L’uccello e MichelleMartedì 13/03/2007 (Terça-feira)Alla mattina, per la prima volta, sento conversare in una lingua a me nota. In prossimità del mio sombrero, un gruppo di italiani di età apparente fra i 35 e i 40 anni si scambia informazioni; sono amici, di Bologna o di Modena, arrivati il giorno prima. Spuntano i turisti italiani quando per me, ormai, i giochi sono fatti ed è ora di andar via; venerdì riprenderò l’aereo per Milano. Ascolto un po’ i loro discorsi: ovviamente si consultano sulle mosse da fare, i locali da frequentare, le strategie più opportune per avvicinare le ragazze del posto. Io non mi faccio coinvolgere dalla conversazione: confermo la musoneria, la stronzaggine, la mancanza di comunicativa dei ferraresi. In realtà le persone, i gruppi mi mettono a disagio. Quando ero giovanissimo mi sentivo un brutto anatroccolo, represso e antiquato; ora che sono un uomo maturo, anche troppo maturo, mi trovo comunque sfasato rispetto agli altri: un matusalemme con l’esperienza di un adolescente. Ad ogni modo, sono già “accasato” e neppure qui, in terra brasiliana, mi sento padrone della mia vita e delle mie scelte. Il brutto anatroccolo si è infine trasformato in un meraviglioso cigno, ma solo per intonare l’ultimo canto. A metà mattina scende in spiaggia anche Bete. La praia comincia ad animarsi. Un ragazzo di Salvador che dimostra meno di 18 anni, si fa notare per la chiassosa cordialità e la caotica allegria con cui irrompe sul manipolo di italiani. Scherza rumorosamente, scoppia in fragorose risate, tira fuori a gran voce tutto il suo repertorio di parolacce e battute che ha imparato nella nostra lingua; aggiunge frasi in romanesco, un po’ da stadio un po’ da caserma. Intona a squarciagola la cantilena: “O-la-lì, o-la-là!...Faccela senti’, faccela tocca’!… Si agita passando da un sombrero all’altro. Con me sgrana teatralmente gli occhi e viene ad accarezzarmi la pancia come si fa con le donne incinte. È spiritoso ma invadente. Tuttavia sembra innocuo e penso che faccia l’amicone senza altri fini che tirar su qualche soldo dai turisti, ma Bete mi mette in guardia: dice di non dargli troppa corda perché potrebbe fregarmi in qualche modo. Alcuni metri più in là, rivedo la coppia formata dal macho locale che parla inglese e la ragazza europea: ora sono più affiatati; evidentemente hanno fatto sesso. Non c’è niente di meglio che fare l’amore per sciogliersi ed essere più spontaneo e comunicativo con una donna. Il guaio è che nella lunga fase di corteggiamento, quando assumi comportamenti innaturali e ti senti sempre sotto esame, dai il peggio di te stesso e sei scartato molto prima di arrivare alla liberatoria esperienza erotica... almeno a me capita così. Come posso esprimere al meglio le mie capacità seduttive ed essere rilassato, brillante, sensuale se mi sento come in prima linea, esposto al tiro nemico, osservato, studiato e criticato per i miei goffi approcci e colei che osserva e valuta ha in mano la mia felicità ed è arbitro del mio destino?Nel pomeriggio Bete ha qualche appuntamento con clienti e mi lascia da solo. Siamo d’accordo di rivederci in serata. Rimango a leggere e ad oziare in spiaggia. Chiudo gli occhi per fare un po’ di rilassamento, applicando una tecnica basata su immagini mentali. Improvvisamente, qualcosa di duro e appuntito mi colpisce il piede; ho un sobbalzo, più per la sorpresa che per la puntura. Un piccione si era silenziosamente avvicinato al mio piede e, come per saggiare se era qualcosa di commestibile, mi aveva dato quella beccata. Caccio via l’importuno agitando la gamba e riprendo i miei esercizi mentali. Di nuovo un altro colpetto con il becco sui miei piedi nudi i quali evidentemente emanano un odore di salmastro o di sostanza organica in disfacimento che risulta gradito proprio a quel cocciuto volatile: …de gustibus… Lo allontano ancora e mi rimetto disteso, ma con gli occhi aperti per osservare i movimenti. L’uccello mette in atto una manovra diversiva zampettando qua e là, non troppo distante dal suo obiettivo: se chiudessi gli occhi certamente verrebbe di nuovo a beccarmi. Afferro una ciabatta da mare e la getto verso il pennuto che svolazza via senza allontanarsi troppo. Provo a rilassarmi ma ormai sono deconcentrato. Il colombaccio si aggira ancora in zona. Gli lancio anche la seconda ciabatta a mo’ di avvertimento, poi mi alzo per andare a riprendere le mie armi. Mi accorgo da un certo rumoreggiare che sono osservato; i “ragazzi del muretto”, i giovani venditori che stazionano con la loro merce sul parapetto che separa la spiaggia dal viale soprastante, si erano accorti di quella scenetta comica e sghignazzavano godendosi lo spettacolo.
