la memoria dispersa

UN VIAGGIO CHIAMATO AMORE


"...Forse Dino fu l'uomo che più amai..." "...Tutta la sera m'è ondeggiata alla memoria, l'immagine di lui, della  sua pazzia, e di quel altipiano deserto, in quelle prime poche notti  estive del nostro amore che son rimaste le più pervase d'infinito ch'io  abbia vissuto..." (Diario di una donna) Sibilla Aleramo   
 Non si saprà  mai se quello tra  Dino Campana e Sibilla Aleramo fosse vero amore o la spinta di una forza autodistruttrice che li legò per due brevi, intensissimi anni,  fino a quando Campana, preda della malattia mentale, venne definitivamente internato in manicomio dove concluse giorni e tormenti.Su questa breve ma tempestosa relazione si è molto discettato e altrettanto fiorito ma nessuno è riuscito a cogliere fino in fondo gli impulsi passionali che spinsero i due amanti a folli carteggi amorosi dove desiderio e respingimento diventarono   un gioco al massacro tanto più sottile e crudele  quanto più lusinghe, botte e insulti  si alternavano in un crescendo continuo fino al successivo incontro scontro.  
                                                       Egon Schiele "L'abbraccio" (1917)Nel progressivo inesorabile peggioramento della malattia di Dino, una forma di pazzia dovuta alla contrazione della sifilide per i suoi tanti contatti mercenari, contribuì senz’altro il bisogno di protagonismo assoluto di Sibilla, donna bellissima, eccessiva,  che si servì della sua seduzione come arma di riscatto nei confronti di una società ipocrita e beghina sullo sfondo di un  inizio novecento caratterizzato dai nascenti fermenti sociali che di lì a breve sarebbero sfociati nella grande guerra. Lei fiera e altera con un insopprimible desiderio di uscire dai confini di un ambiente gretto e meschino reagì a una violenza subita a soli quindici anni ribellandosi a regole e convenzioni che la vollero sposa dell’uomo  che aveva abusato di lei.  Esordì  nel 1906 con  il romanzo autobiografico Una donna che la consacrò come scrittrice ma  definirlo romanzo è riduttivo in quanto  apparì sin da subito un accorato appello, il manifesto di un femminismo ancora in germe della quale lei fu antesignana diventando un punto di riferimento nella lotta per l’emancipazione femminile.Per cercare di capire almeno in parte le motivazioni di questo incontro, per tanti aspetti devastante, occorre   fare riferimento al periodo storico e letterario in cui i due  vissero e consumarono la loro storia d’amore.Entrambi provenienti da ambienti provinciali, dotati di grande talento letterario si cercarono, o meglio lei cercò lui incantata   dalla sua vibrante poesia e  già il primo incontro si rivelò un’attrazione fatale”.Vogliamo intanto vederci per un giorno a Marradi? –Se non v’annoia troppo, se non siete troppo lontano. Io potrei venire, mettiamo, mercoledì o giovedì, col primo treno (8,55) e voi dirmi dove m’aspettereste. Credo che ci si riconoscerebbe facilmente. Mi racconterete a voce quali altri tic bisogna perdonarvi, oltre a quelli che bisogna ignorare. Uomo diffidente! Sibilla”Dino Campana che nei Canti Orfici, aveva raggiunto   punte di lirica altissima non ebbe mai  la fama che forse lui si aspettava e viveva questa sua condizione di emarginato con estrema frustrazione  accentuata anche da segni di irrequietezza  che forse furono  la cifra distintiva della sua purissima poesia.Sibilla fu la sua prima donna, non aveva amato nessuna come lei e cadde sotto il peso di un amore che la sua instabilità psichica  e l'incontrollabile gelosia gli impedirono di vivere.Questo  viaggio chiamato amore  affidato a un carteggio di cui Sibilla  autorizzerà la pubblicazione solo due anni prima di morire percorre tutte le fasi del loro delirio amoroso in quel  rincorrersi forsennato su e giù per la penisola a testimoniare la potenza di un amore idealizzato e che entrambi cercavano, affamati di emozioni  forse come compensazione alle tante sconfitte della vita.  
  In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le sue rose erano le mie rose Questo viaggio chiamavamo amore Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose Che brillavano un momento al sole del mattino Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che non erano le nostre rose Le mie rose le sue rose. P.S. E così dimenticammo le rose. Dino Campana a Sibilla Aleramo, 1917
 Chiudo il tuo libro, snodo le mie trecce, o cuor selvaggio, musico cuore... con la tua vita intera sei nei miei canti come un addio a me. Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli, meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo, liberi singhiozzando, senza mai vederci, né mai saperci, con notturni occhi. Or nei tuoi canti la tua vita intera è come un addio a me. Cuor selvaggio, musico cuore, chiudo il tuo libro, le mie trecce snodo.(Sibilla Aleramo a Dino Campana, Mugello, 1916)