la memoria dispersa

VITA


   
 Nonostante tutte le perdite e le privazioni che ho subito, io amo ardentemente la vita, amo la vita per la vita e, davvero, è come se tuttora io mi accingessi in ogni istante a dar inizio alla mia vita […] e non riesco tuttora assolutamente a discernere se io mi stia avvicinando a terminare la mia vita o se sia appena sul punto di cominciarla: ecco il tratto fondamentale del mio carattere; ed anche, forse, della realtà. Fëdor Dostoevskij, Quaderni e taccuini Per amare la vita così tanto bisogna averne consapevolezza ma la consapevolezza nasce col tempo ed è disseminata di errori, strade sbagliate e rinascite. Peraltro non si può rinascere se non si è prima morti, è dalle nostre ceneri che risorgiamo e può avvenire molte volte nella vita. La capacità di rinascere non è così automatica, è una vocazione e la dice lunga sul nostro carattere e capacità di soffrire. Sì, soffrire perché è dalla sofferenza e nella sofferenza che troviamo il nostro vero io, non possiamo bleffare davanti al dolore nostro e/o di chi ci è caro, ed è forse l’unico momento in cui raggiungiamo la nostra vera essenza. Percepire la sofferenza come un indispensabile passaggio verso nuove aperture è un’intuizione che non tutti hanno, è un atto di coraggio che ci traghetta verso un rinnovamento continuo, alla ricerca di noi che è poi la ricerca della bellezza. Siamo avidi di bellezza ma non la troviamo quando ci siamo immersi. È come avvicinarci a una tavola imbandita a pancia piena, calpestare la monotonia di un tripudio di fiori, percorrere, usati, stanze principesche. La bellezza la troviamo quando rischiamo di perderla, quando il cielo si offusca all’improvviso e baleniamo in tempesta e può avvenire in qualsiasi momento della vita. È un’opportunità che ci viene offerta ed è da come reagiamo che possiamo misurarci e scoprire la nostra cifra. La vita non è fuori, è dentro di noi. Se riusciamo a raggiungerla intimamente, non c’è età in cui non si sia pronti ad affrontarla...a venti come a quaranta, ottant’anni. Bella, a questo proposito l’immagine di Santiago, il vecchio pescatore di Hemingway che trova, pur nella sconfitta, in quel pesce spolpato di cui gli resta soltanto la carcassa, la vittoria di aver tentato, di essere riuscito a dare ai suoi giorni dignità e senso.