Post N° 107
L’uccello e MichelleMartedì 13/03/2007 (Terça-feira)Alla mattina, per la prima volta, sento conversare in una lingua a me nota. In prossimità del mio sombrero, un gruppo di italiani di età apparente fra i 35 e i 40 anni si scambia informazioni; sono amici, di Bologna o di Modena, arrivati il giorno prima. Spuntano i turisti italiani quando per me, ormai, i giochi sono fatti ed è ora di andar via; venerdì riprenderò l’aereo per Milano. Ascolto un po’ i loro discorsi: ovviamente si consultano sulle mosse da fare, i locali da frequentare, le strategie più opportune per avvicinare le ragazze del posto. Io non mi faccio coinvolgere dalla conversazione: confermo la musoneria, la stronzaggine, la mancanza di comunicativa dei ferraresi. In realtà le persone, i gruppi mi mettono a disagio. Quando ero giovanissimo mi sentivo un brutto anatroccolo, represso e antiquato; ora che sono un uomo maturo, anche troppo maturo, mi trovo comunque sfasato rispetto agli altri: un matusalemme con l’esperienza di un adolescente. Ad ogni modo, sono già “accasato” e neppure qui, in terra brasiliana, mi sento padrone della mia vita e delle mie scelte. Il brutto anatroccolo si è infine trasformato in un meraviglioso cigno, ma solo per intonare l’ultimo canto. A metà mattina scende in spiaggia anche Bete. La praia comincia ad animarsi. Un ragazzo di Salvador che dimostra meno di 18 anni, si fa notare per la chiassosa cordialità e la caotica allegria con cui irrompe sul manipolo di italiani. Scherza rumorosamente, scoppia in fragorose risate, tira fuori a gran voce tutto il suo repertorio di parolacce e battute che ha imparato nella nostra lingua; aggiunge frasi in romanesco, un po’ da stadio un po’ da caserma. Intona a squarciagola la cantilena: “O-la-lì, o-la-là!...Faccela senti’, faccela tocca’!… Si agita passando da un sombrero all’altro. Con me sgrana teatralmente gli occhi e viene ad accarezzarmi la pancia come si fa con le donne incinte. È spiritoso ma invadente. Tuttavia sembra innocuo e penso che faccia l’amicone senza altri fini che tirar su qualche soldo dai turisti, ma Bete mi mette in guardia: dice di non dargli troppa corda perché potrebbe fregarmi in qualche modo. Alcuni metri più in là, rivedo la coppia formata dal macho locale che parla inglese e la ragazza europea: ora sono più affiatati; evidentemente hanno fatto sesso. Non c’è niente di meglio che fare l’amore per sciogliersi ed essere più spontaneo e comunicativo con una donna. Il guaio è che nella lunga fase di corteggiamento, quando assumi comportamenti innaturali e ti senti sempre sotto esame, dai il peggio di te stesso e sei scartato molto prima di arrivare alla liberatoria esperienza erotica... almeno a me capita così. Come posso esprimere al meglio le mie capacità seduttive ed essere rilassato, brillante, sensuale se mi sento come in prima linea, esposto al tiro nemico, osservato, studiato e criticato per i miei goffi approcci e colei che osserva e valuta ha in mano la mia felicità ed è arbitro del mio destino?Nel pomeriggio Bete ha qualche appuntamento con clienti e mi lascia da solo. Siamo d’accordo di rivederci in serata. Rimango a leggere e ad oziare in spiaggia. Chiudo gli occhi per fare un po’ di rilassamento, applicando una tecnica basata su immagini mentali. Improvvisamente, qualcosa di duro e appuntito mi colpisce il piede; ho un sobbalzo, più per la sorpresa che per la puntura. Un piccione si era silenziosamente avvicinato al mio piede e, come per saggiare se era qualcosa di commestibile, mi aveva dato quella beccata. Caccio via l’importuno agitando la gamba e riprendo i miei esercizi mentali. Di nuovo un altro colpetto con il becco sui miei piedi nudi i quali evidentemente emanano un odore di salmastro o di sostanza organica in disfacimento che risulta gradito proprio a quel cocciuto volatile: …de gustibus… Lo allontano ancora e mi rimetto disteso, ma con gli occhi aperti per osservare i movimenti. L’uccello mette in atto una manovra diversiva zampettando qua e là, non troppo distante dal suo obiettivo: se chiudessi gli occhi certamente verrebbe di nuovo a beccarmi. Afferro una ciabatta da mare e la getto verso il pennuto che svolazza via senza allontanarsi troppo. Provo a rilassarmi ma ormai sono deconcentrato. Il colombaccio si aggira ancora in zona. Gli lancio anche la seconda ciabatta a mo’ di avvertimento, poi mi alzo per andare a riprendere le mie armi. Mi accorgo da un certo rumoreggiare che sono osservato; i “ragazzi del muretto”, i giovani venditori che stazionano con la loro merce sul parapetto che separa la spiaggia dal viale soprastante, si erano accorti di quella scenetta comica e sghignazzavano godendosi lo spettacolo.