FRATTAGLIE..utopiche elucubrazioni di una mente istintiva |
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Grazie. allievadelgabbiano & LaStregaFelice
GIOCO LETTERARIO
FRATTAGLIE
Frattaglie di sogni spezzati,
utopie disperse di un sole
salato e lontano,
come luce pallida
e grigia
di un pianto
che sgorga dal cuore.
Frammenti chiamati
a raccolta
da un raggio
che ancora resiste,
che segue l'istinto
infinito
di ricomporre
i frammenti di un sogno.
LASTREGAFELICE
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Causa eccessivo costo degli affitti, aumento di gas, luce e telefono, per non parlare del gasolio consumato nei trasferimenti, allievadelgabbiano e lastregafelice hanno deciso di traslocare definitivamente QUI. |
Nelle fiabe medioevali si narra di giovani pulzelle punte dall’arcolaio o che, a causa di diversi incantesimi, si addormentavano o trasformavano in esseri di vario tipo nell’attesa che un principe, possibilmente azzurro e di gradevole aspetto, per volontà o caso, riportasse le sorti della fanciulla al loro destino originale. Tutte frottole! Una giovane (e decisamente ben conservata) strega come me ricorda alla perfezione a cosa fossero dovute le magie e gli innamoramenti nella così definita “età di mezzo”: all’arte culinaria ed a tutti i suoi annessi e connessi. La cucina medioevale era molto diversa da quella dei vostri giorni e, forse anche per quello, tale periodo è giunto fino a voi con un fascino di fantasia e mistero, avvolto da un’aura di magia. Come in ogni incantesimo degno di nota, la perfezione si avvicina allontanando i preconcetti e fondendo diverse culture ed esperienze. Così, in un’epoca da molti erroneamente raccontata come buia, si cominciarono ad amalgamare tre grandi matrici della cultura gastronomica: quella romano-cristiana, la celtico-germanica e l’islamica. E si…strano potere dell’alchimia, che vince sui pregiudizi e sulle contrapposizioni politiche e militari! Fu così che a gusti tipici della cultura greca e romana, strettamente legate alla terra, all’ulivo, al frumento ed al pesce, si affiancarono quelli della selvaggina e delle graminacee fermentate in birra, ed in ultimo, ma non meno importanti, a quelli del riso, delle spezie d’Oriente, quali zafferano, pepe, cannella, zenzero, chiodi di garofano e degli agrumi. Un altro ingrediente particolare della cucina medioevale era l'acqua di rose che serviva per aromatizzare i cibi, in cucina, e per profumare le mani dei commensali, subito dopo. Dimenticare di offrirla era considerato un'offesa, come del resto rifiutarla. Ora, quando vi racconteranno che la bella addormentata nel bosco aveva subito un incantesimo e fu risvegliata dal bacio leggero di un azzurro principe, potrete sorridere, conoscendo la verità. La giovane pulzella, di umili origini, vagava da tempo alla ricerca di marito, senza rendersi conto della fortuna di non averlo ancora incontrato fin quando, gli stenti e la fame, ebbero la meglio, ed ella cadde svenuta in mezzo alle frasche. Fischiettando vagava pei boschi un ragazzetto che recava seco un dolce destinato al principe del feudo e preparato secondo la ricetta di un mio lontano parente, tale Maestro Martino. Questa preparazione meravigliosa, nota con il nome di “Torta bianca”, evocante purezza e ascetismo, otteneva grande successo soprattutto, raccontano le cronache mondane del tempo, presso il pubblico femminile. E l’amore a prima vista ci fu davvero, ma per la torta ed il suo sentore di rose e zenzero, così come ci fu il risveglio, ma per merito certo delle mille insidie caloriche del preparato. La giovane, colta da amore profondo, aprì una locanda nei pressi, specializzandosi naturalmente nel candido dolce, divenne economicamente indipendente, non si sposò, preferendo vivere con passione “affettuose amicizie” e visse per sempre felice e contenta. Piglia una libra et meza di bono cascio frescho, et taglialo menuto, et pistalo molto bene, et piglia dodici o quindici albume o bianchi d’ova, et macinali molto bene con questo cascio, agiongendovi meza libra di zuccharo, et meza oncia di zenzevero del più biancho che possi havere, similemente meza libra di strutto di porcho bello et biancho, o in loco di strutto altretanto botiro bono et frescho, item de lo lacte competentemente, quanto basti, che serà assai un terzo di bocchale. Poi farrai la pasta overo crosta in la padella, sottile come vole essere, et mectiraila a cocere dandoli il focho a bell’agio di sotto et di sopra; et farai che sia di sopra un pocho colorita per el caldo del focho; et quando ti pare cotta, cacciala fore de la padella, et di sopra vi metterai del zuccharo fino et di bona acqua rosata.” |
