la memoria dispersa

AUSTERITY: OGGI COME IERI


 
 In tempi di crisi e con la benzina alle stelle il pensiero non può non andare a un non lontano passato.Erano gli anni ‘70,  precisamente quelli a cavallo tra il 1973 e il 1974.Gli echi del boom economico alle spalle,  gli anni ’80  dello yuppismo sfrenato non ancora nell’aria, si abbattè come una scure sulle nostre proiezioni in avanti, nel timore  di veder svanire l’appena percepita sensazione di benessere, quell’indimenticabile crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur che, aumentando a vista d’occhio il prezzo del greggio, fece scattare il primo SOS energetico in Europa e da noi severe misure anticrisi con la chiusura al traffico di tutti i centri urbani.Era iniziata la cosiddetta austerity  e cominciarono le nostre domeniche a piedi che si protrassero per diversi mesi  anche se, da iniziale frustrazione e attentato al nostro desiderio di libertà, quella diversa modalità di muoverci ci fece riassaporare  la lentezza di gesti e luoghi che stavamo dimenticando. Ricordo ancora quel lontano mattino in cui al risveglio mi parve di cogliere un non so che di irreale intorno a me. Dalla finestra che dava sulla strada non giungeva rumore, non un clacson, un rombo, una frenata. Tutto era immobile e paradossalmente quel silenzio imposto, da inquietudine iniziale lasciò spazio per nuove esplorazioni interiori costringendomi a fare i conti con una insolita  realtà.Uscii per rendermi bene conto del cambiamento, la  mente già pronta a coglierlo in un gatto  che attraversava tranquillamente la strada, nei ragazzi che giocavano al pallone  in piazza e nelle tante biciclette, padrone assolute dell’asfalto mentre zigzagando tracciavano ghirigori impossibili soltanto il giorno prima. L’aria era più pulita e respirabile, o forse era solo una sensazione percepita  dall’assenza delle macchine, incolonnate  nei parcheggi, ai lati delle strade. Fu la prima volta che col moroso di allora feci una “passeggiata” a piedi di una decina di chilometri  scoprendo o riscoprendo ciò che l’automobile, sempre più considerata  mezzo di evasione e oggetto di riconoscimento sociale aveva relegato in un cantone modificando le nostre abitudini e incanalandoci verso quella perversa schiavitù che, quando non necessaria, ieri come oggi ci rende prigionieri di bisogni fasulli.Ed eccoci qua, con gli stessi problemi di allora, forse un po’ più disincantati, senz’altro più consapevoli che la crisi in atto non sarà momentanea e che il caro benzina continuerà a salire e che…forse, è anche il momento di tornare indietro per andare avanti.