La fiera di Santa Caterina è la più antica della città e tra le più antiche d’Italia. Fu infatti il Patriarca Marquardo di Randeck che il 4 novembre 1380 concesse a Udine di tenere una fiera in onore di Santa Caterina, per 5 giorni dal 24 novembre in poi, ma va precisato che non si tratta dell’amatissima Santa Caterina da Siena, come verrebbe da pensare, bensì la meno conosciuta Santa Caterina d’Alessandria, martire del IV secolo che secondo il martirologio cristiano, fu decapitata da Massimino Daia per non aver sacrificato animali agli dei ed essere miracolosamente scampata ad una prima tortura.
Il dipinto di Caravaggio che la raffigura con il volto di una cortigiana è custodito nella Collezione von Thyssen-Bornemisza a Madrid. Ci infiliamo tra la gente arrivata da ogni dove per l’annuale, attesissima fiera di Santa Caterina che ancor oggi contrassegna il mio immaginario e i miei ricordi. Non sapessi che da sempre è in Giardin Grande ci arriverei a occhi chiusi seguendo solo l’inconfondibile odore delle frittelle mescolato al caramello bruciato di mandorle e nocciole. È buio ma il mondo magico delle miriadi di bancarelle illuminate è a portata di mano. Fa anche freddo e l’intensità l’avverto dal vapore del respiro che fuoriesce dalle nostre bocche e dalle mani, rigidi ghiaccioli inguantati.Ci avviciniamo a un venditore di caldarroste, il calore del braciere ci avvolge, chiediamo un cartoccio di castagne che gustiamo direttamente là, come una volta.
Intabarrata nel mio cappottino, cuffia, sciarpa e guanti guardavo il fuso di zucchero filato appena comprato mentre la lingua iniziava il suo lavoro di cesello che si concludeva sempre con un impastricciamento totale della bocca unito al moccolo del naso e alle mani attaccaticce, a testimoniare il grado di soddisfazione provato.Ho perduto il sapore del gusto impalpabile dello zucchero ma non l’emozione di quella enorme nuvola bianca. Ci confondiamo tra la gente fermandoci davanti a un scintillio di collane, orecchini e ogni genere di bigiotteria mentre una bimba in braccio alla mamma tiene stretto il suo palloncino.
“Donne, donne, ecco il panno che lavora per voi”. La voce alle mie spalle, stridula, insistente, invita ad osservare da vicino tutti i poteri magici di un semplice straccio che pulisce senza detergenti. Altre voci, altri oggetti offerti a prezzi imbattibili, megafoni per attrarre un maggior numero di persone davanti a lotterie improvvisate. E poi ancora…piante, prodotti artigianali, animaletti telecomandati a intralciare il cammino e bocche impegnate a masticare frittelle e torroni in una smorfia inconsapevole. In fondo non c’è niente di nuovo, stessi odori, stessi suoni, stessi passi, eppure è il rito che si ripete, un imprescindibile richiamo...