Creato da icy.n.deep il 14/09/2005
Lento, troppo lento è il mondo ...

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Come al solito ...

Post n°114 pubblicato il 09 Aprile 2007 da icy.n.deep
 
Foto di icy.n.deep


Come al solito, da dove abbia tratto/letto questa citazione rimane un
rebus chiuso nei miei neuroni. Ricordo che era in un test in inglese,
fatto in un momento di noia, ma altri particolari li ho persi.

Piccola considerazione
estemporanea (in pratica a metà del post digitato :) ). Stavo leggendo
un commento ad un post di una frequentatrice silenziosa del mio blog, e
mi è saltata all'occhio (per la prima volta in vita mia, a quanto
ricordo) una parola, da cui un curioso specchiarsi di significati:

 

#1 Sentimento intenso ed esclusivo verso qualcuno.
#2 Aggettivo figurativo, aspre, crudeli.
Amare
 
Mi stupisco sempre di fronte a
simili contrasti. Mi stupisco e sorrido, pensando e capendo da dove
arrivi questa piccola sosta. Ed in fondo è giusto così, mi perdo ancora
tra i profumi della primavera.


Tornando al post originale, la frase che trovai in inglese, suona più o meno così:

"I saggi sanno quello che è giusto fare. I giusti lo fanno".

Mi colpì molto, anche se poi è un sindacare sull'esatto significato delle parole. Sapere cosa sia giusto fare perde molto della sua forza, se poi non lo si fa. A prescindere dal perché.


edit: credo di odiare libero e il suo editor.

 
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Felicità, istruzioni per l'uso

Post n°113 pubblicato il 30 Marzo 2007 da icy.n.deep
 
Foto di icy.n.deep



Lentamente muore




Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità.


(P. Neruda)





Tempo fa, girando per blog (cosa che ogni tanto faccio, ma poi non così spesso) mi sono imbattuto in (guarda caso) un post. Non ne condividevo la visione, e così ne copiai uno stralcio, avendo in mente di commentare prima o poi il tutto, però non riportai l'autore/autrice (e vista la mia veneranda età e l'Alzheimer galoppante, non si può certo pensare che mi ricordi il nick in questione).






Quando si è felici molto giovani, l'unica ossessione che si ha è di mantenere questa condizione. Si vive ansiosamente con il dubbio, quasi la certezza, che le cose peggiorino. Il peggio à che le persone che si abituano a essere felici non sanno soffrire. Soffrono il triplo di chi ha già sofferto. E' ingiusto ma è così. Lo stesso avviene in amore. Si vive nella sua attesa e, quando finalmente arriva, si vive con la paura di perderlo. E dopo averlo perso, non c'è più niente da aspettare. Andare avanti è come morire. Le persone dovrebbero incontrare il grande amore della loro vita soltanto quando sono anziane. E' sempre meglio vivere prima della felicità che dopo.




