Di Me

Post N° 162


Quando ci siamo incontrati, al primo sguardo, già ci conoscevamo io e te. Capii che incontrarti aveva completato qualcosa in me e pensavo tu sapessi, sentissi. Ma in una fredda stanza d’ospedale ascoltavo musica a luci spente, sola. “C’ero, ti ero vicino.” No, non c’eri, c’era la tua assenza.Quante volte ho cercato di raggiungerti, quante volte ho cercato di abbattere quel muro? Poche volte? Troppe? Dovevo forse continuare a battere i pugni su quel muro fino a farli sanguinare? Dovevo forse voltarmi, andare via e darti quella prova che ti dava ragione, che tutto sommato avrei potuto lasciarti e ferirti? Dovevo aspettare, immobile? Nessun movimento verso te e nessuno via da te, sperando che un giorno in qualche modo avresti aperto gli occhi e il cuore e mi avresti vista oltre quel muro, ancora lì? Quante volte questo gioco? Quante volte scapperai da te stesso? Da noi, da quelle verità che non sai affrontare? Quante volte abbiamo perso? Quante volte ci perderemo? Tu per non accettare la verità e io per non lasciar andare. Ora sei qui. Avrei venduto l’anima per un momento come questo, per un flash di chiara e cristallina visione, per questo momento di fiducia e onestà, per questa messa a fuoco. E fa male. Fa male guardare in questo abisso integro. Farebbe meno male se le mie azioni fossero più solide? Se amputassi la parte che duole piuttosto che curarla? La lacerazione della carne, la vista del mio sangue mi darebbero sollievo da questa prigione di mia creazione? Sei qui e ti vedo chiaramente, più chiaramente di quanto pensi. Tutto quel fumo e quegli specchi truccati ora hanno perso illusione. Vedo le tue paure, i difetti ma anche la tua tenerezza e grazia. Ascolto la verità nelle bugie che stai raccontando a te stesso; le tue difese sono crollate ed eccoti qui, esposto, umano.“Cosa vuoi?” mi chiedi. La verità. “Cosa vuoi?” Non voglio avere timore che sarai sopraffatto dalla mia risposta. Voglio essere incastrata in te, sentire il respiro che si ferma. Voglio sempre ricordare la prima volta che ti ho visto e saputo con certezza che saresti stato parte della mia vita come mai nessuno prima. Voglio questo, questa cosa senza nome che esiste tra noi sin dal primo sguardo, questa chimica, questa catena, questo conforto, questa passione, questo, tu, noi, attimi che sono tutto e niente. Voglio chiederti di toglierti un pezzo di te e darmelo in pegno; di aprire uno spazio nel tuo cuore per darmi un posto dove stare che non sia un letto; voglio chiederti di abbracciarmi con il tuo spirito e amarmi senza riserve. “Senza riserve” è fuori questione? Domani sarai ancora nudo di fronte a me, mi concederai ancora di vederti vulnerabile e senza armature? Ti farai toccare da me con qualcosa che non sia la mia pelle? Lo consentirai domani? Cosa ti è mancato di me? Il mio corpo? O il mio intelletto incisivo, la mia chiara introspezione, la bellezza del mio spirito e il fuoco nel mio animo per quella forte passione mai realizzata? Se ora ti sussurrassi i miei desideri ne trarresti forza o ti sentiresti appesantito dalla responsabilità? Se ora ti chiedessi di camminare con me fuori da queste mura, di parlarmi di te perché siamo stati distanti così a lungo e voglio riconoscerti perché non ricordo se avevamo discusso o perché, lo faresti? Io ricordo che lottavo in un groviglio di fili duri come catene per liberare il tuo cuore stretto da una morsa e aprire un varco, ricordo la perfezione di quello spiraglio e nel sapere che oggi non sono perfetta il mio ricordo di te ci rende incompatibili. Se solo ti amassi un po’ meno non mi torturerebbe la consapevolezza che tu puoi far male; se ti amassi meno potrei voltare le spalle e darti la prova che ti dà ragione; se non ti amassi non ti muoveresti dentro me come un coltello; saprei dove comincio io e dove finisci tu; se ti amassi meno forse potrei salvare entrambi. Senza rischiare ancora. Tu sai che non lascio nulla d’intentato e se ti perdo ancora nella notte la mia stessa anima sarà in pericolo perché tu sei parte di me e io sono te, il tuo riflesso nello specchio senza trucchi. Quello che ancora non sai è che non ho più bisogno di essere completata. Sono abbondante; ora tutto va lodato.In una fredda stanza d’ospedale ascoltavo musica a luci spente, sola. La punta delle dita sfogliava pelle morta sulle labbra screpolate, come petali di margherita ...c’è...non c’è;  con un sapore amaro sulla lingua aspettavo l’esito. Chi mi conosce da molto sa che le immagini e i video che allego ai miei post hanno sempre forte attinenza con quel che scrivo ma non avevo mai postato video di mia creazione, non sapevo come crearli. In questo periodo di silenzio ho provato, così, tanto per far passare il tempo e i pensieri. Il tempo è passato, i pensieri no, ma ho scoperto che mi piace molto creare video e se vuoi creare qualcosa che non sia una banale raccolta d'immagini con una canzone a caso, richiede sensibilità e creatività e mi piace questo tipo di creatività perché non è diversa dalla parola narrata.