Attraverso

Vita ( 3^ parte )


(Vecchio quartiere di Nyborder, Copenhagen)
Guardo fuori e mi sento tradita. Ho lasciato le mie finestre di legno azzurro da cui ammiravo file interminabili di tulipani del colore degli arcobaleni di aprile. Vieni con me, mi hai detto, sposami e guarderemo tutte le sere il mare che si specchia nel cielo, vieni con me e la notte ti saprò condurre in spazi verdi e immensi come i campi in cui respiri. Ora aspetto la tua casacca da operaio svoltare da dietro la fabbrica e le tue mani ruvide e sporche di carbone. Il sorriso di ragazzo si è spento nella fuligine dei camini di questa strada, con le case tutte uguali e le misere solitudini sollevate appena da qualche lanterna rossa sul davanzale. E’ vero, qui il mare è proprio lo specchio del cielo, ma non mi hai detto come fossero entrambi grigi, gonfi e minacciosi ed i prati verdi sognati sono stati falciati dalla fatica di lavorare e di vivere lasciando al loro posto solo brevi e sterili amplessi figli del dovere e di una birra di troppo.Sono andata a pretendere le mie promesse al porto, dove un nuovo sorriso mi ha preso fra le braccia e mi ha regalato il profumo dei tulipani di primavera e del vento che disegna la prateria come le dita di una madre fra i capelli del figlio. Ho ritrovato il piacere che si mormora e si grida nel fieno, in una casa fatiscente, ma con le lenzuola nuove del mio corredo che giacevano nella cassapanca ai piedi del letto, e quando se va non gli chiedo mai quando tornerà, perché preferisco l’incertezza di un mancato ritorno al puntuale spuntare di ciò che resta di te. Ora tu sei felice e lo sono anche io e non immagini che vi aspetto entrambi sulla sedia a dondolo che culla la mia pancia piena del vostro bambino e dei miei sogni di ragazza frantumati sotto il tacco di uno zoccolo di legno. Ora non sono più sola.