la memoria dispersa

Sulla morte...


Sempre a proposito di morte e delle riflessioni che mi sento di fare, leggendo Norwegian Wood di Murakami mi rimase impresso questo brano:...fino ad allora io avevo sempre considerato la morte come una realtà indipendente, completamente separata dalla vita. Come a dire: » Un giorno prima o poi la morte allungherà le sue mani su di noi. Ne consegue che fino a quando ciò non avverrà essa non potrà toccarci in alcun modo». Questo mi sembrava un ragionamento assolutamente onesto e logico. La vita di qua, la morte di là. Io sono da questa parte, e quindi non posso essere da quella. Ma a partire dalla notte in cui morì Kizuki, non riuscii più a vedere in modo così semplice la morte (e la vita). La morte non era più qualcosa di opposto alla vita. La morte era già compresa intrinsecamente nel mio essere, e questa era una verità, che, per quanto mi sforzassi, non potevo dimenticare.. Perché la morte che in quella sera di maggio, quando avevo diciassette anni, aveva afferrato Kizuki, in quello stesso momento aveva afferrato anche me.Leggendo questo stralcio di Norwegian Wood di Haruki Murakami ho rivissuto un momento identico, quello della consapevolezza della morte. Avevo diciassette anch'io quando fissando l'immobilità innaturale di un amico schiantatosi con l'auto contro un guard rail, capii che quella morte mi apparteneva. Fu come una rivelazione. Non era la morte giusta, prevedibile, lontana che avevo vissuto al capezzale di mio nonno ma era arrivata come una frustata, scompigliando quella percezione d'immortalità frantumatasi all'improvviso. Vita e morte camminavano assieme e si compenetravano a vicenda.Mi sentivo tradita e piansi come su una promessa mancata.