METAMORFOSI

Post N° 36


 Il Bruco Volante - 1 - C'era una volta un gruppo di bruchi che viveva su un albero di gelsi. Venivano alla luce dalle loro uova, mangiavano un sacco di foglie e finivano i loro giorni trasformandosi in bozzoli. Nonostante avessero una vista assai sviluppata, nessuno di loro era mai riuscito a capire da dove provenissero le loro uova né chi le producesse, ma davano per scontato il fatto di essere nati da una di quelle dal momento che vi avevano visto fuoriuscire i fratelli più giovani. Dal momento che però le farfalle deponevano le uova durante la notte non possedevano alcun indizio circa le loro origini. La verità comunque è che anche se avessero potuto vederci di notte, non sarebbero stati capaci di identificare le farfalle: i bruchi infatti guardano soltanto verso il basso in direzione della foglia che vogliono mangiare; le farfalle invece tendono a librarsi al di sopra delle foglie e raramente vi si appoggiano - e anche allora solamente in punta di piedi. - 2 - La maggior parte dei bruchi non si era neanche mai interessata di sapere da dove venissero le uova, o se magari oltre lo stadio di bozzolo ci fosse ancora vita. Erano troppo presi dal masticare le foglie più verdi che trovavano intorno a sé. Discutevano per lo più del modo di raggiungere la cima dell'albero, dove si trovavano le foglie più fresche e saporite, e si chiedevano quale fosse il percorso migliore per salire fin lassù. Di tanto in tanto poi si vedevano costretti ad abbandonare il vecchio albero di gelsi e ad affrontare un lungo e faticoso viaggio fino all'albero vicino, dove sembrava che crescessero delle foglie più verdi. In ogni caso, comunque andassero le cose sul nuovo albero, dopo una breve permanenza erano tutti più che contenti di tornarsene al buon vecchio albero degli antenati e al sapore familiare delle foglie che avevano così tanto amato. - 3 - I bruchi temevano soltanto due cose: il vento impetuoso e gli uccelli predatori. Un vento impetuoso, specialmente uno di quelli che sopraggiungono con folate improvvise, avrebbe potuto scuotere le foglie e i fragili rami dell'albero così forte da far precipitare al suolo un giovane e inesperto bruco che non avesse ancora imparato ad aggrapparsi con cura. I pochi che sopravvivevano al trauma della caduta avrebbero cercato di risalire l'albero con le rimanenti forze per riunirsi al gruppo, ma non sarebbero mai più stati quelli di una volta. Diventavano infatti dei bruchi alquanto strani. Alcuni di loro cominciavano a parlare di certi tipi di esseri fluttuanti che avevano visto librarsi nell'aria, dando loro il nome di farfalle. Ne descrivevano la forma e il colore, e il racconto risultava essere così inusuale che nessuno, neanche i bruchi più anziani, riusciva chiaramente a capire di che cosa stessero parlando. Inoltre, invece smettevano di pensar! e a come risalire fino alla cima dell'albero e cominciavano a porsi tutta una serie di strane domande quali: di che cosa sono fatte le uova? oppure: che cosa succede a un vecchio bruco soddisfatto che si trasforma in bozzolo? Gli altri del gruppo alle loro spalle li deridevano chiamandoli "i bruchi volanti". - 4 - Gli uccelli predatori di solito sbucavano fuori dal nulla. Magari uno se ne stava tutto tranquillo a masticare la fine di una succosa foglia in compagnia del suo migliore amico, quando improvvisamente se lo vedeva preso per il collo e trascinato in cielo da un gigantesco becco. Allora poteva essere certo di non rivederlo mai più. Infatti a differenza dei fortunati che sopravvivevano alle tempeste, nessun bruco aveva mai fatto ritorno dal regno degli uccelli, neanche il più furbo. Contro gli uccelli le uniche misure erano di natura preventiva. Gli anziani insegnavano ai più giovani a non farsi notare troppo. "Quando ci si appende a una foglia è meglio stare sulla parte inferiore" avrebbe detto un anziano