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RICORDO CON RABBIA
(II)
Crescevo cercando un riparo dalla mia coscienza che era in balia degli altri; mi sforzavo di interpretare ciò che loro desideravano da me, e tentavo di adeguarmi, facendo mie le loro convinzioni. Mi è mancata una persona forte in cui identificarmi.
Tu eri l’uomo forte, nonno, tu, un ardito della prima guerra mondiale, che si fregiava di numerose medaglie al valore, che aveva partecipato alla marcia su Roma nel ’22: un fascista convinto; io però a quel tempo non sapevo nulla di tutto questo e non ero in grado di capire. Più avanti trovai una fotografia che sembrava un ritratto di Hitler: lo sguardo inquietante di quegli occhi bovini, i baffetti, la divisa militare... Ma eri tu, nonno, che posavi, non per gioco, con l’aspetto del Führer. Nel ’46 credevi ancora nella monarchia e speravi nel ritorno dei Savoia. Io non ero ancora nato ma quando la mia vita si affiancò alla tua, le passioni di gioventù si erano acquietate e votavi democristiano.
Ricordo vagamente i tuoi insegnamenti, quando descrivevi i comunisti come una mortale minaccia per il Paese, gettandomi nell’angoscia per il timore che “i rossi” si impadronissero di noi e delle nostre povere cose. Rammento il tuo viso tondo e bonario simile a quello di Papa Giovanni, e il curvo profilo della pancia, quando eri disteso a letto, che saliva vertiginosamente come il binario di un ottovolante sotto la spinta del tuo robusto russare. La domenica mi portavi a messa e a volte sbadigliavi rumorosamente in chiesa: per te il rito cristiano era solo un dovere superficiale, una virtuosa abitudine da esibire come le medaglie, i nastri, le croci al merito che spiegavi sul petto, presenziando ai raduni dei reduci nei luoghi sacri della patria, il Piave, gli ossari dei Caduti, Vittorio Veneto; ma io presi sul serio, troppo sul serio le cose della religione.
Ora gli “altri” a cui dovevo ossequio e obbedienza avevano assunto il severo aspetto di un Dio che mi voleva paladino della fede, un crociato in difesa della morale, del bene, dei più elevati ideali dell’uomo e a cui dovevo consacrare la mia giovane vita.
(II - continua)
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