FRATTAGLIE

Elucubrazione sulla povertà


La signora doveva essere statunitense; longilinea, vestita con dei jeans pieni di tasche ed una giacca a vento rossa, molto tecnica, di quelle d’alta montagna,  il viso, dai lineamenti aggraziati, non aveva tuttavia, come ci si sarebbe aspettati, un’espressione dolce, ma stranamente severa e gli occhi, d’un azzurro cielo, non erano sorridenti. Aveva un che di strano in lei, sembrava una persona che si trovasse nel posto sbagliato, infastidita da tutto; dal rumore, dalla luce accecante, dagli odori, dal terreno malfermo. La bimba avrà avuto si e no cinque anni…aveva un cappellino, fatto all’uncinetto, arancione con un decoro ed il bordino della tesa bianchi. Tutti, a quelle latitudini, hanno il cappello con la tesa ampia a coprire gli occhi, ad evitare il riverbero accecante. A 4000 metri dal livello del mare, anche in inverno, quando fa freddo, la luce è forte ed il sole cocente…figurarsi poi se quell’altitudine la vivi su di un lago, uno specchio d’acqua grande quasi come tutta l’Umbria, ove l’unico colore che incontri è il blu del cielo che si sposa con quello delle acque profonde. Così, fin da piccino ti ritrovi con le gote arse dal calore, rese  aride dal vento freddo e se qualcuno ti accarezza il viso, pensando di incrociare sotto le proprie mani la classica morbidezza della pelle dei bimbi, quella tenerezza che sa di rose e talco, ritrova invece qualche cosa di molto più simile a cartone ricoperto da uno strato sottile di carta vetrata. La pelle scura, gli occhi neri e profondi, come quelli di tutta la sua gente, sempre all’ombra ma non per questo meno intelligenti, interessati, curiosi…la bimba stava mangiando del pane, con qualche cosa di simile ad una marmellata sopra, ed il dolce appiccicoso si confondeva con lo sporco che le colava dal nasino. La signora aprì la borsa firmata, estrasse una matita colorata e la porse alla bimba distendendo il braccio in modo quasi inverosimile: il gesto mi lasciò senza fiato, con un senso di angoscia profonda, e mi rividi, bambina a mia volta, a dare le noccioline alle scimmie dello zoo, allungandole attraverso la recinzione, con una sorta di paura e disgusto, con l’idea che la bestiola, tanto carina all’apparenza, potesse in qualche modo azzannarmi e portarsi via, oltre al frutto gustoso, anche una parte di me. Lo stesso timore, la stessa diffidenza lessi nello sguardo della donna. Ma c’era di più…c’era un senso di superiorità non celato nel suo sguardo, c’era una trasparente soddisfazione che sembrava dire “guardate…guardate il gesto generoso che ho fatto…”. Mi girai e piansi; negli anni a venire, nella mia mente, non accostai mai la parola povertà all’immagine della bimba, ma sempre a quella della triste signora.