Questo era quanto riportai, ai tempi. Come ho già detto, non sono esattamente d'accordo con quanto scritto. Decisamente no. Voglio dire, sicuramente per qualcuno quanto riportato sopra sarà anche vero, ma credo e spero non siano la maggioranza. E comunque non è vero, per quanto mi rigguarda. Solitamente la felicità, quando arriva, porta lontano anche la mente, e non la impegna a pensare come mantenere la condizione. E' vero che si vive con la certezza (spesso inconscia) che la felicità finirà, ma altrettanto certamente è nto che questa si rinnoverà. Quella che chiamiamo felicità ha una durata finita, ed è intervallata da fatti che sono comunque la nostra vita, che ci insegnano comunque ad essere felici (siano essi semplici passaggi, o dolori profondi).
Le persone che si abituano a essere felici nonnsanno soffrire, è vero, ma chi si abitua a soffrire non sa essere felice (e qui ne so ben più di qualcosa). Non ci si faccia traviare da quella parte della morale cristiana che ci parla della sofferenza e del sacrificio in modo spesso (forse troppo spesso) enfatizzato. Non è ingiusto, perché non sono ingiusti felicità e sofferenza, sono componenti imprescindibili della vita. Possono esserci momenti in cui facciamo (si, questa volta mi ci metto anche io) fatica a sopportare gli accadimenti, ma se si superano questi sconforti, si impara davvero molto, e difficilmente si rinnega quanto è stato.
Si vive in attesa dell'amore? Qui dovrei parlarne a lungo, perché per parte mia (ma spero di essere più chiaro in un post ad hoc) vedo che l'amore è mostrato solitamente in modo molto parziale. Si vive in attesa dell'amore, ma spesso più che aspettare il sentimento si aspettano le proprie idee, tutto quello che si costruisce con la propria mente. Una tra le cose, credo più belle, dell'amore è perdersi nell'altra persona, vivere oltre se stessi, ma un po' anche grazie e tramite l'altra persona. Non c'è paura di perdere un amore se non c'è paura nell'amare, perché lasciarsi andare completamente e amare il più intensamente possibile, quand'anche le cose non dovessere funzionare (come si suol dire), non farà morire il sentimento che c'è stato. L'amore vive sia in chi amiamo che in noi, e quando manca una delle due componenti la fiamma si affievolisce ma non si spegne, se davvero abbiamo il coraggio di credere nell'amore.
Quando si perde qualcosa cui si erano legati i sentimenti in modo profondo, è sempre (e dico sempre, indipendentemente da come poi si esteriorizzi tale realtà) una fine. Perché chi condivide molti sentimenti, ha capito e sa che ne sta donando a quel qualcosa. E se il soggetto di questi sentimenti dovesse svanire, con lui se ne andrebbe parte dei sentimenti donati, lasciando scoperta una ferita la dove è la mente incontra il cuore. Si, andare avanti è come morire, ma si va avanti, e in qualche modo (e ognuno ha il suo, anche se tal'uni non ne hanno) si supera quanto è stato. Nessuno dice che la vita sia priva di sofferenze, e non credo nemmeno sia auspicabile una vita del genere (e lo stesso vale per il converso), la vita è viva se lasciamo crescere in lei i sentimenti, la curiosità e la forza di volontà.

Io non vorrei mai vivere solamente prima della felicità, né solamente dopo di essa. So che detto da me è strano, io non sono convinto di vivere in un senso pieno. Eppure la vita non posso che pensare di viverla, prima durante e dopo, perché so (o meglio spero, convincendomene) che per chi incontrerò e per quanto passerò, vorrò andare avanti per vedere cosa ci sia domani. Quanto è stato mi fa sperare per l'oggi, e ancora più per il domani, non temo di perdere tutto, perché so che avrò la forza di ricostruire. Non temo di cercare la felicità, perché se la perderò alzerò lo sguardo e mi guarderò di nuovo intorno.

Perché la felicità a volte non è dove guardiamo, ma solo un po' più in la.

 
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Altro anno, altro giro

Post n°112 pubblicato il 25 Marzo 2007 da icy.n.deep
Foto di icy.n.deep

Beh, non c'è molto da dire. Oramai sono 27. Non so bene il perché, ma da un po' di tempo sento questo passaggio come molto forte, sottolineato. Non ven'è motivo, eppure... . Come ho detto oggi ad un amico "devo mettere la testa a posto", ovunque sia codesto posto. Devo scegliere dove andare, tracciare il futuro, ancora una volta. Qualche cosa ho già delineato e dipinto, per qualche tempo a venire. Ma credo di dover tracciare qualche linea in più, stagliare maggiormente il disegno dal fondo.

Sto imparando.

 
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To be or not to be

Post n°111 pubblicato il 20 Marzo 2007 da icy.n.deep
 
Tag: Demoni
Foto di icy.n.deep


To be, or not to be: that is the question:

Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them?


Non sono questo corpo, che vive una sua vita, semplicemente perché è lì.
Non sono i miei studi, perché di loro è rimasto poco, giusto qualche ricordo.

Non sono la mia storia, perché i secoli sono passati in un lampo, ma non è passato molto.

Non sono nemmeno il mio passato, semplicemente perché non c'è, solo un pugno di sabbia.

E neanche i miei sentimenti sono, perché loro vivono all'ombra della mente.

Potrei essere la mia mente, che cammina davanti a tutto, ma è biologicamente limitata.

Magari sono tutto questo, tutto insieme, ma io mi sento un po' oltre.

Oltre il tempo, oltre le distanze, i sentimenti ed anche la conoscenza.

