Flavio Scutellà

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Morte Flavio Scutellà: il pg chiede conferma delle condanne emesse in primo grado
Mercoledì 09 Aprile 2014 14:06
di Angela Panzera - “Mio figlio Flavio è stato venduto per trenta denari. Mi auguro che la Corte d’Appello abbia un rigurgito di coscienza e ribalti quell’obbrobrio di sentenza di primo grado”. A parlare così è Alfonso Scutellà, padre di Flavio, il ragazzino originario di Scido deceduto all'ospedale di Reggio Calabria, il 29 ottobre 2007, dopo tre giorni di coma e vittima presumibilmente di un eclatante caso di malasanità calabrese. Il processo di secondo grado è approdato oggi in Corte d’Appello. I fatti risalgono al pomeriggio del  25 ottobre 2007 quando Flavio dopo aver finito i compiti va a giocare con alcuni amici, ma cade da una giostrina e batte forte la testa. Giungerà nel pomeriggio all’ospedale di Polistena dove la TAC diagnosticherà un ematoma sottodurale. Otto millimetri appena, ma va portato subito in un ospedale. Nessuno dei sei  ospedali che insistono nel territorio della Piana, lo può ricevere. Nessun ospedale, secondo quanto emerso dall’istruttoria dibattimentale, lo vuole. Non si trova un posto per Flavio, che sta morendo. Vibo, Lamezia terme, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria dicono di no. Forse lo può accettare Messina, ma Flavio inspiegabilmente in Sicilia non arriverà mai. Il Signor Alfonso Scutellà giustamente perde la pazienza, chiama la Polizia, che interviene, e improvvisamente il posto a Reggio Calabria spunta fuori. Adesso però, manca l’ambulanza. Una tragedia dietro l’altra, un ritardo dietro l’altro. Flavio finalmente sale su quella ambulanza, ma chi è la guida non lo porta subito agli Ospedali Riuniti reggini; imbocca lo svincolo di Gioia Tauro. È finito il turno di lavoro e l’equipaggio che trasporta Flavio pare che si sia fermato per dare il cambio agli operatori. Finalmente il ragazzo giunge intorno alle ore 21.00 a Reggio Calabria, ma ancora non è chiaro il perché ,nonostante il sua ematoma abbia triplicato le dimensioni, in sala operatoria verrà portato solo all’una di notte. Flavio Scutellà morirà il 29 ottobre dopo tre giorni di coma. Subito i genitori denunciano il caso all’autorità giudiziaria. I tempi della giustizia sono decisamente lunghi. Sul banco degli imputati salgono 11 persone fra medici ed infermieri in servizio agli ospedali di Polistena, Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria che all’epoca dei fatti si occuparono della situazione medica del ragazzo. Dopo oltre 4 anni dalla morte di Flavio, l’undici luglio del 2012 il giudice monocratico, Angelina Bandiera, condanna per omicidio colposo Antonio Leali e Pietro Tripodi ad anno e otto mesi di reclusione, Giovanni Plateroti ad un anno e sei mesi e Francesca Leotta ad  un anno di carcere. Tutti i condannati sono i medici che prestavano servizio presso l’ospedale di Polistena. La sentenza di primo grado registrò però l’assoluzione dei  neurochirurghi reggini Francesco Turiano e Saverio Cipri; Giovanni Triolo e Carmelo Alampi, infermieri del 118 di Reggio, Francesco Morosini, medico di Cosenza e Giuseppe Mauro, di Catanzaro. A ripercorrere tutte le tappe della vicenda di Flavio Scutellà è stato questa mattina in aula il sostituto procuratore generale, Alberto Cianfarini, che in sede di requisitoria ci va giù pesante e chiede non solo la conferma delle condanne emesse in primo grado, ma chiede anche alla Corte d’Appello, Costabile Presidente, la condanna dei due medici assolti dal giudice monocratico. Ed in particolare il pg chiede che la condanna ad un anno e sei mesi di carcere per Saverio Cipri e ad un anno per Francesco Turiano. “Se solo uno di questi medici –tuona il pg Cianfarini- avesse fatto il proprio lavoro, niente  di eccezionale, solo il proprio lavoro, le cose sarebbero andate in maniera diversa. Ci sono sei medici che hanno agito con negligenza ed imperizia; se solo uno di loro avesse interrotto questa catena di negligenza, Flavio si sarebbe salvato. Signori giudici, desidero leggere una sentenza di condanna nella quale si stigmatizzi la negligenza. Questo è un caso di colpa grave; è mancato il buon senso. Siamo di fronte a dei medici che non solo hanno agito in maniera tardiva, ma hanno agito anche male. Avrebbero dovuto trasferire Flavio subito, avrebbero dovuto portarlo immediatamente presso un altro ospedale più attrezzato di quello di Polistena. Avrebbero dovuto usare qualsiasi mezzo, anche la propria automobile considerata la gravità della situazione. Se il padre del ragazzo non avesse chiamato la polizia chissà quando sarebbe stato trasportato a Reggio Calabria. Una domanda mi pongo: «e se Flavio fosse stato uno dei loro figli?». Sulla posizione degli infermieri, che comunque sembrano tutti dei personaggi da fumetto- ha concluso il pg Cianfarini- non posso che chiedere la conferma dell’assoluzione. Rispetto ai medici, gli infermieri non hanno la possibilità di autodeterminarsi né di imporre le scelte dei sanitari”. Mentre il pg conclude la sua requisitoria nell’aula della Corte d’appello ci sono anche i genitori di Flavio, Alfonso e Maria, che in silenzio ascoltano l’intervento dell’accusa. In silenzio che urla, urla tutto il dolore che queste due persone continuano incessantemente a provare dal quel maledetto 25 ottobre del 2007. La Signora Maria è immobile su una sedia della Corte d’appello, il Signor Alfonso in piedi ascolta attentissimo le parole del sostituto procuratore. “Io non ho più fiducia nella giustizia- ci dice Alfonso Scutellà- spero soltanto che questa Corte giudichi i fatti per quelli che sono stati e che giudichino scevri da qualsiasi condizionamento. Queste persone imputate non hanno soltanto ucciso mio figlio, hanno ucciso me, mia moglie e tutta la mia famiglia. Flavio non è stato visto per quello che era, ossia un paziente con una grosso ematoma alla testa; è stato trattato come se fosse un sacco di patate. Non solo non l’hanno voluto trasferire subito dall’ospedale di Polistena, ma quando lo hanno trasportato in ambulanza per portarlo a Reggio, chi guidava il mezzo ha ben pensato di uscire dall’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria perché uno dei sanitari aveva finito il turno e doveva rientrare a casa. Lì sopra c’era mio figlio che stava morendo e loro guardavano l’orologio. Ma no solo. Quando è arrivato a Reggio, al posto  di operarlo subito hanno dato la precedenza ad un paziente che doveva fare una semplice TAC. Questo paziente era codice verde, mio figlio era codice rosso. Se lo sono tenuti dalle nove e mezza fino all’una di notte. E a mio avviso per ottenere un mero interesse materiale ossia quello di operarlo in fascia di straordinario. Hanno venduto la vita di mio figlio per pochi spiccioli”. La sentenza per la morte di Flavio Scutellà è attesa per martedì venti maggio.