FRANCO's He(art)

GUARDANDOCI IN FACCIA


C'è stato un periodo in cui il cinema, il mio amante discontinuo e concupiscente, mi abbandonò tra noia e sconcerto. O forse era la vita. Una mia amica mi consigliò un giornale che aveva come caratteristica il commento critico di ogni film che passasse sulle Tv generaliste, due righe asciutte e argute più, per ogni giorno, la scelta del "Cult Movie" con 18 righe di acuta critica. Un giorno tra i film cult apparve il commento de "L'uomo in più" di Paolo Sorrentino, ad ora tarda su Retequattro. Quelle 18 righe mi accesero la curiosità. Registrai il film e me lo rividi la sera dopo. Era la storia di Antonio Pisapia ex giocatore di calcio, un uomo integro in tutto tranne che in una gamba malignamente spezzata da un avversario, con la sua passione indefessa a spronarlo a diventare un futuro allenatore nella sua squadra. Ma era anche la storia di Antonio Pisapia, cantante neomelodico di successo, cocainomane, caduto in disgrazia. Due facce di una stessa maschera, due modi diversi di una stessa anima nell'affrontare le avversità, gli "scarti" improvvisi della vita, metafisicamente e inconsapevolmente  legate. Il tutto con uno stile ritmico e filosofico insieme. Avevo trovato la mia "filosofia" di film. E vennero poi l'ipnotico gelo de "Le conseguenze dell'amore" e la meschinità de "L'amico di famiglia" (meschinità del protagonista, non certo del film). Garrone venne dopo. Non mi piacque particolarmente "L'imbalsamatore". "Primo amore" invece mi colpì alquanto, un vortice infernal-amoroso tanto comune quanto tremendo e orrido. Ho già visto "Gomorra" ed è veramente il pugno giusto esattamente assestato che mi aspettavo. Ma non per questo mi ha fatto meno male "incassarlo". Un critico su un giornale locale commentava che questo film non dice niente di diverso da quello che le cronache e gli approfondimenti di giornali e tv ci raccontano periodicamente e che in fondo ogni metropoli ha i suoi ghetti inviolabili. Ma forse ancora non gli è stato detto che il cinema non è ciò che fa vedere, ma ciò che trasmette col non detto.  La tremenda naturalezza degli abitanti di quell'inferno, un secondo prima a ballare con una ragazzina, un secondo dopo morti "sparati" da una moto in corsa, un secondo prima a preparare droga, un secondo dopo ammazzati dalla banda rivale, un secondo prima carnefici, un secondo dopo vittime è "documentata" con maestria veramente alta. Ti lascia attonito, sconfortato e, a chi tra il pubblico non ha sopportato il macigno scaraventato da quelle immagini, è venuto pure da ridere (spero per esorcizzare e non per scaricarsi la coscienza). Sto aspettando "Il Divo" con molta trepidazione. Finalmente un cinema che, con stile personale e senza trucchetti, ci fa guardare in faccia la nostra Benodiata Italia. Basta svicolare è ora che ci guardiamo in faccia.