Si, oltre tutto questo. Al di la di tutto c'è solo il nulla, ed è li che mi troverete.


Colonna sonora

 
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Piove

Post n°110 pubblicato il 07 Marzo 2007 da icy.n.deep
 
Tag: Vento
Foto di icy.n.deep

Oggi pioveva, e quindi ...





Piove.
Su questi monti che boccheggiano tra le nuvole, piove.
Sulle queste strade, sulle macchine e tra le pozzanghere, piove.
Sulla mia pelle, che oramai non sente più, piove.
Piove davanti ai miei occhi e piove fuori di qui,
forse anche perché di qui non pioverà mai più.
L'aria, come vischio trattiene l'energia,
tutto scema, rallenta e si ferma.
Ogni cosa costa fatica, pena e dolore,
non più azioni, ma solo fuggevoli ombre.
Non stà restando nulla,
solo record incisi nella fredda pietra,
solo dati alla deriva ma senza meta,
mentre la cecità avanza.

 
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Ancora sul clima

Post n°109 pubblicato il 19 Febbraio 2007 da icy.n.deep
 
Tag: Scienza
Foto di icy.n.deep

Come continuazione del post precedente, prima di tutto vorrei sottolineare come, nella maggior parte degli studi scientifici si noti come la temperatura media del nostro pianeta sia salita di circa mezzo grado nell'ultimo secolo. Quanto però non ci ricorda mai di far notare è che tali affermazioni sono medie, quindi non offrono molte informazioni. Per essere chiaro, un conto è dire che un dipendente ha uno stipendio di 1800 euro al mese, un conto è dire che ogni giorno guadagna 30 euro, altro conto ancora è affermare che un giorno ne guadagni 300, il successivo ne perda 270.

La temperatura media è salita di poco, quello che non si rimarca abbastanza è che i fenomeni estremi (come l'eccessivo caldo, l'eccessivo freddo, le pioggi torrenziali e i lunghi periodi di secca) stanno aumentando in numero ed in intensità, pur mantenendo "mediamente" il clima praticamente invariato.

Ma a parte questa piccola divagazione, è altro quello che volevo dire. Il pianeta subisce mi ha ricordato Helena. Si, è vero, o meglio. Il pianeta, come spesso mi piace dire, continua a girare. Gli uomini hanno la cattiva (ma di fatto naturale) tendenza ad antropizzare tutto quanto li circondi, senza soffermarsi sul fatto che l'universo non esiste in funzione dell'uomo (né il vice versa, banale forse a sottolinearsi).

Il pianeta gira, non conta quanto l'uomo lo bistratti, lo inquini (o, per contro, lo tratti bene). La paura che l'uomo ha circa "l'uccidere" la natura, non è altro (mi si passi l'eccesso, anche se riconosco che di certo non è l'unica motivazione, ma è altresì preponderante) che una proiezione della volontà di sopravvivenza. L'uomo si racconta, e si autoconvince, che la natura abbia bisogna di una aiuto, di una mano.

L'uomo non vuole riconoscere alla natura una essenza completamente distinta e distante da se stesso, non le vuole dare il "diritto" di indipendenza, la considera ancora sua schiava. Ma cio di cui l'uomo ha essenzialmente paura è che il "suo" pianeta si modifichi a tal punto da non poter più accogliere la sua specie, ha paura che l'adattarsi della natura gli sfugga di mano, lasciandolo di fronte al problema che non vuole affrontare.

Già, perché il principale problema non è l'inquinare (o meno) la terra. Il pianeta è molto più anziano (e saggio) degli esseri umani. Ha visto eventi ed ere che l'uomo nemmeno si immagina, cambiamenti e alterazioni drammatiche, che fanno impallidire quanto accade oggi. La natura non è un essere vivente, non come lo si intende. E men che meno è un essere umano. Il "problema" principale è che la natura è governata dall'evoluzione, e questa paga il prezzo dell'adattamento con le vite degli esseri viventi che genera.