Giselle sosteneva che un buon ragout (la nonna era francese…), proprio come le streghe innamorate, cuoce a fuoco lento, soffrendo con pazienza, ed ha bisogno di molte cure. Prova ne sia che, a quanto la tradizione racconta, i migliori ragù fossero ritenuti quelli dei portinai, che dalla guardiola, potevano svolgere la doppia funzione di controllo, sia della casa che della cucina. In teoria questa tecnica dovrebbe potersi applicare anche alla mia amica “Rossa” che potrebbe occuparsi, in contemporanea, della pentola e della creatura che le è capitata in dono, sperando, conoscendola, che non combini danni con la prima, ma, soprattutto, con la seconda. Taluni sostengono che il vero ragù sia napoletano, altri bolognese…essendo io una vera strega milanese, non saprei dire, e faccio pertanto il ragù alla “moda mia”, sperando che possa riscuotere i favori dei miei commensali. Innanzi tutto mi procuro delle belle verdure fresche: una grossa cipolla bianca, un gambo di sedano (possibilmente verde) ed una carota di medie dimensioni e, dopo averle accuratamente pulite e lavate, le sminuzzo finemente al coltello (non fate un purè di verdure con il frullatore, di grazia…). Mi raccomando: la cipolla deve essere affettata molto sottile, anche se questo vi farà piangere, cosa che per me al momento è del tutto normale, perché al termine della cottura dovrà completamente sciogliersi e divenire invisibile donando alla preparazione tutte le sue essenze. Le verdure così preparate, poste in una padella inaderente, dove saranno stati scaldati due cucchiai di olio extravergine d’oliva, soffriggeranno allegramente a fuoco alto fino a raggiungere un colore dorato e saranno quindi irrorate con un poco di vino bianco, che sfumerà come d’incanto. A questo punto si trasferisce il tutto in una bella casseruola di terracotta, un materiale che trattiene il calore, diffondendolo in modo uniforme ed è in grado di comunicare al cibo la passione ed il desiderio della strega alchimista. Alle verdure soffritte si aggiungono la carne (io uso un misto di bovino 300 g e di suino 100 g tritati possibilmente al momento) ed un etto di salsiccia fresca che dovranno rosolare. Attenzione! Questa fase del procedimento è estremamente importante, perché proprio qui le carni, oltre ad assumere un romantico colore bruno-dorato, subiranno la formazione di uno strato protettivo che impedirà la fuoriuscita dei succhi nutritivi contenuti durante la successiva cottura. La rosolatura deve avvenire a fuoco basso, in modo amorevole, mescolando con un cucchiaio di legno, che non diffonde il calore e che vi permetterà di non scottarvi ogni volta che lo riprenderete dopo averlo appoggiato alla casseruola. E’ a questo punto che si aggiunge il vero ingrediente importante, quello che rende il ragù un condimento indimenticabile: due chiodi di garofano. Trattasi di una spezia magica, uno dei più potenti afrodisiaci naturali (capirete perché per il momento mi astengo dal consumarne…), nonché perfetta per combattere fatica mentale e perdita di memoria. Pertanto, se avete un marito un po’ poco attento, o stanco, o pigro, a letto e fuori, forse una lasagnetta vi converrebbe preparargliela. A rosolatura completa aggiungeremo tre cucchiai di passata di pomodoro, che deve dare solo colore alla preparazione e continueremo la cottura bagnando dapprima con due bicchieri di vino rosso (buono!!) e poi con brodo vegetale (e vediamo di evitare i dadi eh…volete fare le cose per bene oppure no?). Personalmente cuocio il tutto per almeno tre ore ricordando solo il fuoco ed il cucchiaio: lentissimo il primo, sensibile il secondo a capire il momento in cui intervenire. Poco prima del termine della cottura salo secondo coscienza, recupero i due chiodi che sarebbero sgradevoli se masticati, e mi ritengo soddisfatta quando il ragù risulta morbido, privo di acqua e decisamente profumato. |
