la memoria dispersa

L'altrove atteso


Un post che mi rispecchia di qualche tempo fa... 
dipinto - Malcom Liepke Alice rise: «È inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.» «Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina. «Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.»Lewis Carrol, Alice nel Paese delle Meraviglie.Mi ha sempre fregato l'eccessiva fiducia negli altri. Avrei potuto credere che la terra fosse quadrata se me l'avessero argomentata con un po' di maestria.È che anche davanti all'evidenza dei fatti ho spesso creduto a chi fosse in grado di sfatarli, o a chi, con capacità affabulatorie, riuscisse a convincermi del contrario.Se poi le situazioni mi coinvolgevano dal punto di vista affettivo la cosa si faceva ancora più complicata perché non c'era precauzione, perplessità, resistenza così tenaci da far crollare anche le dichiarazioni più inveritiere o autentiche boutade.Con questo non voglio definirmi sprovveduta o quantomeno poco accorta ma sono cresciuta con un approccio positivo nei confronti di chicchessia tanto d'aver sentito il bisogno di sbarazzarmi quanto prima di quella normale dose di diffidenza di cui tutti siamo muniti considerandola quasi un'offesa, un attentato alla indiscussa onestà sulla parola dell'interlocutore di turno.Ho sempre creduto che parole, sguardi, promesse, vigorose strette di mano fossero granitiche certezze, sì da dare un senso alle relazioni e forse il mio difetto più grande ancor oggi è quello di credere nella reciproca intensità dei rapporti e buonafede delle intenzioni. Mi riesce difficile staccarmi da ciò che ho amato, persone o cose, le considero mie, perché i sentimenti, le emozioni, i pensieri, le attenzioni che hanno catturato anche solo per un attimo il mio cuore, non sono qualcosa di cui potersi sbarazzare con la facilità di un vestito smesso.È così che, a forza di scontrarmi contro una realtà spesse volte mistificatrice, ho ripensato e dovuto ripensarmi, anche se non è facile riuscire a rinunciare a se stessi, a quell'ingenuità fanciullesca alla Candide per intenderci, che mi spinge ancora oggi a guardare il mondo con disincanto, sforzandomi di trovare una dimensione che mi proietti in un altrove dove poter far convivere le mie idealizzazioni con una realtà più prosaica.