melassa p. 100 post

  V.     I tuoi capelli sono come un campo di grano inondato di sole in cui è bello immergere le mani, per svago, come la brezza di primavera quando gioca a scompigliare le spighe.

 VI      I tuoi sguardi sono come vivificante pioggia sul mio cuore riarso.

VII.    Un tuo bacio conserverei, come sacra reliquia, nell'urna del mio cuore.

VIII.  Come lampade per la pesca, i tuoi occhi luminosi ed infidi alle acque oscure m'hanno sottratto, e sono caduto nella rete!

IX.     Languivo come un vecchio strumento scordato coperto di polvere; poi sei arrivata tu, hai sfiorato il mio corpo legnoso, tirato le mie corde, intonato sublimi melodie. Ora, fra le tue mani, sulla tua spalla, mi sento uno Stradivari.

X.      Languivo come un vecchio pianoforte coperto di polvere; poi sei arrivata tu, hai sfiorato i miei tasti, tirato le mie corde, suonato sublimi armonie. Ora, nelle tue mani, a te accanto, mi sento uno Steinway.

XI.     Ascolto la tua voce e mi sembra di udire un celestiale concento, si svela il suono delle sfere; angeliche schiere intonano dolcissime armonie: anche le corde della mia anima vibrano in sintonia con quei soavi accenti.

XII     I pastori intonano dolci nenie di Natale; tutta la gente accorre al suono delle cornamuse. Solo tu, capricciosa pecorella, non rispondi al mio richiamo.

XIII    Cristalli di neve brillano fra i tuoi capelli come stelle nella notte di Natale. Quanto vorrei che quegli astri rischiarassero per sempre il buio della mia anima.

XIV    La notte è il mio giorno, il giorno la mia notte. Al buio i miei sogni disegnano la tua immagine luminosa che i raggi del sole cancellano impietosi.

XV.   Come cavalli selvaggi, per tutta la notte, i miei sogni ti hanno inseguita. Alla luce del giorno, sfiniti, li nutro della tua immagine.

XVI.  Vorrei che il mio cuore fosse un falco o uno sparviero per rapirti, tenera colombella, e divorarti di baci.

XVII. Come un beduino mi sono smarrito fra morbide dune, percorso distese di sabbia setosa, vagato per sinuosi sentieri. Ora, esausto ed assetato, sono giunto alla mia oasi: qui alla muscosa fonte voglio ristorarmi. 

XVIII  Dalla mia nave contemplo una terra rigogliosa: morbide alture, molli rilievi, accoglienti insenature, vellutate cavità. Qui dirigo il vascello, questo è il mio approdo, qui voglio naufragare.

XIX    Le tua gambe sono le colonne d’Ercole che il mio vascello deve oltrepassare, trepido ma risoluto, per scoprire un Nuovo Mondo di delizie.

XX    Accarezzarti sarebbe come trovare l’origine dell’arcobaleno: perpetua, interminabile ricerca, infinito piacere.

XXI    Le tue gambe sono colonne del tempio di Afrodite, fra cui in vellutato scrigno sono celate sublimi delizie d’amore.

XXII.   Il tuo corpo è una preziosa ampolla, un sinuoso alambicco che, arroventato al fuoco della passione, distilla inebrianti essenze d’amore.

XXIII. Voglio annusarti come un cagnolino, poi, servizievole e fedele, dimostrarti il mio affetto e bere dalla tua ciotola.

XXIV.   Vorrei posare il capo sul tuo ventre levigato, sfiorarne con le labbra i delicati contorni, confondere i miei capelli con quei riccioli voluttuosi e qui, inappagato, rinascere e morire.

XXV.  Il tuo ventre è una tavola imbandita in cui affondano le mie labbra insaziabili; è il braciere dove i miei sensi si infiammano e si estinguono; è la setosa rena dove si infrangono ritmiche schiumanti onde di piacere.

XXVI.   I tuoi seni sono armoniose coppe ove si dissetano i miei desideri; sono molli guanciali ove riposano i miei sogni; sono colline ubertose ove brucano le mie voglie.

XXVII.  Il tuo bianco ventre è l’altare di un tempio pagano cosparso di inebrianti profumi d’incenso, per il quale si innalzano canti priapei, dove si accendono e si consumano i miei ceri in liquida fiamma di vita.

XXVIII. Oh sublimi contatti, inebriante vertigine. Oh ritmico affondare, voluttuoso piacere. Aggrappato al tuo corpo, si schiude un abisso: precipito... in Paradiso.

XXIX.   Ogni notte voglio cogliere un fiore nel tuo profumato giardino. Umide corolle, rosei petali, tenere foglioline: voglio accarezzarvi fino al mattino.

XXX.       Oh sfuggente ninfa che immergi furtiva il tuo corpo levigato nelle acque del torrente boschivo, le mie mani nodose non possono toccarti.  Potente Zeus, ti prego, lascia che il mio villoso corpo di satiro si disperda in minute gocce d’acqua per poter lambire quelle bianche membra; trasformami in tiepida brezza affinché in un caldo abbraccio le possa asciugare.

Profilo metafisico:

1.     Mi ritengo un bel uomo ma ho un pessimo senso estetico.