Giusto per farvi capire meglio, negli anni 90 furono fatti alcuni rilevamenti vicino al fiume Pripyat (Chernobyl), scoprirono che la fauna vicino al sito non solo non era completamente scomparsa (come si credeva, visto i livelli di radiazioni letali) ma aveva prosperato per la mancanza di esseri umani. Quallo che si scoprì era che gli animali che erano nati e cresciuti in quella zona, si erano adattati molto più velocemente di quanto ci si aspettasse, avevano si una vita media più breve, ma esistevano ancora. Un altro esempio simile è dato da rilevazioni fatte in alcuni fiumi nelle vicinanze di Mosca, sempre negli anni 90. Il livello di inquinamento era talmente alto in queste acque che si riteneva impossibile vi fossero esseri viventi (per intenderci, era stato misurato un ph maggiore di 13, e la candeggina ha ph 12), e invece furono trovati pesci che, pur essendo completamente deformi, vivevano in tali acque. E si potrebbe proseguire parlando dei batteri estremofili http://en.wikipedia.org/wiki/Extremophile e di altri esseri viventi ancora.

Ma quello che vorrei far passare è che, per quanto possa stonare al senso comune, la natura non ha bisogno dell'uomo. La natura non ha bisogno di essere protetta, e non sarà certo l'uomo a distruggerla (non ne ha, non ancora, le forze, distruggerebbe prima se stesso). La natura non è ciò che vediamo intono a noi, non è una pianta, un animale, un batterio. La natura è la vita stessa, è l'evoluzione e il perpetrarsi della vita. L'adattarsi all'ambiente, quale esso sia, indipendentemente (o quasi) dal come si sia arrivati ad un certo punto.

L'uomo con la natura si comporta in modo infantile e capriccioso, come un bambino che creda il mondo giri intorno a lui. Se un bambino gioca insistentemente con un gatto, finisce per farsi graffiare. Ma un bambino non ha ancora tutte le capacità per capire quando e dove sia il limite. La natura è un sistema fisico, ha leggi meccaniche, e quindi non ha (fino a prova contraria) volontà buone o cattive, e ancor più certamente non lo è in base ad attirbuzioni dell'uomo su quello che succede al suo ambiente artificiale.

Il clima, la natura, la terra intera, non sono in pericolo. L'uomo è in pericolo, ed è una cosa molto differente. Si accetti questo semplice e disarmante fatto.

 
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Il Clima

Post n°108 pubblicato il 29 Gennaio 2007 da icy.n.deep
 
Tag: Scienza
Foto di icy.n.deep

Una definizione abbastanza generica di clima lo riporta come "insieme delle condizioni atmosferiche di una regione considerate in relazione a lunghi periodi di tempo".
Clima, termine con cui in genere si definisce la media delle situazioni
meterologiche in una date regione un determinato lasso di tempo. Questa
definizione è però ingannevole in quanto alcuni fenomeni che
determinano l'evoluzione del clima in certe regioni rappresentano degli
estremi meterologiche quindi tendono a scomparire nella media. Il clima
è in relazione alla posizione geografica, alla morfologia del
territorio e alla circolazione generale dell'atmosfera.


Classicamente si usa definire il clima attraverso due
variabili principali, l'umidità e la temperatura, e su di esse è basata
la classificazione dei diversi climi formulata da W.Koppen attorno al
1900. La moderna scienza del clima e delle sue variazioni richiede al
contrario tutta una serie di variabili che sono altrettanto
determinanti: la latitudine alla quale iniziano i ghiacci, la
nuvolosità  e la sia distribuzione in latitudine e quota, i flussi di
calore latente dalla superficie all'atmosfera, il flusso di calore
oceanico verso le latitudini, l'ammontare di anidride carbonica in
atmosfera l'ammontare di ozono.


In questo periodo, anche se la tendenza è vecchia di decenni
(e secoli, affondando fino ai tempi dei romani, e oltre), si parla
molto del clima, delle sue bizze e dei suoi rivolgimenti. Ancora
ricordo come anni fa, quando ancora non vi era certezza (o dovrei dire
maggioranza) sul perché di questi fenomeni, si caldeggiava l'idea che
il clima, come da definizione, raggruppa tempi ampli e dunque non è
relegato alle variazioni del momento. Questo è (almeno in parte) vero,
ma come i tempi a venire hanno mostrato, forse le cose sono un po' più
"complesse" di quanto si pensasse.


