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Post N° 123


 La leggenda dell’Autore che volle farsi EditoreParte TerzaChiedo scusa ai 2 o 3 lettori, neanche troppo assidui, di questo blog per la mia lunga assenza, dovuta al mio dispersivo, cronicamente congestionato e inconcludente stile di vita.Riprendo la breve (?!) storia dell’autore che voleva diventare editore, affrontando gli spinosi problemi legati alla promozione del libro - quando esso, in un modo o nell’altro,  è giunto al traguardo della pubblicazione  (anche se in proprio) - e alla sua distribuzione.Tornato in città dopo le vacanze estive, a metà luglio, quando nella indolente, torrida, assopita Ferrara tutti sono boccheggianti e sudati per l’afa e il clima equatoriale, e hanno come unico interesse l’imminente fuga al mare o ai monti, io dovevo cercare di convincere quei quattro gatti di librai che sopravvivevano solo grazie all’aria condizionata, ad accogliere qualche smarrita copia della mia opera prima fra le pile di “Gomorra”, del tomo postumo della Fallaci, dell’ultimo adescante Moccia, di “Firmino”, di Codici da Vinci, di “Solitudine dei numeri primi”, di Henry Potter e degli altri titoli più o meno meritatamente di successo che viaggiavano ampiamente sopra le centinaia di migliaia di copie vendute.Che spazio poteva mai ritagliarsi il mio povero libro, unico prodotto di editore sconosciuto, quasi un’invenzione virtuale come il suo stesso autore (il feroce Saladino) nell’interesse dei lettori? Nessuno, ovviamente: i sogni non si realizzano mai.Sapevo che sarebbe stata dura, ma non pensavo che è un’impresa quasi impossibile riuscire a farsi leggere da qualche decina (centinaia?... migliaia?...) di curiosi, ricercatori di novità, onnivori divoratori di carta stampata. Il guaio è che al giorno d’oggi non è più l’autore a fare il libro, ma l’editore che lo sostiene con il suo prestigio, il peso economico e tutto l’apparato pubblicitario che gli sta dietro. Normalmente si pensa che a colui che scrive l’opera - cioè lo scrittore o lo studioso il quale con la sua abilità compositiva, la sua fantasia, la sua preparazione, esperienza e competenza -, alla persona che ha dedicato la maggior parte del tempo e delle energie intellettuali alla stesura ed elaborazione del manoscritto, all’autore insomma, vadano meritatamente i ricavi maggiori, qualora la sua opera colga il successo. Invece, chi ci guadagna di più, se non altro in rapporto all’impegno profuso, invero puramente accessorio e senza alcun rischio d’impresa, è la distribuzione che arriva ad incidere sui costi in misura del 50, fin anche al 60% del prezzo di copertina. Il resto va all’editore – che deve però pagare tipografo, legatore, grafico, i collaboratori editoriali, lo Stato, cui lascia il 4% di Iva, i costi di promozione e di marketing; infine, forse rimane qualcosa anche all’autore, cui spettano i diritti di sfruttamento della sua opera e il cui compenso si traduce in una sorta di contributo simbolico, se è uno scrittore sconosciuto, con percentuali via via crescenti che raramente raggiungono il 10% del prezzo di copertina, nel caso di uno scrittore già affermato che ha un potenziale di vendita di decine o centinaia di migliaia di copie.Da ciò si comprende che i grandi gruppi editoriali (Mondatori, RCS, Feltrinelli) che si avvalgono di una propria distribuzione e dispongono di una rete di negozi “in franchising” dove sono proposti principalmente titoli e autori della loro “scuderia”, possano permettersi guadagni molto maggiori rispetto a chi è invece “strangolato” dai costi di distribuzione, e possono altresì investire nella pubblicità le somme risparmiate nella promozione dei loro libri, allo scopo di  stimolare e guidare la curiosità dei lettori verso certi  titoli, se possibile per renderli dei “must”, dei prodotti di cui non si può fare a meno e che è necessario conoscere, acquistare, possedere e anche, se non si vuole rimanere isolati, “leggere”.(segue)