la memoria dispersa

Riflettendo...


 
Foto Richard Tuschman  Siamo qua, al lavoro, in strada, in viaggio, al bar, a teatro, con amici, familiari, a casa, al supermercato... Scriviamo, parliamo pensiamo, facciamo, diciamo, operiamo in maniera automatica rimandando sempre il contatto con la parte più profonda di noi. La temiamo, abbiamo paura di cosa potrebbe dirci, così meschini, accomodanti, schiavi, continuamente in bilico tra autenticità e ipocrisia, ritenendola spesso un'esigenza di vivibilità quando non di sopravvivenza. Vogliamo, non vogliamo, smorzati sul nascere di una sincerità che cozza contro muri di convenienze più o meno facili, pilotando e uniformando la nostra vita, una sequenza infinita di codici e regole che seguiamo nella finzione di noi stessi. Ma arriva il momento in cui ci troviamo faccia a faccia con gli inquilini scomodi che ci abitano, può essere un attimo, un'intuizione ma sentiamo il bisogno di scrollarci di dosso l'immagine che ci portiamo dietro costruita a misura del mondo, una recita infinita a cui viene a mancare improvvisamente il copione. In quell'attimo, nudi, scoperti, vulnerabili, o annaspiamo alla sua ricerca nel tentativo di riagguantarlo e con esso sicurezze e terreni conosciuti, o ce ne liberiamo recuperando la nostra vera identità, ben sapendo che la libertà ha sempre un prezzo.