Il clima si potrebbe dire sia quasi un essere vivente a se
stante, e pennellando una vena polemica aggiungerei che non stia
particolarmente bene ora come ora. Ma il clima è molto diverso da ciò
che si sperimenta tutti i giorni. Cioè. Appare a tutti chiaro come,
nonostante i progressi della tecnica (computer sempre più potenti,
metodi sempre più sofisticati, maggiore tempo e risorse), le previsioni
del tempo siano migliorate solo di un poco (non parlerò dell'impatto
delle aspettative, che possono alterare significativamente quello che
si percepisce come risultato).


Il clima è un sistema fisico molto complesso, non bizzarro,
semmai molto variabile. Se fate cadere una pallina da tennis, sarà
relativamente facile stabilire a priori la sua velocità, posizione,
altezza di rimbalzo e quant'altro. Questo perché una pallina da tennis
è un sistema "semplice" (o meglio, si può descrivere in modo semplice e
al contempo relativamente fedele). Il problema del clima invece, è che
dipende da un numero sterminato di variabili, e queste possono anche
singolarmente influenzare profondamente l'andamento dello stesso.


Famosa (e spesso abusata) è l'affermazione di Lorenz "Un battito d'ali di farfalla a Tokyo può provocare un uragano a New York".
Questa sta a significare che le dinamiche del clima sono influenzate
anche da piccoli cambiamenti. Certo, l'affermazione di Lorenz era un
po' volta all'eccesso (ma potrebbe capitare), resta il fatto che i
cambiamenti del clima non sono proporzionati alle cause, nel senso che
due medesime azioni (all'apparenza uguali) possono dare due esiti
completamente differenti.


Quanto dunque l'uomo influenzi il clima è una buona domanda.
Sarebbe facile dire che sia la causa degli attuali cambiamenti, ma
ancora di più sarebbe relegargli una componente trascurabile. La
"verità" è che non è possibile stabilire con certezza ed esattezza
quanto delle attività antropiche abbiano influenzato il clima. Questo
non toglie che limitare l'impatto delle attività umane sul clima sia
una buona scelta, dettata, se non dai fatti, per lo meno dalla
ragionevolezza. Il clima ha alle spalle miliardi di anni, e noi ne
conosciamo direttamente solo una frazione infinitesima della storia.


La paleoclimatologia http://en.wikipedia.org/wiki/Paleoclimatology
ha mostrato come il clima sia molto più "imprevedibile" di quanto
pensassimo (e/o vorremmo). La cinematografia di converso ha esplorato
il filone catastrofico con più film, che spesso (a volte a torto) sono
stati bollati come allarmisti e del tutto infondati. Il problema
principale però è che in un sistema complesso come il clima, non si può
negare che possano accadere fenomeni estremi, c'è solo da stabilire in
che lasso di tempo si manifesteranno.



Ci sono più evidenze che mostrano come il clima nel futuro sarà più
caldo alle nostre latitudini, diventeremo una regione
tropicale/desertica, e di questi cambiamenti ne risentiranno sia la
fauna che la flora. Come opinione personale credo che tali cambiamenti
saranno più veloci di quanto non si immagini, e altresì non credo si
possa (né sia utile) contrastare tali cambiamenti. Concludo con una
interessante frase, che qualche tempo fa ho letto sulla rete



L'universo non ha leggi -- ha
abitudini, e le abitudini possono mutare.

 
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Wait a moment ... or maybe no

Post n°107 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da icy.n.deep
Foto di icy.n.deep

Si potrà "trattenere il respiro" per un mese? Non so, aspettare è sempre stato il mio forte(anche perché se vivi nel nulla, non fare nulla, aspettare, non è altro che la tua vita). In passato, anche non troppo recente, sono "tornato a casa" più volte, ed un mese decisamente è un'inezia rispetto ad altre occasioni. Ma. Come sempre c'è un ma, una contrappunto, una postilla. So, e l'ho imparato a mie spese, come l'attesa (specialmente nel mio caso) sia deleteria, non tanto per se stessa, quanto per quello che si perde aspettando. Già, perché nell'attesa ci si perde il mondo, le sue evoluzioni, ciò che sono le esperienze. Non volgio dirvi che l'attesa è "il male", da evitare o quanto meno ridimensionare dall'usuale. Non posso che riconoscere come l'attesa, in svariati casi, sia una leva positiva della vita. Però è difficile stabilire dove l'attesa sia una leva piuttosto che un freno, anche perché di fatto siamo (ognuno a suo modo) prodotti del nostro passato, della nostra evoluzione. C'è il libero arbitrio, ma è difficile cadere lontano dalla pianta (non impossibile certo, come sempre). Non so se attenderò, cercherò di non perdermi in altro, nella infinita curiosità, nel nulla. Cercherò.

