FIORE DI LOTO

8 MARZO FESTA DELLA DONNA ED ANCHE DI ALCUNI PAPA'


Questa è la storia di una ragazzina diciassette anni e del suo meraviglioso papà, lei si chiama Franca Viola una ragazzina di Alcamo che, a metà degli anni ses­santa, fu rapita per ordine del suo corteg­giatore respinto, tenuta prigioniera per una settimana in un casolare di campagna e a lungo violentata. Era un preludio alle nozze, nell’Italia e nel codice penale di quei tempi. Se ti piaceva una ragazza, e tu a quella ragazza non piacevi, avevi due strade: o ti rassegnavi o te la prendevi. La sequestravi, la stupravi, la sposavi. Secondo le leggi dell’epoca, il matrimonio sanava ogni rea­to: era l’amore che trionfava, era il senso buono della famiglia e pazienza se per arriv­arci dovevi passare sul corpo e sulla dignità di una donna. A Franca Viola fu riservato lo stesso trat­tamento. Lui, Filippo Melodia, un picciotto di paese, ricco e figlio di gente dal cog­nome pesante, aveva offerto in dote a Fran­ca la spider, la terra e il rispetto degli amici. Tutto quello che una ragazza di paese pote­va desiderare da un uomo e da un matrimo­nio nella Sicilia degli anni sessanta. E quando Franca gli disse di no, lui se l’andò a prendere, com’era costume dei tempi. Solo che Franca gli disse di no anche dopo, glielo disse quando fece arrestare lui e i suoi amici, glielo urlò il giorno della sentenza, quando Filippo si sentì condan­nare a dodici anni di galera. Il costume morale e sessuale dell’Italia cominciò a cambiare quel giorno, cambiò anche il codice penale, venne cancellato il diritto di rapire e violentare all’ombra di un matrimonio riparatore. Fu per il coraggio di quella ragazzina si­ciliana. E per suo padre: Bernardo, appun­to. Un contadino semianalfabeta, cresciuto a pane e fame zappando la terra degli altri. Gli tagliarono gli alberi, gli ammazzarono le bestie, gli tolsero il lavoro: convinci tua figlia a sposarsi, gli fecero sapere. E lui invece la convinse a tener duro, a denunziare, a pretendere il rispetto della verità. Tu gli metti una mano e io gliene metto altre cento, disse Bernardo a sua figlia Franca. Atto d’amore, più che di cor­aggio, è per donne e uomini che oggi dobbiamo festeggiare, uomini e ragazzine che in un epoca lontana da noi, non tanto per gli anni ma per dignità e civiltà hanno detto di no. Era povero, Ber­nardo, più povero dei padri di alcune squinzie di Arcore, quelli che s’informano se le loro figlie sono state pres­celte per il letto del dra­go. Ma forse era solo un’altra Italia.Lui invece  quanta dignità ed onore ha da insegnare a questi padri di oggi che si sono arricchiti con case ed altro in cambio  di una sveltina delle loro figlie con un vecchio di settantaquattro anni,  sono loro più del sultano e delle sue ancelle, i veri sconfitti, i veri ottusi, i veri colpevoli di una società che sprofonda sempre più in basso nel fango. Parte di questo post è tratto da un articolo di Claudio Fava