la memoria dispersa

TEMPO DI FESTIVAL


 Ieri sera ho visto  un pezzo del Festival di Sanremo che da tempo immemore per qualche giorno paralizza e focalizza l'attenzione  su quella che è diventata la caricatura di sé stesso, non riuscendo da decenni ormai a ricreare quell' interesse  e quella magia che una volta coinvolgeva in uno spontaneo rito collettivo bambini, adulti e anziani che trovavano in canzoni ingenue e dall'imprinting melodico  la spensieratezza di un periodo  che si profilava denso di promesse. Ricordo che in quei giorni l'Italia si radunava davanti alla televisione in febbrile attesa di quello che veniva considerato un evento, vissuto nel dettaglio attraverso riviste che già un mese prima si sintonizzavano sul carrozzone festivaliero riportando biografie, testi delle canzoni, pareri e pronostici. L'eco perdurava  a lungo  e le tante  hit Parade ci bersagliavano  per mesi con i motivi più orecchiabili. Erano i tempi delle canzonette ma anche  i cantanti d'autore, ce ne furono tanti, da Giorgio Gaber a  Gino Paoli, da Luigi Tenco a  Sergio Endrigo non disdegnavano quella vetrina  che quasi mai decreteva la qualità della musica rispondendo soprattutto a criteri di "leggerezza". Ci furono gli anni della crisi in quanto la musica tradizionale, melodica non rispondeva più ai gusti e al sentire delle nuove generazioni attratte da altri modelli musicali, cantanti e gruppi per lo più inglesi e americani. I tempi erano maturi per  una rivoluzione musicale che creò una frattura sempre più netta tra il solito "festival" rimasto mummificato alla linea melodica e nuovi fermenti,  avanguardie, musica d'autore sempre più vicina ai nuovi gusti del sentire. Ma nonostante il festival abbia perso appetibilità e soprattutto fasce d'ascolto in questo divenire irreversibile dei generi e gusti musicali si continua a proporlo come allora. Cambiano i presentatori, le vallette, gli ospiti e superospiti internazionali, c'é chi ne approfitta o se ne serve per lanciare messaggi a sfondo sociale o per sublimare la fratellanza tra i popoli, il fashion impera tra lustrini e abiti firmati, commentatori e osservatori ne parlano come fosse l'argomento principe  e unico  ma a parte i cachet milionari resta un prodotto sopravvalutato e fenomeno da analizzare anche perchè, a distanza di qualche giorno, entra nel dimenticatoio, come tutte le storie senza storia.