i torti subiti dalla propria famiglia al
bandito che vive di rapine ed estorsioni. L'humus che favoriva la
diffusione della criminalità era rappresentato dal terrore della
gente comune e dalla sfiducia quasi atavica nelle istituzioni.


I Carabinieri inizialmente erano
isolati: nei paesi era per loro difficile trovare collaborazione
nella popolazione impaurita; i pochi confidenti venivano troppo
spesso trovati ammazzati. E' sempre un compito ingrato quello di
proteggere una popolazione che non collabora, subendo l'iniziativa
dei criminali.


Nell'agosto 1949 una vettura con le
paghe per le maestranze della diga del Tirso venne assaltata. La
scorta fu massacrata: tre morti e un ferito gravissimo. La stessa
sorte subì un'altra scorta a Sa Ferula a pochi chilometri da
Nuoro.


L'Arma organizzò con metodo la
reazione. Nel maggio 1950 fu catturato il bandito Liandreddu, un
nome famigerato e temuto. A luglio fu la volta di suo zio, Giovan
Battista Liandru, evaso sei anni prima dalla colonia penale di
Mamone dove era rinchiuso dopo aver collezionato 11 mandati di
cattura (quattro omicidi oltre a tentati omicidi, estorsioni,
sequestri, rapine). Le porte del carcere si aprirono anche per
numerosi complici della sua banda. Uno di essi, Giuseppe Dettori,
arrendendosi, esclamò: «Voi siete come i cani da caccia, che non
rinunciano mai».


La tenacia di uomini sorretti
unicamente dallo spirito di corpo e dalla fede nella legge permise
di arrestare nell'aprile 1951 il più pericoloso latitante sardo,
Francesco Sini, sul cui capo era stata messa invano la favolosa
taglia di due milioni di lire.


La rappresaglia dei banditi fu molto
dura. L'8 maggio 1951 a Giana di Perda (porta di pietra), nei
pressi di Tortoli, una campagnola passò sotto il tiro incrociato
dei criminali in un canalone: due carabinieri persero la vita e uno
fu gravemente ferito. Ma anche questa volta i responsabili furono
catturati.


La situazione nell'isola rimase tesa
per molti anni. Ancora nel settembre del 1959 in uno scontro
vennero lanciate bombe a mano. Il maresciallo Ettore D'Amore,
comandante della stazione CC di Orgosolo, fu decorato di medaglia
d'oro alla memoria per aver lanciato una granata che aveva
allertato i colleghi.






Approfondimento: In Somalia, come oggi


Pochi telespettatori fra quanti
hanno visto i baschi rossi con la fiamma d'argento pattugliare sui
gipponi le misere strade di una Mogadiscio sconvolta dalla guerra
civile si saranno ricordati che si trattava di un ritorno dopo una
pausa di quarant'anni.


Con la fine della guerra l'Italia
aveva perso i suoi possedimenti, ma una risoluzione dell'ONU aveva
affidato in amministrazione fiduciaria decennale la Somalia alla
potenza sconfitta. Lo scopo era di favorire un'ordinata transizione
verso l'indipendenza di un territorio tutt'altro che pacifico e che
nel 1948 aveva visto l'eccidio di molti italiani residenti a
Mogadiscio.


Agli inizi del 1950 si costituì il
gruppo territoriale della Somalia, ancora una volta (come da
tradizione) con forze della legione di Napoli. Nel febbraio il
gruppo (costituito da 25 ufficiali, 154 sottufficiali e 341 uomini)
si imbarcò al comando del tenente colonnello Raoul Brunero.


La sede del comando era a
Mogadiscio, insieme al comando della compagnia del Benadir e del
basso Giuba. Da questa compagnia dipendevano le tenenze di
Mogadiscio, Merca e Chisimajo, mentre il resto del territorio
somalo era affidato alle tre restanti compagnie.


Come è accaduto con l'attuale nostra
missione umanitaria (operazione Ibis), ai Carabinieri era anche
affidato il compito di addestrare e costituire una polizia somala,
avvalendosi di una compagnia Carabinieri somali, formata da 140
vecchi e fedeli zaptié.


Non mancarono, purtroppo, le
vittime: in un tumulto a Chisimajo il 1° agosto 1952, un
maresciallo, un carabiniere e un ispettore della polizia somala
furono trucidati dalla folla.


La missione dei CC si concluse con
una solenne cerimonia nel corso della quale il comandante del
gruppo, tenente colonnello Arnera, passò le consegne al tenente
colonnello Mohamed Abscir Mussa, comandante della polizia
locale.

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/FIDELIS/trackback.php?msg=6260151

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
Nessun commento
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

legionealdomie08decarolistefanopeppe061973m.matalunoba_facacciatorefranco66casale.valterziogiovanni65f.galessimarualdozimra2andreabilliasecondobaninogiuseppingra
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963