 
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Non resta che crederci ...

Post n°106 pubblicato il 24 Dicembre 2006 da icy.n.deep
Foto di icy.n.deep

Beh, a quanto pare mi sono fregato con le mie mani parlando di Babbo
Natale. Per i grandi non esiste, per i piccoli si. Quindi esiste e non
esiste in funzione dell'età. Ma quale età? Quella anagrafica? Quella
della mente? Oppure forse quella del cuore? Insomma, Babbo Natale
esiste o no?


Ni, o forse dovremmo sperare esista, ma vredremo dopo il perché. Io non
credevo a Babbo Natale, fino a qualche giorno fa. Ricordo, in quelle
nebbiose immagini dell'infanzia, che non credetti mai, o così mi pare,
in Babbo Natale. Di certo c'era l'idea di Babbo Natale, ma con la
coscienza che non fosse lui a portare i regali. Ricordo distintamente
un vigilia quando, entrato in salotto la sera sul tardi (tardi per un
bambino, si intenda), trovai già i doni. E quando mia mamma entrò
capii, in quel solido e certo modo che la realtà è capace di darci, che
Babbo Natale erano nient'altro che i (miei) genitori. Ma non successe
nulla in me, era solo la palesazione di una idea che già aleggiava
nella mia giovane mente, cercando solo un appiglio nella realtà.


Questo "breve" raccontino era solo per mostrare, a chi si "oppone" al
rivelare ai bambini l'inesistenza di Babbo Natale, che non
necessariamente è un brusco stacco verso la realtà. Ma torniamo al
perché ora credo (o forse spero) in Babbo Natale.


Riflettevo un po' di giorni fa, scrivendo una risposta in un'altro blog
(di quei pochi che ancora seguo, a cui si potrebbe quasi dire sia
affezionato), su quale fosse il senso del Natale. Tralasciando la
componente consumistica (che è comunque innegabilmente presente, e più
o meno condivisibile), il Natale è ... beh, fare del bene verso gli
altri. Non a caso ritroviamo nel parlare comune le tipiche frasi (per
non citare libri o film) in cui si sottolinea come "a Natale si è tutti
più buoni". Questo desiderio di bontà che poi si condensa nell'immagine
di Babbo Natale (pur conscio delle origini, direi "meticce", di questo
personaggio, fusione tra tradizioni passate e necessità di marketing,
quello che ora sto trattando è il Natale, il Babbo Natale oggi
percepito).


Vogliamo Babbo Natale perché è buono, perché incarna quella bontà e
saggezza che per molti motivi è preclusa o si fatica ad esprimere
durante l'anno. Quindi Babbo Natale è la nostra volontà di insegnare e
regalare speranza ai bambini, è un modo di proiettare la nostra
volontà/necessità di bontà, senza essere esposti al giudizio morale (di
tutti i giorni) per tali azioni. Io oggi credo in Babbo Natale non in
quanto vecchietto che scende dai camini e fa regali ai bambini buoni.
Credo in lui come espressione della bontà che durante l'anno non si
esprime, credo in lui come spia della volontà dei singoli nel cercare
il buono che è nelle altre persone.


Babbo Natale quindi non scende dai camini, esce dai vostri cuori.
Ognuno di voi è Babbo Natale, e lo è tutto l'anno, ma in un giorno
particolare gli lascia campo libero per portare felicità. Dunque si,
Babbo Natale non esiste. Non uno solo, ma più di sei miliardi. A questo
punto c'è solo da sperare che esista davvero.



Buon Natale, ohhh hooo hooo

 
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T.I.T.E.

Post n°105 pubblicato il 05 Dicembre 2006 da icy.n.deep
Foto di icy.n.deep

Nemmeno un "Ci becchiamo in giro" comprensibile sono capace di scrivere, direi che questo chiarisce (o forse palesa ulteriormente) molte cose.

Beh, così è. Good Night and Good Luck ... e sogni Rosa

 
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