Fai la differenza

Care ministre, ma voi da che parte state?


Per quanto io stessa più volte mi sia ripromessa di non barcamenarmi più in istanze pseudo-femministe, considerandole conquiste ormai ampiamente raggiunte, ancora una volta mi ritrovo a discutere sul tema del rapporto tra donne e politica, visto che la presenza femminile all’interno dei luoghi della politica è così scarsa da non poter essere non percepita come un problema. Passando in rassegna le composizioni di diversi parlamenti europei, fatta eccezione per i paesi scandinavi, le percentuali di presenza delle donne mettono in luce che esiste una reale discriminazione. Questa insufficiente presenza delle donne nella politica e nelle istituzioni è dovuta, a mio avviso, a due fondamentali ordini di motivazioni: in primis il clima culturale, in secondo luogo l’inadeguatezza di un sistema welfare. Quando parlo di clima culturale intendo la deriva maschilista della politica nostrana, che non fa altro che alimentare una già radicata diffidenza verso la possibilità che una donna possa ricoprire le più alte cariche dello Stato. In secondo luogo, la donna che non vuole rinunciare ad una sua fisiologica vocazione di moglie e madre, e che contemporaneamente voglia al massimo amplificare la sua professionalità non è sicuramente supportata da un sistema di servizi, che, invece, le impongono di operare una scelta sofferta, abdicando all’uno o all’altro aspetto.  A queste due ordini di motivazioni, che concretamente impediscono la presenza delle donne nei posti politici che contano, oggi possiamo aggiungerne un'ulteriore di carattere squisitamente politico. Si pensi al nostro sistema elettorale, un sistema proporzionale a liste chiuse, che ponendo totalmente nelle mani dei vertici dei partiti la scelta dei candidati, che in linea generale già rappresenta una fortissima restrizione nei confronti di quanti vogliano liberamente candidarsi, ancor di più viene a costituire un efficacissimo strumento di limitazione della rappresentanza femminile. Per quanto io stessa sia stata da sempre contraria all’introduzione delle cosi dette quota rosa, mi pare opportuno ricordare che quando nel 2005 l’allora Ministra delle Pari Opportunità Stefania Prestigiacomo tentò di introdurre le quote rosa nella legge elettorale trovò la strenua opposizioni bipartisan di una vasta schiera di politici, che mostrarono un fortissimo attaccamento al fortino dei loro privilegi. Da allora questa tematica è stata completamente cancellata dall’agenda politica, ancor più grave se si pensa che il partito più forte che ci governa si chiama “Popolo delle Libertà”. Diciamo che in Italia siamo abituati a salvare le apparenze, attribuendo alle donne Ministeri di scarsa rilevanza, solitamente senza portafoglio, oppure ministeri tradizionalmente “femminili”, come l’istruzione. Fermo restando che sia necessario che la politica italiana dia spazio alle nuove generazioni, assai discutibile risulta essere l’abitudine tutta italiana di cooptare giovani avvenenti, che mai niente hanno avuto a che fare con la politica. Si pensi alla folta schiera di ex conduttrici tv, veline e troniste che seppur per poco tempo popolarono le liste della Pdl per elezione Europee. Liste che furono poi epurate a seguito delle dichiarazioni di Veronica Lario e di tutta la polemica che ne seguì sul Velinismo. Utilizzare l’immagine di giovani donne in maniera strumentale, al quale le protagoniste si prestano in maniera disinvolta, per poter svecchiare l’impianto di un partito, dando un falsa idea di freschezza e di onestà non fa altro che consolidare uno stereotipo di donna da utilizzare come gingillo. Questo non vuole essere una demonizzazione a tutti i costi della bellezza femminile, cioè significherebbe consolidare un altro stereotipo: chi è bella è necessariamente vuota e stupida. Vuole solo essere una difesa di quante con lavoro ed impegno hanno conquistato uno spazio. Del resto, le “ornamentali” Ministre che ci hanno propinato non certo aiutano la politica italiana a cambiare rotta. Cosa possiamo aspettarci da una come la Carfagna, che pur ricoprendo il Ministero alle Pari Opportunità, non ha accennato ad un benché minimo gesto di indignazione quando il suo “amato” Presidente affermava che è meglio essere appassionati di belle donne piuttosto che gay, facendo passare l’idea che l’omosessualità sia una forma di perversione, che invece collezionare donne sia segno di virilità tipica del maschio italiano. Care donne italiane cosa possiamo aspettarci da una come la Gelmini, che andò a sbandierare in tutte le televisioni che non avrebbe usufruito neanche di un giorno di maternità, mortificando un diritto sacrosanto come i giorni per la maternità. Ci vorrei ben credere considerato l’armamentario di colf e assistenti che si ritrova al seguito. Questo è sintomatico della lontananza di questa Ministra dalle donne vere, quelle che tutti i giorni si barcamenano tra lavoro, casa e figli, ma che nonostante la fatica sperimentano la bellezza di essere donne tutti i giorni. Forse da lei non c’è da aspettarsi niente di buono considerata l’arbitrarietà e la scelleratezza di una riforma della scuola che porta il suo nome. Riforma che, tagliando in maniera indiscriminata, va a minare alle fondamenta della scuola pubblica italiana che da sempre costituisce il luogo di emancipazione e di formazione per eccellenza al fianco delle giovani generazioni al fianco delle famiglie. Sarà che il rapporto tra loro e il Premier ricalca a pieno quello che avevano le nostre nonne con i loro mariti, padri padroni. Mariti che con uno sguardo intimidatorio riuscivano a far abortire anche la minima volontà di autonomia ed emancipazione! Allora mi viene spontaneo chiedere care Ministre ma voi da che parte state?Io una risposta c’è l’avrei. A costo di risultare fastidiosa e volutamente puntigliosa, mi piace stare dalla parte di quelle donne che non sono state zitte mai, che non si lasciano imbambolare davanti all’imbroglio della politica-sesso. Poiché così come affermava Don Tonino Bello “ se delle parole risponderemo davanti al tribunale della storia, del silenzio risponderemo davanti a Dio”.Pina Sagliocchi