OSTERIA..

Per battermi servono catenaccio e contropiede


 Sono una grandissima faccia da schiaffi, capace in una serata d’invertire il Vostro giudizio si di me, facendolo passare da un polo all’altro. Imprevedibile faccia da furbetto, riesco a mascherare bene la mia vera identità. O, forse, posso dire che riesco a modularmi bene in base agli eventi e/o alle necessità. Uno stronzo, un figlio di
buona donna, timido quasi fino a non parlare, estroverso senza possibilità di spegnermi. Prima d’infilzare il colpo ho bisogno di studiare la preda, preda che scopre il fianco quando gioca in casa, e che difficilmente faccio vincere. Quando sono io a giocare in casa la partita è chiusa già prima d’iniziare, per me il solo fatto di giocare in casa equivale ad un eterno match-point, perdo solo se ho voglia di perdere. Difficile come pochi in trasferta, dove non ho paura di attaccare, costruire gioco e ridimensionare l’avversario. Ma ultimamente mi capita di giocare poco in casa, molto in trasferta e uscire con le ossa quasi rotte. Sto tornando coi piedi per terra, l’avversario è il più tosto mai conosciuto, si chiude catenaccio e poi contropiede. Ah, quanto rivoglio il mio stadio. C’è niente da fare, giocare in casa è sempre giocare in casa. E il mio stadio non è un campo come altri, ma è un’arena, dove l’avversario è intimorito appena entrato, stordito dal clima e spiazzato dai miei colpi. Colpi benevoli, quasi da far mettere a proprio agio l’avversario stesso, steso quasi fino a divertirsi: e se poi sono in vena, questo potrebbe lasciare il campo in lacrime. Ma, in fin dei conti, è quello che succede in quasi tutte le trasferte, dove non bisogna darmi un solo attimo di tempo, già dieci secondi potrebbero risultare fatali. E così, per battermi, servono catenaccio e contropiede, letali al mio gioco aggressivo e imprevedibile.Alessandro Marcianò, autore del blog "Osteria... del vecchio pazzo"