la memoria dispersa

Potere...per il potere


"Mi sono molte volte domandato: da dove nasce in un uomo la vocazione a governare? Che modalità ha, che necessità ha, tale vocazione? Assomiglia per caso a quella del recitare, dell'inventare, dello scrivere, del giocare al calcio ecc.? Non sono riuscito a darmi alcuna risposta. La vocazione al governare resta, di per sé, un enigma. Almeno per quanto riguarda la mia esperienza pratica e storica in Italia. Ma il governare è un fenomeno strettamente legato, anzi, incorporato, con un altro fenomeno: quello del detenere il potere. A mio avviso, dunque, la pura e semplice vocazione al governare, in Italia, almeno, non esiste: ogni vocazione infatti presuppone una qualità, un talento, senza il quale essa semplicemente non ci sarebbe se non come puro velleitarismo, subito vanificato al primo contatto con la realtà. Una vocazione che invece esiste indubbiamente in Italia, è la vocazione a detenere il potere. Cosa purtroppo resa attendibile e verificabile da tutti i vantaggi che dal detenere il potere derivano (manipolazione di molto denaro; clientele; sicari). Quindi, a quanto pare, in Italia il governare altro non sarebbe che una noiosa, sgradevole incombenza che deve assumersi chi vuole detenere il potere."   Pier Paolo Pasolini,  "Lettere Luterane", 1975  
 Non c'è molto da obiettare su questo pensiero  espresso da Pasolini che ha centrato un problema che ieri come oggi non ha visto cambiare di una virgola il concetto di potere inteso unicamente come bisogno di affermare la propria vanità spacciando per "causa", sentimento nobile al servizio di un'idea o di un Paese,   il perseguimento di fini e obiettivi di tutt'altra natura  alimentati  da un agito senso di onnipotenza che liberando coscienze e mani si fonda  sull'apparenza nutrita di discorsi demagogici  "efficaci" ai fini di consolidare il consenso. Lo diceva anche Andreotti che "Il potere logora chi non ce l'ha" e in questo suo  chiamiamolo aforisma  c'è tutta la distorsione del vero significato che dovrebbe avere l'esercizio della politica quando per esercizio s'intenda vocazione. Ma come possono convivere passione, fede politica, lungimiranza con l'incapacità di prendere le distanze da sé stessi cadendo nella trappola dell'io, che ponendo    sé in primo piano allontana  e annulla il primitivo proposito di adesione a un ideale con  quello spirito di servizio che  aveva animato l'iniziale ingresso in politica? È questo il paradosso al quale assisitiamo da sempre, spacciare per potere reale a beneficio delle masse l'apparenza del potere strappato e millantato attraverso i mille rivoli di una coscienza ormai contaminata dal godimento del potere fine a se stesso.