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La ricerca in Italia


Era da un po' di tempo (che, come avrete imparato, per me vuole dire solitamente svariati mesi) che volevo scrivere della ricerca in Italia. Ed ancora di più è il tempo in cui rimugino su questo problema, che passa in modo costante da emergenza ad allarme e viceversa, in funzione delle necessità.Credo che ne sappiate qualcosa, quanto meno da articoli allarmistici che a scadenza periodica (o quasi) vengono pubblicati sui maggiori giornali (essenzialmente per riempire spazi altrimenti vuoti), oppure da servizi di telegiornali o programmi d'informazione (che comunque spesso seguono la falsariga di articoli).L'Italia, statistiche alla mano, è tra gli ultimi paesi in Europa quanto a investimenti pubblici nella ricerca (peggio di noi fa solo il Portogallo, ma almeno mostra buona volontà con un tasso di crescita degli investimenti, a differenza nostra) e come presenza di ricercatori tra i lavoratori (ancora più impressionante è che l'accezione ricercatore sia diventata una professione riconosciuta e utilizzabile a livello burocratico, ovvero sulla carta d'identità, da non molti anni).http://lescienze.espresso.repubblica.it/recensione/Per_una_ripresa_della_scienza_italiana/130720Ma il problema non è solo negli investimenti o nel numero di ricercatori, è lo stesso sistema che seleziona i chi fa ricerca e attribuisce loro la meritorietà ad essere malato. In Italia vigono grandi cupole di docenti attaccati alle loro poltrone (non è un caso che negli ultimi 20 anni l'età media dei docenti si sia alzata di 19 anni, ovvero non vi sia stato praticamente ricambio con i giovani), docenti che in collusione con la politica fanno il bello e il cattivo tempo sulle possibilità dei ricercatori per uno sbocco all'insegnamento.http://cnu.cineca.it/nazionale03/alberoni.htmhttp://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=5058Da tempo immemore poi c'è la continua e infondata credenza che la scienza sia una materia di secondo piano rispetto a quelle umanistiche, e che vada salvaguardata l'eredità storica della letteratura in un evo tecnologico come questo. Il tutto però senza ricordare che L'Italia è stata parimenti patria di grandi letterati e grandi scienziati, senza comprendere a pieno che proprio per l'alto contenuto tecnologico odierno, una considerazione bassa della scienza non fa altro che limitare le possibilità delle giovani leve.http://punto-informatico.it/p.aspx?i=1921710Ma non sono qui per scrivere con pessimismo della situazione italiana, ne utilizzare l'italico benaltrismo per giustificare la nostra situazione. Nel corso del tempo mi sono soffermato a pensare se vi potessero essere soluzioni, a partire dalle cause che ho elencato (di certo non in modo esaustivo ne completo). Una soluzione che mi piacque particolarmente, per la sua sagacia e ironia (sono modesto lo so :D) è la seguente: abolizione completa di ogni finanziamento pubblico della ricerca.La soluzione sembrerebbe essere più dolorosa del male stesso, e se vi siete soffermati a leggere alcuni articoli allegati, sarete convenuti al fatto che un qualsiasi paese civilizzato, industrializzato e moderno non può esimersi dall'investire nella ricerca. Ma noi siamo in Italia. Ed è questo probabilmente il problema. Qui la leva principale per aumentare gli investimenti in ricerca non è il ritorno in termini di conoscenza, prestigio e competitività, ma semplicemente il fatto che in tutti (o quasi) gli altri paesi europei c'è chi investe più di noi.In Italia chi decide gli investimenti, e chi "governa" la ricerca, non ha interesse nel farla progredire e nel migliorare la situazione. Lo status quo è tale da auto-alimentarsi e sostentarsi in modo ottimale. L'abolizione della ricerca, e il relativo indirizzamento degli investimenti nella scuola, permetterebbe un miglioramento della formazione degli studenti (che era, e parzialmente lo è ancora, tra le migliori al mondo), fornendo così una forza lavoro dalle competenze superiori. La ricerca verrebbe portata avanti dagli altri paesi, ma da ricercatori italiani (cosa che già avviene comunemente).Sarebbe bello fare una ricerca seria in Italia, ma non ci sono i mezzi, non c'è la cultura, e non ci sono le condizioni per farla in modo efficace. E se si deve fare ricerca solo per sbandierarlo ai quattro venti, solo per appagare l'apparenza, francamente non sento il bisogno di una ricerca di questo tipo.