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Università in rivolta


"Un evento epocale che rivoluziona i nostri atenei e che permette all'Italia di tornare a sperare". Con queste parole il ministro Gelmini presenta la propria riforma per un'università più meritocratica, trasparente, competitiva e internazionale.Diversi i punti del disegno di legge che riportiamo brevemente;per i ricercatori esiste un limite temporale, di sei anni, per l'abilitazione all'insegnamento come associato. In caso contrario, non potranno più continuare l'attività accademica.Anche per quanto riguarda i rettori ci sarà un limite temporale: fino ad oggi potevano rimanere in carica anche 16 anni, ma la riforma accorcia questo limite ad 8, prevedendo  un tetto massimo di due mandati da 4 anni ciascuno. I professori e i ricercatori "sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte". Se la relazione dovesse risultare negativa non ci sarà l' aumento stipendiale previsto.Riduzione degli sprechi. Per questo è stata proposta la fusione tra piccoli atenei e la riduzione dei corsi di laurea e delle facoltà che per ogni università saranno massimo12.Le università telematiche accederanno a fondi dello stato.Il fondo per le borse di studio agli studenti è stato ridotto da 200 milioni (2008) a 25 milioni (2010). L'89,54% dei fondi destinati alle borse di studio sono stati eliminati. Gli  studenti meritevoli con reddito basso saranno senza borsa di studio con un sistema basato sui prestiti d'onore saremo indebitati a vita .Niente residenze universitarie.Docenti di ruolo dimezzati, introduzione di figure precarie come i ricercatori a tempo determinato... nessuno spazio per nuovi docenti che rimpiazzino chi va in pensione.Meritocrazia, impegno, lotta ai baroni e parentopoli, orientare gli investimenti, premiare il merito, queste le parole  che sentiamo continuamente da qualche settimana... Tanti bei concetti che teoricamente tutti, ricercatori e studenti dovrebbero condividere, allora perché tanti scendono in piazza a manifestare contro questa riforma? perchè chiedere le dimissioni di un ministro che vuole sostenere gli studenti meritevoli?Sembrerebbe assurdo ma per qualcuno che sicuramente è più interessato a giochi di potere e a difficili equilibri politici (pure quelli precari) da mantenere, la rivolta che sta interessando tutte le città italiane non ha molto senso...  Gli studenti e i ricercatori in piazza sono stati classificati dal presidente del consiglio, delle persone dalla parte dei baroni; da esponenti del Pdl, "ignoranti, semianalfabeti altrimenti inoccupabili" e da Emilio Fede (...)  incivili da menare"...La Gelmini invece dopo aver presentato il Ddl approvato dal Senato e oggi presentato alla Camera, in un video su youtube ha espresso con toni quasi materni il suo interesse per  il futuro delle università e dei giovani che devono scendere dai tetti e  non farsi strumentalizzare dai baroni (non dico che la Gelmini sarebbe dovuta salire sulla cupola del duomo di Firenze  o protestare tra le macerie di L'Aquila ma nemmeno la videolettera mi sembra un buon modo per confrontarsi... soprattutto dal momento che confronti diretti magari in qualche facoltà  e meglio ancora prima che il decreto fosse approvato, non ci sono stati ....)Strumentalizzazione e critiche a parte, come è possibile restare indifferenti a una cosa che rovinerà ulteriormente il nostro futuro? Come rimanere impassibili (e magari anche ringraziare?) per questi tagli che porteranno un aumento indiscriminato delle tasse, l'eliminazione dei corsi di laurea? Come non lottare e opporsi ad  una riforma che abolisce il diritto allo studio e ci offre come unica prospettiva quella di una formazione precaria?Bisogna raddoppiare gli investimenti nel campo della ricerca e della formazione, come succede in tutti gli altri paesi europei, l'Italia è l'unico paese che disinveste nella ricerca, mentre tutti fanno  esattamente il contrario perché un paese dove la ricerca non è finanziata, dove i ricercatori vivono in condizione di totale precarietà senza alcuna prospettiva futura, in un paese da cui  se va bene scappi via e se va male ci muori, (come è successo al ricercatore che per la disperazione si è tolto la vita non tanto tempo fa), è un paese che resterà sempre indietro e che sta morendo.Gli studenti e i ricercatori hanno creato una protesta propria con caratteristiche e diffusione uniche: le proteste in Italia in questi ultimi tempi sono diventate visibili, sotto (vista l'altezza delle gru degli immigrati, e i tetti degli studenti) gli occhi di tutti.Sono stati occupati infatti  i tetti delle varie facoltà italiane, le sedi del potere, il 24 novembre Montecitorio e oggi a Napoli il palazzo sede della Provincia (dove sono stati lanciati sacchetti della spazzatura) linee ferroviarie e i monumenti simbolo del nostro paese come la torre di Pisa, il Colosseo a Roma bloccando la città per 5 ore, la Mole Antonelliana e la Regione  a Torino, e gli scavi di Pompei (quelli che non sono ancora crollati), ovviamente anche Milano, Bologna e cortei in tutte le regioni meridionali, con la solidarietà attiva degli altri giovani che manifestano in altre città europee; a Parigi contro il governo e la riforma delle pensioni e  i cinquantamila a Londra contro i tagli e l'aumento delle tasse universitarie, come se fosse un'unica grande rivolta europea di chi non può e non vuole più rimanere ai margini e lasciare che coloro che ci governano  con la scusa della crisi generale, nascondano la decadenza, il degrado politico e  adesso anche culturale, nel quale il nostro paese riversa.  Tutti sono consapevoli della necessità di una riforma universitaria ma i tagli non garantiscono sicuramente un miglioramento della situazione, né supportano la libertà della ricerca e la dignità di coloro che lavorano e studiano negli atenei del nostro paese.C'è bisogno di una riforma che sia veramente basata sulla meritocrazia attraverso la promozione e non i tagli alla ricerca.Per quanto riguarda infine tutti quelli che in questi giorni hanno criticato coloro che scendevano in piazza, ("andate a studiare!" ha detto più di qualcuno) sostenendo che la vera rivoluzione è quella fatta quotidianamente  all'interno della propria facoltà, penso che anche questo  sia  vero e necessario...Ribellarsi ai voti presi senza merito, all'assenteismo di tanti docenti, agli studenti raccomandati, a quelli che firmano al posto degli altri nei corsi con obbligo di frequenza... Siamo tutti d'accordo: è importante combattere ogni giorno questi atteggiamenti che sicuramente non aiutano e quindi attuare una rivoluzione dal basso (che sicuramente richiederà tanti anni), ma è ancora più importante  un cambiamento e un sostegno dall'alto e continuare a scendere in piazza se questo "sostegno"che ci non aiuta ma al contrario distrugge il nostro futuro, verrà approvato.Moena Mazzaro