Allora…eravamo rimasti che dovevo portare un po’ via la Strega e quindi siamo andate in vacanza da una parente, tale Scintilla (per farla breve). Risultato: mi sono trovata con una Strega cotta ed una Scintilla innamorata. Una piange, l’altra s’incendia, una prova strane alchimie, l’altra tenta il suicidio accendendo tutto ciò che incontra. E io sempre in mezzo. E no eh…non si può mica andare avanti così, ci vuole un po’ di equilibrio. Ora piazzo qui la Strega, che in fondo questa è la sua casa, lascio là Scintilla (sono certa sia meglio tenerle separate) e speriamo che qualche cosa si risolva. Nel frattempo sono quasi morta di fame, perché la Strega non cucina più. Io, dato il suo stato, le avrei proposto di concentrarsi e di parlarci, che ne so, di stracotto, per esempio. E’ vero, siamo ormai in primavera…ma che ci posso fare? |
Per chi non l’avesse capito, io e LaStregaFelice siamo la stessa persona, solo due lati diversi della stessa medaglia. Io sono il lato più istintivo, utopista, ma allo stesso tempo pratico e deciso; lei è senza dubbio la parte più sognatrice, tenera, dolce, forse indifesa, sicuramente sexy. Insieme non siamo poi tanto male, ci piacciamo abbastanza, sappiamo gioire e far sorridere, sappiamo metterci a disposizione degli atri, siamo grate per quello che la vita ci ha regalato, anche se con qualche intoppo. Ora abbiamo un problemino: siamo innamorate di un amore non corrisposto. E la colpa e mia…eh si, perché tutte le volte che lei mi diceva “occhio…qui butta male”, io, seguendo il mio istinto, che a quanto pare ogni tanto fa cilecca, rispondevo, “ma no, dai, vedrai che le cose cambieranno, mica avremo potuto prendere una cantonata tanto grande no? E invece pare di si. Seccante di per sé, direte voi…e già, rispondiamo noi…con una piccola aggravante: LaStregaFelice non riesce più a sorridere e come facciamo, mica le possiamo cambiare il nome in LaStregaTriste! Un altro piccolo problema è che la Strega è nata con questo blog. Forse sarebbe più giusto dire “rinata” o “risvegliata”, un po’ come la bella addormentata, fatto sta che di sicuro si faceva un sonno profondo da qualche annetto e qui ha ritrovato la sua essenza. Ora, quindi, il problema è proprio il blog…tutte le volte che entra qui, lei pensa a quel capoccione di cui ci siamo invaghite e piange: forse non sarà importante per voi, ma per me, che so le dimensioni della casa in cui abitiamo, lo è eccome, perché i vicini hanno già chiamato più volte i pompieri per sospetto allagamento. Non ci resta pertanto che un’alternativa: prenderci un periodo sabbatico di riflessione, di cura reciproca, magari una vacanza per rimetterci sul giusto binario, che qui, se si va avanti così, si finisce per deragliare. Torneremo appena saremo in grado di regalarvi di nuovo quei sorrisi che in questo momento non abbiamo più. Un arrivederci di cuore ed un abbraccio a tutti voi da allievadelgabbiano e LaStregaFelice. (P.S. Per Sandro…e non dire…ecco, lo sapevo non sei mai costante nelle cose che fai…torneremo di sicuro più serene e sorridenti di prima e, magari, nel frattempo, avremo anche smesso di nuovo di fumare!) |
Post n°98 pubblicato il 24 Marzo 2008 da allievadelgabbiano
Uno dei misteri più grandi che accade nelle cucine delle streghe alchimiste consiste nella trasformazione dell’albume in una bianca e consistente spuma definita “a neve”. Su richiesta di un simpatico maghetto tanto caruccio e piuttosto portato per alcuni tipi di alchimie, benché completamente “digiuno” di altre, cercherò di raccontarvi alcuni retroscena di tale alchimia, chiedendo venia in anticipo se non riuscirò a farlo in maniera davvero esaustiva. L’albume è costituito da acqua, condita con piccolissime quantità di grassi, vitamine, sali minerali e zuccheri, nella quale navigano allegramente delle sostanze dette proteine, nel caso specifico rispondenti al nome di ovomucina e conalbumina. Codeste molecole, assai simpatiche, hanno la forma di grossi gomitoli ed essendo cariche negativamente, ossia somigliandosi tanto tra di loro, si respingono a vicenda, stando il più lontano possibile, manifestando, oserei dire, un certo disprezzo reciproco. I bei gomitoli sono a loro volta costituiti da filamenti idrofobici, ossia che hanno una vera repulsione per l’acqua, e che quindi stanno rintanati all’interno, ed altri idrofilici, ovvero che amano tanto fare il bagnetto e che si dispongono pertanto all’esterno. Quando qualche strega alchimista, leggermente