FRANCO's He(art)

IN BRUGES


Ieri  ho visto un piccolo film che mi ero perso durante l’ultimo inverno. Nella semplice cornice della corte degli Agostiniani, mi sono gustato “In Bruges”, una commedia noir ben scritta e diretta dall’esordiente Martin Mc Donagh. Questa storia di due gangster costretti nella graziosa città belga, denota immediatamente il suo punto di forza nei dialoghi e nella sceneggiatura, ben strutturati entrambi, ma anche il buon ritmo impresso alla vicenda, non troppo dilatato, ma nemmeno frenetico come ormai la produzione odierna spesso impone, da il giusto imput a una storia in cui, tra nani strafatti di calmante per cavalli, discussioni fra il filosofico e l’esilarante dei due protagonisti, scene abilmente giostrate tra dialoghi divertenti e  azione, si arriva con buona tensione  verso l’epilogo. Riduttivo però liquidare così il film, che vive di una sua filosofia ben delineata. Un assassino può avere una coscienza? Quale può essere la sua morale? Si scopre che gli assassini di “In Bruges” hanno una loro, discutibile certo, concezione di morale, di ciò che è giusto e ciò che non lo è, e Ralph Fiennes ce lo dimostra nel finale: “bisogna tener fede ai propri principi”. Ma chi è convinto nella propria concezione di morale è comunque autorizzato a uccidere? Possiamo scaricare tutto sulla sporca esistenza che ci porta ad atti detestabili o comunque dobbiamo riuscire a esser moralmente ineccepibili nonostante tutto?