Ma è proprio così? Si può ancora parlare di dedizione al lavoro senza cadere nella retorica o rischiare di passare per ridicoli? E’ che al giorno d’oggi parlare di lavoro è anacronistico per le tante ragioni che conosciamo. Ce n’è sempre meno, il futuro si prospetta in salita e quando si riesce a strappare un contratto, o per un colpo di fortuna, ottenere un posto a tempo determinato o indeterminato che sia, si è troppo preoccupati per la paura di perderlo per riuscire ad attivare tutte le energie al fine di ricavarne anche una certa soddisfazione personale.Ma c’è ancora chi ha avuto la fortuna di sceglierlo, o nel caso fosse stato obbligato dalle circostanze, ha trovato mille buone ragioni per farlo bene. Chi ama il proprio lavoro non può vivere senza, è essenziale alla sua realizzazione non come persona di successo ma come persona che è assai diverso dal perseguire la carriera a costo di qualsiasi compromesso e egoismo personale.In genere non è geloso del proprio sapere ma ama trasmettere e condividere, è disponibile al confronto e al giudizio, è pronto a tuffarsi, con l’entusiasmo di un bambino, in sfide sempre nuove e stimolanti.Contrariamente a chi lo subisce, riesce anche a trovare il tempo da dedicare a se stesso, alla propria famiglia, agli altri perché ha capito che non c’è dissonanza e che una cosa non esclude l’altra. E riuscire ad armonizzare con l’ambiente di lavoro potrebbe essere considerata una strategia per neutralizzare gli effetti negativi dovuti a fatica e stress. Ha soprattutto capito che subirlo e viverlo come un peso significherebbe sottrarre a se stesso una fetta non indifferente di vita.