ai suoi allievi. "Là sotto gli uccelli non possono vedervi. Però da lì sarà più facile cadere al primo soffio di vento. Come seconda regola tenete presente che verso la fine dell'albero siete più esposti e vulnerabili. Cercate perciò di rimanere dove il fogliame è più fitto, vicino al tronco". Occasionalmente uno degli allievi domandava: "E se mi andasse di salire sulla cima dell'albero per assaggiare le foglie più verdi e fresche?" "Allora devi sapere che correrai un gran rischio. Sarà più facile che tu cada, e anche che tu venga catturato da un uccello" rispondeva l'anziano. La terza regola che gli anziani ripetevano continuamente era di muoversi con lentezza. "Le foglie non scappano via, perciò ricordatevi che chi va piano va sano e va lontano". - 5 - Avi era nato da una di quelle uova grigie il cui colore già indicava che si sarebbe messo nei pasticci. La maggior parte dei bruchi nati da questo tipo di uova infatti non era riuscita a raggiungere lo stadio di bozzolo e Avi sembrava destinato alla medesima sorte - la sua prima domanda era stata: "Qual è la via più breve per arrivare in cima?" Invano i più anziani tentarono con pazienza di dissuaderlo. Avi voleva crescere in fretta e di conseguenza faceva tutti gli errori che un bruco può fare: si muoveva velocemente, mangiava le foglie in prossimità del gambo e le risaliva quasi sempre scivolando lungo la parte superiore. Semplicemente pensava di non avere abbastanza tempo per passarvi sotto. Aveva soltanto uno scopo: raggiungere la cima. Ogni bruco incontrato lungo il cammino gli consigliava di rallentare, di rilassarsi e di dare un'occhiata intorno. Ma non c'era niente da fare, Avi non dava ascolto a nessuno. Per due settimane e mezzo continuò a risalire l'albero ramo dopo ramo. Intanto le sue gambe si irrobustivano, le mascelle diventavano più forti e le unghie più affilate. Dal momento che non aveva molto tempo per mangiare e che spendeva la maggior parte delle sue energie in estenuanti marce era piuttosto magro, ma la luce del sole - che più saliva più diventava intensa - lo incoraggiava e lo spingeva a continuare. - 6 - Il fogliame si inverdiva sempre più e attraverso le foglie cominciavano a trasparire le macchie blu del cielo. Avi aveva incontrato molti bruchi che avevano risalito l'albero per metà ed che si erano fermati. Alcuni di loro si erano accontentati perfino di percorrere solo un quarto della salita; altri ce l'avevano quasi fatta ad arrivare, ma poi si erano bloccati. Per lui era davvero difficile capirli. "Ci avete messo così tanto impegno" diceva loro mentre passava, "perché non cercate di andare avanti per provare l'ebrezza della cima?" I bruchi gli rispondevano con le scuse più disparate: "Sono troppo stanco"; "Ho molta fame"; "Le foglie qui sono già le più verdi"; "In verità la cima non esiste"; "L'albero cresce troppo in fretta per le nostre capacità di risalita"... Quando Avi raggiunse la foglia più alta dell'albero, si imbattè in un bruco grigio e grasso che ne stava masticando tranquillamente la punta. "Posso fermarmi qui con te?" gli chiese educatamente. "Certo" rispose il bruco continuando a masticare la sua foglia - e quella fu la sua ultima parola. Poi velocemente e senza preavviso un grande becco nero lo afferrò e se lo portò in cielo, stringendolo mentre si dimenava. Avi si spaventò così tanto che le sue forti gambe si misero a tremare e lasciarono la presa sulla foglia - ma la leggenda dice che il becco dell'uccello aveva reciso la parte della foglia su cui il nostro bruco sedeva, la quale precipitando insieme a lui gli attutì la caduta. - 7 - Arrivato a terra, ripresosi dal colpo, cercò di capire cosa fosse successo. Sebbene fosse precipitato solo per pochi secondi molte cose meravigliose gli erano successe, e mentre cadeva la paura aveva lasciato il posto a una sensazione di grande piacere. Per prima cosa aveva visto