Fiom Berco

Fiat, la lettera di un’operaia iscritta alla Fiom: “Per questo resto esclusa”


Mi chiamo Carmen Abbazzia, ho 39 anni, sono/ero, operaia carrellista, reparto logistica della Fiat di Pomigliano. Ho sempre amato il mio lavoro. Era dura, turni massacranti a guidare il carrello elevatore sulla catena di montaggio e caricando e scaricando camion. Sono stata assunta nel 2002 e non ho mai subito un provvedimento disciplinare, ho avuto un solo infortunio: un carrello mobile che mi ha fratturato il naso. La vita era dura anche allora senza un marito e i genitori e tre figli da allevare. I 1.800 euro di straordinari erano una sicurezza che oggi ha lasciato posto all’angoscia di dover sopravvivere con 800 euro di cassa integrazione. Con un affitto di 550 euro, restano 250 euro per campare. E tutto questo perché sono iscritta alla Fiom e ho votato no al referendum sul nuovo contratto di Pomigliano. Da quel giorno non ho più fatto una sola ora di lavoro. I miei due figli più grandi hanno abbandonato gli studi per contribuire con 20-50 euro a settimana a mettere assieme il pranzo con la cena. I professori della più piccola, che fa la terza media, continuano a chiedermi di comperarle i libri perché le fotocopie non possono bastare. Ma i soldi non li ho. Non posso cercarmi un altro lavoro, perderei la cassa integrazione.Ma non cederò al ricatto di strappare la tessera perché vorrebbe dire smettere di essere un esempio di dignità e coraggio per i miei figli. Mi batterò come una leonessa perché mia figlia possa continuare ad andare a scuola. Mi sono rivolta all’assistente sociale della fabbrica, l’ho supplicata di far presente alla direzione la mia situazione. Ma niente. Sono tornata e lei, un po’ imbarazzata, mi ha risposto che avevo ragione, ma non si erano presentate occasioni per favorire la soluzione del mio caso. Sconvolta le ho replicato: “Mi prende in giro? Io sono una carrellista e posso garantirle che molti miei colleghi lavorano costantemente, la smetta di raccontarmi balle. È forse la mia iscrizione alla Fiom il problema?”. Lei ci è rimasta di stucco: “Ah. Ecco perché non ho avuto risposte dalla Direzione, lei saprà che questo è un problema”. Ho perso il controllo: “Ma come io vengo per avere aiuto e lei giustifica la discriminazione che l’azienda nei miei confronti, solo perché sono una tesserata Fiom”. Poi battendo i pugni sulla scrivania: “Io da qui non mi muovo, lei mi deve far parlare con il Direttore. Sono sempre stata un’operaia modello veramente e questo lo sapete, ma non mi richiamate perché mi ostino a tenere alta la testa!”. La risposta è stata: “Le prometto che la farò parlare con il direttore”. Sto ancora aspettando. Sono tornata a casa come se mi avessero infilato una lama di coltello nel cuore e sfinita mi sono buttata sul letto. Per i miei figli sono la colonna portante di una Chiesa che se crolla viene giù tutto. Ma strappare la mia tessera in cambio del lavoro comprometterebbe il futuro dei miei figli come uomini liberi* operaia in cassintegrazione dello stabilimento Fiat di Pomigliano da Il Fatto Quotidiano del 7 febbraio 2012 * questa lettera la dedico ai delegati Fim-Cisl della Berco !*