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La leggenda dell'Autore - Editore


 La leggenda dell’Autore che volle farsi Editore Rispondo un po’ in ritardo alla richiesta di Lady Eileen di raccontare la mia esperienza di autore-editore.Quando faticosamente arrivi allo stadio in cui hai prodotto qualcosa che ritieni possa avere la dignità di uno scritto e vorresti far conoscere agli altri con un’appropriata veste editoriale – sebbene l’aver composto qualcosa in forma leggibile non faccia di te necessariamente uno scrittore – sorge un nuovo problema che avevi completamente rimosso o sottostimato: l’impossibilità di pubblicare. Non sto a dilungarmi sulle difficoltà e gli ostacoli pressoché insormontabili che qualunque “scrittore” esordiente incontra nella ricerca di un editore che trasformi il prodotto di tanto lavoro, sacrifici, tempo, passione, in un libro, il tuo primo libro.Così ho deciso di assumermi completamente la responsabilità dei miei destini letterari, fondando io stesso una casa editrice che avrebbe pubblicato prima di tutto i miei lavori, eventualmente estendendo ad altre opere e ad altri autori il suo campo di attività. Se poi le cose non fossero andate a buon fine…crepasse pure Sansone con tutti i Filistei. Ebbene, sono riuscito miracolosamente a riunire in una sola persona, il sottoscritto, quasi tutte queste figure, professionalità e competenze.Materia impubblicabile, lo ammetto, da parte di un editore moderno che riconosce dignità e soprattutto ritorno economico solo alle opere narrative, ai libri-inchiesta su argomenti di attualità o scandalistici, alla trasposizione cartacea di spettacoli comico-televisivi, o riflessioni, conversazioni, memorie, grumi autoreferenziali, apparizioni autobiografiche di vip, personaggi “divenuti” famosi e idoli delle folle.Per il mio primo libro – M@il di cuore, m@il d’amore –, l’unico, per ora, che si sia concretizzato in una più che dignitosa forma cartaceo-editoriale, dovendo necessariamente contare sulle sole mie forze e finanze, ho operato in completa autarchia. Ero “scrittore” ma dovevo anche trasformarmi in editor, curatore e correttore di me medesimo. Ho gestito da solo i rapporti con la tipografia e ho fornito i dovuti suggerimenti al grafico per ottenere la veste editoriale, l’impaginazione e la realizzazione delle copertine come desideravo, proprio come fanno le signore dell'alta società che, non avendo problemi lavorativi o economici controllano, affiancano e sovrintendono all'attività dell'architetto cui hanno affidato il compito di arredare la casa.Ma per essere riconosciuto come impresa in campo editoriale, cioè per diventare “Editore” a tutti gli effetti, dovevo iscrivermi alla Camera di Commercio, al Registro delle imprese. Ora io non avrei avuto alcuna difficoltà a fondare una Casa Editrice bonsai, ovvero un'azienda formata unicamente da me stesso, ma un inghippo fiscale me lo impediva. Infatti le mie prospettive di partenza erano più che sicure: avrei avuto, chissà per quanto, solo spese e nessun introito. Sarebbe stato logico e naturale iscriversi all'Ufficio IVA scegliendo come categoria principale le “Altre creazioni artistiche” e come attività aggiuntiva l'“Editoria”, usufruendo del regime contabile dei “minimi” che prevede appunto una contabilità semplificata per un volume di affari annuo non superiore a 30.000 €: io vi rientravo ampiamente poiché fondavo un'azienda in perdita, con spese sicure e nessuna garanzia, non dico di guadagno, ma neppure di recupero degli investimenti. Però non era possibile approfittare di quella opportunità perché, come ogni regola comporta un'eccezione, dal regime dei minimi era proprio espressamente esclusa l'Editoria, insieme con poche altre attività. Ciò forse è dovuto al fatto che ai libri in commercio si applica un'IVA agevolata (4% anziché il solito 20% degli altri prodotti o servizi) assolta direttamente dall'Editore, cioè non aggiunta al prezzo finale del libro ma “pagata” a monte dall'editore stesso. A farla breve, non potevo iscrivermi direttamente come impresa editoriale poiché in tal modo avrei dovuto tenere una contabilità ordinaria e appoggiarmi ad un commercialista-vampiro a cui avrei dovuto corrispondere, per i suoi servigi - consistenti in una specie di lista della serva, dove andavano elencati solo alcuni importi con il segno “meno” davanti e nessun segno “più”-, alcune migliaia di euro.Dopo vari ripensamenti, notando che fra le varie categorie possibili per l'iscrizione all'Ufficio IVA c'era anche la voce “Editoria Musicale”, ho scelto quest'ultimo genere di attività che mi consente di realizzare partiture, spartiti e insomma di stampare musica, oltre che, teoricamente, produrre CD audio. Ciò mi era doppiamente utile poiché io non sono solo un aspirante scrittore ma anche un musicista mancato, nel senso che non sono in grado di suonare, cantare o comporre, ma posso leggere la musica e decifrarne i simboli; inoltre possiedo un potente programma che mi permette di scrivere e digitalizzare partiture, stampare spartiti e anche memorizzarli su CD. Insomma, dispongo di tutto quanto serve per stampare musica, oltre che i libri normali, e grazie a quel escamotage superavo anche la difficoltà fiscale sopra descritta e finalmente potevo scegliere la contabilità secondo il regime dei minimi. Mi sono dilungato sugli aspetti fiscali dell'attività editoriale, ma immagino che a voi interessino di più i risvolti “romantici” e culturali della produzione di libri. Ne parlerò la prossima puntata.