gli altri bruchi tutti presi a mangiare a testa bassa. Gli aveva gridato di guardarlo ma nessuno lo aveva sentito: il rumore delle loro mascelle sovrastava la sua voce. Poi vide delle bellissime creature colorate che gli volavano attorno tra le foglie, strette l'una all'altra o intente a depositare le uova. "Queste devono essere le farfalle" aveva pensato tra sè. Poteva quasi giurare di averle udite parlare tra di loro, o meglio cantare, ed era stato un tale piacere ascoltare quei canti... Stava pensando: "Devo essere morto e avere raggiunto l'altro mondo" quando un forte soffio di vento sollevò per un attimo la foglia su cui sedeva riportandolo alla sua realtà di bruco grigio appena caduto dall'albero. - 8 - Dopo un lungo ed estenuante cammino - che già di per sé sarebbe tutta una storia - Avi fece ritorno alla comunità dei bruchi. Ben presto si rese conto di come tra di loro non ci fosse più nessuno con cui poter parlare. Le verdi foglie succose non gli interessavano più e nemmeno la cima dell'albero. Aveva deciso di diventare una farfalla. "Ti si è spostata qualche rotella in testa quando sei caduto" gli dicevano. "Lasciaci in pace a vai a fare il bozzolo" - sebbene quest'ultima fosse un'offesa nel mondo dei bruchi, Avi non era il tipo da prendere con leggerezza le parole dette in un momento di rabbia. Cominciò perciò a studiare il fenomeno dell'abbozzolamento. Ricordava che le farfalle assomigliavano in maniera incredibile ai bruchi, tranne che per la questione delle ali. "Non sarà che queste farfalle sono dei semplici bruchi alati?" si domandò. Il fatto più notevole di cui si rese conto sin dall'inizio dei suoi studi fu che nessuno prima di lui si era preoccupato di indagare il fenomeno dell'abbozzolamento. A nessuno era mai interessato. Se infatti avessero davvero controllato i bozzoli, si sarebbero accorti che dopo un primo momento dei bruchi al loro interno non c'era più alcuna traccia. Ma allora dove se ne andavano? Possibile che evaporassero nell'aria? - 9 - Avi prese allora la decisione di seguire un vecchio bruco per studiare il processo più da vicino. Si rese conto che il bruco diventava ogni giorno più grasso e più soddisfatto e lo sentì anche dire di essere ormai stanco di masticare foglie, anche fossero quelle più fresche che gli venivano portate dalla cima dell'albero. Infine un giorno all'improvviso il bruco decise di volersi trasformare. "È un processo naturale" disse. E cominciò a tessere il suo bozzolo. "Fammi un favore" lo pregò Avri. "Se dopo il bozzolo diventi una farfalla vieni a dirmelo, ok?". "Smettila con queste fesserie!" ribatté il vecchio bruco. "Sappiamo bene tutti quanti che con il bozzolo arriva la fine". Ma Avi continuò a pregarlo finché non gli strappò una promessa - se non altro ora poteva tessere il suo bozzolo in pace. Due giorni più tardi il vecchio bruco fu visto avvolto da un guscio sempre più spesso, e alla fine scomparve dentro un gomitolo di seta bianca. - 10 - Avi non desistette. I suoi geni grigi lo avevano fatto nascere testardo e lui avrebbe usato questa sua qualità fino all'ultimo. Sedette per giorni e notti in silenziosa attesa accanto al bozzolo, senza prestare ascolto agli amici che lo invitavano a ritornare alla vita normale. "Non trovo più il minimo interesse in questo masticare monotono" rispondeva loro, "e se sono destinato a finire i miei giorni come bozzolo, voglio almeno sapere come succederà". Dormiva a stento, preoccupato dal fatto che magari qualcosa potesse accadere proprio mentre si era assopito, e nell'oscurità della notte, quando non riusciva più a vederci, si appoggiava al freddo bozzolo di modo che qualsiasi suo minimo movimento lo ridestasse. Poi l'impensabile avvenne, proprio quando il primo seme di dubbio aveva preso a germogliare in lui e la fame aveva quasi sconfitto il suo stomaco vuoto - il bozzolo cominciò a muoversi. - 11 - La visione di una crepa che lentamente si apriva nel guscio del bozzolo lo ipnotizzò. La crepa si allargò e una piccola testa nera fece capolino dall'interno. Dopo pochi secondi l'intero guscio cominciò a scuotersi così forte che Avi si ritirò impaurito. Il guscio si ruppe a metà e un paio di ali colorate, proprio come quelle che aveva visto mentre cadeva dall'albero, si dispiegarono gloriosamente ai lati del bozzolo e battendo con leggerezza sollevarono in alto nell'aria una splendida farfalla, che subito scomparve nel cielo blu. Avi si sentì sopraffatto dalla gioia mentre il suo cuore batteva forte. Si guardò intorno alla ricerca di altri bruchi con cui condividere l'esperienza, ma nessuno dei compagni si era reso conto di niente, impegnati come sempre a masticare, a nascondersi dagli uccelli e a cercare le foglie più verdi. Aveva voglia di gridare: "Guardate, avevo ragione!" ma sapeva perfettamente che nessu! no gli avrebbe dato ascolto. Avi sentì una gran debolezza diffonderglisi per tutto il corpo. La lunga attesa, l'incredibile esperienza, la frustrazione di venire ascoltato e la solitudine avevano lasciato il segno. Perse adesione sulla foglia e alzò le mani al cielo come aspettandosi aiuto, lasciandosi cadere con assoluta indifferenza. - 12 - Quando si riebbe non riusciva a capire dove si trovasse. Udiva un canto soave che gli ricordava della prima caduta, senonché stavolta lo sentiva molto più vicino e chiaro. Le foglie gli sfrecciavano accanto, ma con grande sorpresa da sinistra a destra e non dall'alto in basso come si sarebbe aspettato. "Forse sono stato catturato da un uccello" pensò - poi cambiò subito idea, dal momento che il becco di un uccello gli avrebbe fatto male e invece non provava alcun dolore. Si guardò indietro e vide un paio di occhi che gli sembravano familiari. Ma certo, erano gli occhi del vecchio bruco che si era abbozzolato! "Te l'avevo promesso e ho mantenuto la parola" cantò il vecchio amico sorridendogli. "Perché stai cantando?" gli domandò Avi. "E soprattutto, dove siamo?" "Canto perché questa è la mia natura adesso. E tu stai volando stretto tra le mie braccia". Avi non riusciva a comprendere bene la meravigliosa visione. La farfalla allora salì verso l'alto e gli fece vedere per la prima volta nella vita come fosse il tiglio visto dal cielo. Insieme videro le parti ricche di foglie verdi e quelle mangiate, le folle di bruchi e i solitari avventurieri della cima. Videro perfino gli alberi vicini. "Dove vuoi che ti lasci?" gli chiese il vecchio bruco cantando. "Non voglio scendere!" rispose Avi, canticchiando le stesse note. - 13 - Perfino quando atterrarono sul ramo più affollato dell'albero nessuno si accorse di loro. Nelle vicinanze una farfalla femmina più anziana stava deponendo le uova. "Allora è così che succede?" domandò Avi. La farfalla femmina gli sorrise radiosa. "Che privilegio ho di parlare con un bruco" disse. "Cosa vuoi dire?" chiese Avi. "Non ho più parlato con un bruco dal giorno che ho smesso di essere una di voi" rispose lei. Avi di nuovo domandò: "Perché non portate tutti i bruchi a fare un giro al di sopra dell'albero?" "Non c'è niente al mondo che vorremmo di più" disse lei, "ma semplicemente non possiamo." "Perché allora ci avete portato me?" insistette il bruco grigio. "Perché tu volevi" rispose lei, mentre già si risollevava il volo. "Tu hai alzato le braccia perché volare era l'unica cosa che desideravi. Credevi che avresti avuto successo, perciò sono riuscito ad afferrarti per le mani - ti ricordi?" aggiunse il vecchio bruco. E volò via anche lui. - 14 - Dopo quel giorno fatale Avi volò molte altre volte. Con il trascorrere del tempo imparò vari motivi musicali e conobbe sempre più farfalle. Da ognuna di loro studiava qualcosa a proposito del loro mondo, e questo gli procurava un piacere indicibile. Quando ricominciò a masticare le foglie