la memoria dispersa

Ipocrisia, demone del nostro tempo


 
 Ipocrisia, che squallore. Eppure tutti ne siamo rimasti vittime o nei nostri comportamenti ci sono, o ci sono stati, inconsapevoli o meno, segni di ipocrisia. Ma perché si agisce con ipocrisia, quali sono le ragioni che ci inducono a scivolare nel fango  della finta lusinga e del falso sentimento spacciato per autentico?  Dal greco, hypokrisìa, significa fingere buoni sentimenti o virtù che non si possiedono per lo più a scopo di suscitare simpatie e consensi; il termine greco hypokrités designava gli attori i quali, per professione, fingevano sentimenti che non provavano.Non si può dire quindi che ipocrisia sia una parola coniata di fresco perché la storia e la letteratura, a partire dai tempi di Gesù che lanciava strali contro i farisei colpevoli secondo lui di non avere un’autentica fede ma di nascondere dietro regole e comportamenti di facciata grande aridità e vuoto morale, è stata sempre contraddistinta da tradimenti, congiure, inganni; basti pensare a  quelli perpetrati da Pietro e Giuda nei confronti di Gesù o all’uccisione di Cesare da parte di Bruto, per arrivare allo stesso Mussolini, tradito ed ucciso dal popolo che lo aveva osannato e idolatrato fino poco tempo prima. E in letteratura che dire di Anna Karenina  che per amore di Vronskij sfida la bigotta e ipocrita società russa fino a morire suicida o di Madame Bovary, uscita dalla penna di Gustave Flaubert che rivendica il suo ruolo di donna libera  in una società beghina e con una mentalità retriva  che pure la costringerà a un atto estremo. La figura poi di don Abbondio è  l’ipocrisia per antonomasia con le sue paure, la sua vigliaccheria, la sua piaggeria, la sua pochezza. E quanto assomigliamo a don Abbondio  nei nostri comportamenti quotidiani, quando fingiamo un sentimento che non proviamo, quando facciamo un complimento che non sentiamo, quando lusinghiamo  chi non stimiamo o invidiamo, quando diciamo in occasione del successo di un nostro “amico” o conoscente: “Quanto sono contento per te” pensando esattamente il contrario, o quando in televisione è tutto uno spropositare di complimenti falsi e menzogneri. L’ipocrisia poi,in una società tutta basata sull’immagine e la competizione sfrenata, l’inganno e  il falso buonismo sta dietro la porta.L’allargamento delle relazioni, il posto di lavoro da difendere, il politico di turno o il portaborse da adulare a fini utilitaristici, rancori mai sopiti da riscattare, frustrazioni, colleghi da incenerire, amici da scaricare, amiche da ridimensionare, si sono moltiplicate le occasioni per dimostrare sentimenti falsi, traendo soddisfazione dalla altrui disgrazia. E’ un male anche legato alla disumanizzazione dei rapporti sociali, degli  ambienti di lavoro dove i ritmi e la produttività sempre più esasperati hanno creato il terreno fertile per il divide et impera  e il  mors tua vita mea creando divisioni e fratture fra gli uomini  producendo la disgregazione e  la degenerazione delle relazioni umane diventate fragili e prive di autenticità. Gli uomini condannano l’ingiustizia perché temono di poterne essere vittime, non perché aborrano di commetterla. Platone