la memoria dispersa

VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE


 
Anna Karenina Ho appena letto: “Viaggio al termine della notte” il capolavoro di Celine, grande scrittore francese malversato  in Patria, apparentemente per le idee di collaborazionismo e antisemitismo che gli venivano rivolte e per l’aura di maledettismo che aleggiava intorno alla sua figura, in realtà per la carica di verità che percorre interamente   il suo  “Viaggio” e  che è un’analisi spietata delle  miserie dell’uomo e della società in cui vive. Un viaggio allucinante in cui la parola speranza non esiste annullata da pagine  in cui l’esplorazione dell’animo umano è una drammatica corsa verso il nulla.Romanzo largamente autobiografico perché narra le vicende del dott. Bardamu/Celine a contatto con una realtà agghiacciante a partire dagli orrori della guerra in trincea e dell’esperienza coloniale in Africa alla quale seguì  il lavoro in America, presso la grande  Ford a Detroit, simbolo del capitalismo e sogno americano.   Un breve intermezzo d’amore a New York, unica isola felice nella vita del protagonista, poi la professione di medico esercitata nella periferia di Parigi, medico dei poveri dei quali mostra la faccia più disperata ma anche la più disgustosa. Povertà e sentimenti sordidi e abietti  si fondono in una lucida rappresentazione della realtà alla quale non sfugge  la ricca borghesia parigina, ipocrita e amorale.Analisi spietata dicevo in cui l’uomo, vivisezionato,  viene mostrato nudo in tutta la sua miseria sia materiale che spirituale e non c’è pietà, né disincanto nel dire le verità che non vorremmo sapere né vedere ma che purtroppo ci sono. La sua è una riflessione profonda sui “perché”  della vita e soprattutto su come viene “violentata” dall’uomo diviso nelle varie gerarchie.  Cinico e dissacrante  anche quando suscita una risata o una lacrima, si ha la sensazione di vivere un incubo e si vuole arrivare alla fine della notte per sentire una nota positiva, ricevere una rassicurazione che non ci sarà. Ci sono pagine di una crudezza che rasenta il nihilismo più assoluto  …Quel che è peggio è che uno si chiede come l’indomani troverà quel po’ di forza per continuare a fare quel che ha fatto il giorno prima e poi già da tanto tempo, dove troverà la forza per quelle iniziative sceme, quei mille progetti che non arrivano a niente, quei tentativi per uscire dalla necessità opprimente, tentativi che abortiscono sempre, e tutti per arrivare a convincersi una volta per tutte che il destino è invincibile, che bisogna sempre ricadere ai piedi della muraglia, ogni sera, sotto l’angoscia dell’indomani, sempre più precario, più sordido…  ma altre in cui ti sorprendi che sia lui, Celine, a scriverle come quelle rivolte a Molly, la donna da lui amata, un passo di rara bellezza in cui ti chiedi  come sia possibile che nell’animo umano possano albergare contemporaneamente due modi così contradditori di concepire la vita.  ...“Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l’amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo. Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo! Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per me almeno vent’anni ancora, il tempo di arrivare alla fine. Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d’America”. ...