trovò che avevano un sapore del tutto nuovo che decise di chiamare "il gusto bersaglio". Finalmente per la prima volta in vita sua era riuscito a trovare una ragione alla monotonia del masticare: sapeva che, se avesse mangiato abbastanza, sarebbe stato abbastanza forte per volare più a lungo e che le farfalle sarebbero state molto contente di portarlo con loro negli spazi aperti. Gioiva per la gioia che lui stesso dava alle farfalle; non c'erano confini alla sua felicità. Ciononostante più il tempo passava più cresceva in lui un senso di tristezza per i compagni bruchi. "Se soltanto sapessero che cosa si perdono" pensava tra sè e sè, "solleverebbero subito la testa in cerca delle ali delle farfalle... la smetterebbero di masticare senza posa per ascoltare i canti delle creature volanti e alzerebbero le braccia senza paura di cadere, dal momento che di certo qualche farfalla li afferrerebbe prima che si schiantino a terra". La sensazione di solitudine cresceva così di pari passo alla felicità. "Sono sicuro di poterglielo spiegare" pensava. Decise dunque di accettare questa nuova sfida: insegnare ai bruchi l'esistenza del mondo delle farfalle. "Io sarò anche uno strano bruco, ma ci devono essere altri come me che sono alla ricerca di qualcosa, ma che non sanno di cosa, e che hanno la sensazione di aggirarsi come ciechi nell'oscurità. Gli mostrerò la strada. Non potrò obbligarli a camminare, ma almeno avrò fatto del mio meglio per aiutarli a scegliere la direzione se ne avranno voglia". - 15 - Alla fine anche per Avi venne il momento di abbozzolarsi. Accettò la sua sorte di bruco senza opporre resistenza, consapevole di avere soddisfatto al meglio le proprie potenzialità di bruco. Lasciò dietro di sè delle mappe dettagliate sulla struttura dell'albero e della foresta, e disegni che indicavano la via più facile e più breve per la cima dell'albero; descrisse accuratamente l'anatomia delle farfalle, il modo in cui le uova vengono deposte e come si schiudono e a tutto questo aggiunse perfino delle indicazioni per ritrovare le zone di nutrizione raccomandate e protette. Sapeva che se un altro bruco dalla volontà di ferro fosse nato, avrebbe potuto utilizzare queste informazioni per mettersi in contatto con le farfalle. Presto infatti la maggior parte dei bruchi cominciò ad utilizzare quelle mappe per trovare senza troppa fatica le zone dell'albero dove le foglie crescevano più verdi. Una minoranza le utilizzò per salire ramo dopo ramo fino alla cima. Pochi infine le lessero per studiare la struttura dell'uovo e del bozzolo, e solamente individui isolati cominciarono a domandarsi come Avi avesse ottenuto tali conoscenze, dove aveva trovato delle soluzioni così semplici a dei problemi così complessi, chi gli aveva insegnato quelle bellissime canzoni. Pensavano: "Posso entrare anch'io in contatto con la stessa sorgente di conoscenza?" - 16 - Avi fu il primo di una dinastia di bruchi volanti. Quelli che vennero dopo di lui fecero la stessa trafila, ognuno di loro rinnovando i disegni del capostipite e adattandoli ai tempi moderni. Descrivevano il mondo delle farfalle a quelli che li avrebbero seguiti soprattutto per stimolare la loro forza di volontà e per aumentare in loro il bisogno di alzare le mani al cielo senza paura. Sapevano che le farfalle amano i bruchi più di quanto questi potessero mai immaginare e sapevano che ci sarebbe stato un giorno in cui tutti i bruchi con l'aiuto delle farfalle sarebbero riusciti a volare. Allora sì che tutti, sia nel mondo dei bruchi che in quello delle farfalle, sarebbero stati felici. Tutti i bruchi volanti erano in attesa di quel giorno e facevano tutto il possibile perché questo momento si avvicinasse.  "Tutti i bruchi mangiano, ma quelli che lo vogliono possono mangiarsi tutto." Avi - il bruco volante AUTORE: Ghilad ShadmonTRADUZIONE: Gian Maria Turifonte: www.kabbalah.info