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Malati d'Amore e ..

Rubrica sull'amore, sulle relazioni, e fondamentalmente sulla battaglia per riuscire ad amare qualcun altro e se stessi.

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Malati d'amore e ....

Rubrica sull'amore, sulle relazioni, e fondamentalmente sulla battaglia per riuscire ad amare qualcun altro e se stessi.

Siamo pronti a dare qualsiasi risposta su quello che è il cardine intorno al quale gira sempre la nostra vita: l'amore!
Una sorta di rubrica vecchio stampo: "Caro Blog, ti scrivo perchè vorrei suggerire .... oppure, vorrei il tuo parere....".
I consigli, i pareri, le impressioni  sono aperti a tutti coloro che vorranno confrontarsi
confidandoci i  loro interrogativi.
Come sapete la Community  di Digiland è molto ampia per cui i punti di vista possono essere davvero molteplici.
ai di fa

"Una finestra sui malanni che l'amore non smette mrci provare"

 

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Post n°22 pubblicato il 18 Marzo 2011 da forblog
 

fabpat72 da oggi collaboratore ufficiale di questo blog!

 
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natisottolaluna
natisottolaluna il 31/10/11 alle 15:47 via WEB
Leggete questo libro dall’autore finalista al premio Campiello 2009, un romanzo che parla dei temi di questo sito: Pierluigi Panza NATI SOTTO LA LUNA ROMANZO Bompiani Collana Narrativa italiana pagine 230 euro 17 IL LIBRO Non sono sempre gli uomini a vincere. E non tutte le storie di multiculturalismo sono a lieto fine. Un ragazzo va in vacanza a Cuba con gli amici. Si innamora. Sposa una ragazza e hanno un figlio, che nasce ammalato. Un giorno lei fugge misteriosamente di casa e lui la cerca disperato. Poi capisce... E la realtà diventa tragedia. Ma cosa è successo? Da questa storia vera Panza racconta con spietata ironia la crisi dell'Europa e di una società avida e ipocrita. E lo fa attraverso la storia di quattro amici nati nell'anno della conquista della luna. Qual e la loro identità? Chi sono veramente? In un crescendo di tensione, che accompagna le pennellate di un disincantato ritratto generazionale, si accumulano crisi coniugali, difficoltà economiche, bambini scomparsi e prostitute, verità e menzogne. Chi è debole, per destino o per le imperscrutabili combinazioni del DNA, è forse a rischio estremo. Una storia senza sconti ma pieno di disperato lirismo, dove l'amore e visto dalla parte degli uomini. Un romanzo dai molti strati di lettura che aiuta a capire chi siamo tenendoci col fiato sospeso. L’AUTORE Pierluigi Panza è giornalista del “Corriere della Sera” e docente universitario. Ha pubblicato numerosi saggi di storia dell’arte e dell’estetica. Ha scritto due romanzi: Italiani all’opera (Skira, 2005) e Il digiuno dell’anima (Bompiani, 2007). Per Bompiani ha inoltre pubblicato La croce e la sfinge. Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi (2009, finalista al Premio Campiello). LA RECENSIONE Corriere della Sera, 11/10/2011 "Generazione fredda in cerca di destino", Pierluigi Panza racconta «I figli della luna» di: Filippo La Porta Una volta Roland Barthes dichiarò la sua insofferenza per i «discorsi di vittoria», poiché «mal sopporta l' umiliazione di chiunque»: quando si profila una vittoria «ha voglia di trasferirsi altrove» (proprio come il barone di Charlus nel «Tempo ritrovato»). Meditavo questa presa di posizione di Barthes leggendo Nati sotto la luna di Pierluigi Panza (Bompiani, pp. 230, 17). Nelle pagine conclusive leggiamo: «Chi scrive sta sempre dalla parte di chi perde e di chi non c' è più...». Attraverso i modi di un romanzo generazionale, scritto in una lingua volutamente mimetica, prossima al gergo più corrivo della contemporaneità, l' autore ci ricorda la vocazione preziosa della letteratura: dare voce agli scomparsi e ai perdenti, sottrarli all' oblio (e anche a quanto è scomparso di noi). L' io narrante fa parte di un gruppo di quattro amici al bar, nati l' anno dell' allunaggio: oltre a lui ci sono Joe (imprenditore per eredità), Pier (genetista ipocondriaco) e Dido (registra le morti innaturali). Figli della luna: perciò un po' sfigati e lunatico-visionari. E siccome lui si occupa di arte, scopre in un dipinto di Caravaggio - quattro amici allo specchio - l' intreccio dei loro destini. «La vita era nella chimica, pensavo»: la narrazione è punteggiata da continui riferimenti alla biologia, alla teoria dell' evoluzione, alle indagini sul Dna (che risolveranno un piccolo «giallo»), ad una scienza ferrignamente materialistica («L' anima non esiste. Siamo solo molecole a trentasei gradi»). C' è chi sposa una cubana - che poi fuggirà col figlio tradendo il marito con l' amico - chi subisce un mobbing, chi si mette in disparte aspettando il suo tumore, chi fa una brutta fine: eppure tutti si mantengono fedeli a un ideale cameratesco di scanzonata amicizia (unica cosa in cui credono). Cosa li unisce? Il loro è un Grande Freddo («Ci raffreddiamo Dido, ci raffreddiamo dall' interno, diventiamo ghiaccio...»), senza però aver mai sperimentato alcun calore prima, stretti tra la invadente generazione sessantottesca e quella mutante, indecifrabile, dei nativi digitali, «nomadi incatenati al computer». A volte, lo confesso, mi esasperano: verbosi, piagnoni, velleitari, e soprattutto molto autoindulgenti (il narratore dice spesso «povero Joe», «povero Pier»...), oltre che disgustati dai loro contemporanei (chiamati «umanoidi»). Si gettano nella vita avventurosamente, senza calcolo, ma sempre imprigionati dentro una nebbiosa irrealtà, fatta di progetti inconclusi. Soltanto alla fine la realtà, che non si lascia manipolare («l' idea che la medicina possa scoprire tutto è propria solo di chi è in buona salute, i malati lo sanno che non funziona») li raggiunge inesorabilmente: matrimoni disfatti, fughe, malattie, bambini disabili, perversioni distruttive, morte. Lo stile è giocato tutto, quasi virtuosisticamente, sull' iperbole giovanile (se c' è una vecchia storia «è iniziata un secolo prima»), su un parlato apparentemente vivace ma inerte, televisivamente parossistico: «i miei tre etti e mezzo di cuore sono asfaltati, esplosi», o «era bianco come un foglio A3 o A4», o l' antifurto, «unico suono più stridulo della voce della mia ex prof di matematica che abbia sentito in natura». Sapiente simulazione linguistica, che ha un incisivo effetto di realtà. I quattro personaggi sono come "agiti" da un' oscura predisposizione alla sconfitta. Perché? Un po' per un residuo romantico, un po' per inconsapevole autolesionismo e un po' anche perché, forse, sentono che soltanto nella sconfitta, vissuta senza consolazioni, riescono a fare una esperienza autentica. In un dialogo con la moglie cubana dell' amico, l' io narrante commenta: «Da quel sorriso avevo intuito che non mi avrebbe detto la verità. La verità va costruita, sapete, solo le bugie escono spontanee dalla bocca». Ecco, il genere del romanzo è uno dei (non moltissimi) manufatti umani che dovrebbe servire a «costruire» la verità. E di ciò Panza appare pienamente consapevole.
 
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