sadica, comincia a sbattere con una frusta l’albume, introduce, con tale movimento, una certa quantità d’aria e, contemporaneamente, fa si che i bei gomitoli comincino a srotolarsi, effetto che, in gergo stregonesco, si indica con il termine di “denaturazione” delle proteine. Ovviamente le parti idrofobiche del gomitolo che si sta srotolando non si sognano neppure lontanamente di andare vicino all’acqua e, quindi, si dispongono tutte intorno alle bollicine d’aria, mentre le altre si pongono a contatto dell’acqua; così facendo, di comune accordo, non solo si difendono a vicenda, ma inglobano le bollicine d’aria che rimangono incastrate e non riescono più ad uscire. All’inizio le bolle d’aria sono molto grosse e tendono ovviamente a venire a galla per cui la strega alchimista non deve lesinare sul suo lavoro se vuole ottenere una spuma stabile, ma impegnarsi alacremente al fine di ottenere bollicine d’aria sempre più piccole ed omogenee. E le povere proteine maltrattate, direte voi? Già, poverelle, come spesso accade tra consimili nelle situazioni di difficoltà, si aiutano. Proprio loro che all’inizio non si sopportavano e stavano ben distanti le une dalle altre, una volta spezzettate si fanno furbe cercando di avvicinarsi e si danno la mano formando nuovi legami e dando origine ad una sorta di reticolo che imprigiona in maniera stabile sia l’aria che l’acqua (coagulazione delle proteine). A questo punto l’albume è definitivamente montato a neve! Attenzione! La strega alchimista moderna ed un po’ pigra che invece della frusta vuole usare un frullatore può correre qualche rischio aggiuntivo: facendo arrabbiare troppo le proteine, infatti, dà origine ad una e vera propria rivolta delle stesse che si abbracciano invece di tenersi semplicemente per mano. Il reticolo, in questo caso, diventa talmente fitto, da “strizzare” fuori l’acqua: a questo punto non resta che buttare tutto nella spazzatura e ritentare…il processo infatti, è irreversibile. Come fare per capire se abbiamo lavorato bene? Volendo calcolare l’incalcolabile, potrei dirvi che, con un uovo da 3,5 centilitri, si dovrebbero ottenere circa 15 centilitri di una spuma ben strutturata. Ma mi mandereste a quel paese. Potrei dirvi che una chiara ben montata deve reggere il peso di un uovo con guscio. Ma dal punto di vista igienico-sanitario, sconsiglierei questo test in cucina. La prova migliore è questa: se levando verso l’alto la frusta la spuma rimane attaccata in un blocco solido, simile ad un cappello da chef, significherà che avrete superato la prova! Alla prossima…magari per il soufflè. |
Messaggio di auguri inviatomi da blop e che, con il suo permesso, rivolgo a tutti quelli che passeranno da qui, credenti o non credenti. Fai che la Pasqua sciolga le gocce di sangue dalle ali della bianca colomba della pace che ancora in Tibet e nel mondo non riesce a spiccare il volo. |
Post n°95 pubblicato il 17 Marzo 2008 da allievadelgabbiano
Mi ha fatto riflettere un post di odeius. Mi rendo conto che la mia personalissima convinzione che sarebbe giusto, in un mondo civile, boicottare le Olimpiadi in Cina, possa non essere condivisa da molti, in particolare dagli atleti che, per lunghi anni, hanno dedicato tempo e sacrifici e questo unico grande sogno. Ma è davvero possibile che noi, che ci dichiariamo un paese libero e democratico, non siamo in grado di trovare il modo per dare almeno un segnale? Sarebbe così assurdo pensare ad una nazionale Italiana vestita del rosso dei monaci buddisti? Che potrebbero fare i cinesi? Espellere la squadra? E se tutti i paesi europei facessero lo stesso gesto? Sarebbero espulsi tutti, o minacciati, o imprigionati, come si sta facendo nel Tibet? Io non credo. Certo, ci sarebbe bisogno di condivisione di intenti e di coraggio, e, soprattutto, non ci vorrebbero notizie di questo tipo: ha fatto scalpore, all’inizio, ma ad un mese, forse, ce ne siamo già dimenticati. FOTOGALLERY SPORT (22/7/2007) |
Ore vuote di parole dure lanciate come una pallina contro un muro di gomma che le respinge, uguali, ma più amare. La paura che fa da barriera e non consente il dialogo, al di là del conflitto. Solo nel silenzio del tuo abbraccio ed in quel lieve sussurro ho sentito ciò che avevi da dirmi. Scusa. Non avevo capito. |
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