I-pod nelle orecchie, musica R&B a palla, testa bassa, sguscio tra la gente evitando fluidamente chi mi viene contro. La strada per me è in salita, e gli altri pedoni sono lenti, per niente fluidi: scarto a destra, poi a sinistra, li evito a tempo di musica, guardando solo le loro ombre e le loro scarpe. E poi vedo lei: scarpe di vernice rossa e calze a rete, sta scendendo, a due metri di distanza da me, alla mia destra. I miei occhi la seguono, i miei passi rallentano, i miei piedi si girano. Tengo la testa calata ma alzo lo sguardo. E le sopracciglia, per ampliare il mio angolo di veduta. Intanto, continuo a camminare, procedendo all'indietro, in salita. Il mio corpo risale la strada all'indietro, in maniera automatica e naturale. I miei occhi risalgono il suo corpo, in maniera automatica e naturale. Lei cammina elegante: un piede davanti all'altro, i fianchi che ondeggiano prima a destra e poi a sinistra, la borsetta che oscilla avanti e indietro. In maniera automatica e naturale. Mi perdo in quella visione e inciampo nel guinzaglio di un cane portato a spasso dalla sua anziana padrona: il cane si spaventa, mi gira intorno abbaiandomi e involontariamente mi annoda le gambe col suo laccio, cosicchè io cado pesante. La vecchietta inizia a sbraitare che non è questo il modo di andare in giro, che gli altri si possono far male a causa mia. Io guardo quei fianchi, quelle scarpe, quelle calze che si allontanano e penso che la vecchietta ha proprio ragione.