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« LA CAPACITA' DI MOTIVAR..."SEQUESTRO EMOTIVO" »

COME AFFRONTARE UN LUTTO?.....

UN DISTACCO PSICOFISICO ED EMOTIVO.....DURO DA SUPERARE.

Credo che ogni essere umano si sia dovuto confrontare con l'aspetto più destabilizzante della propria esistenza, la fine della vita fisica di un proprio caro.

Vivere questo tipo di distacco e ancor di più accettarlo non è sicuramente facile.

Ed anche se molti pensano che con la morte fisica smetta anche qualsiasi altra forma di vita, l'assenza visibile e tangibile della persona che ci ha lasciato, amplifica un vuoto che forse manifesta ancora di più come il legame umano, la relazione con l'altro/a, creino un canale comunicativo tra le persone che va ben oltre la fisicità.

Quando accade un evento simile, sembra come se il tempo che abbiamo trascorso con l'altro/a non sia stato sufficiente per trasmettergli/le tutto quello che avremmo voluto.

Ecco allora che possono nascere anche sensi di colpa (avrei potuto fare questo o quell'altro per lui/lei ed ora non lo posso più fare), o magari istinti di rabbia (perchè mi hai lasciato/a avevo ancora bisgono di te).

Certo è, che gli stati d'animo di una persona che vive un lutto, sono anche diversi in relazione a come ciò è avvenuto e in che periodo della nostra vita.

Questo argomento è sicuramente scomodo da trattare ma forse ci da l'opportunità di condividere qualcosa che tutti conosciamo e che tutti vorremmo non ci capitasse mai, pur essendo coscienti che fa parte della nostra vita.

L'obiettivo che si vuole ragiungere con questo post, è esclusivamente quello di condividere quel senso di solitudine che si vive nel momento in cui si perde un proprio caro, facendo sentire la solidarietà di altre persone che in qualche modo hanno già affronatto questo evento e motivo di confronto per aiutarci a superare tale situazione sgradevole.

Ringrazio anticipatamente quanti vorranno contribuire a creare un dialogo condiviso su questa tematica.

Cordialmente

Massimo Catalucci

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Commenti al Post:
Feliciano.crescenzi
Feliciano.crescenzi il 07/12/10 alle 09:43 via WEB
IL LUTTO E' COME UNA MUTILAZIONE Chiunque perda una persona amata passa attraverso una fase di sofferenza estrema ed una gamma di forti emozioni e sensazioni. Con la morte della persona con la quale abbiamo condiviso finora la nostra vita, subiamo una perdita che tocca il nostro passato e la nostra capacità di guardare avanti: non solo perdiamo il calore della sua presenza, e con questa una parte di noi stessi e della nostra storia, ma anche lo sguardo in avanti che si esprimeva in progetti e prospettive. Ci si sente mutilati, all'improvviso, di una grande parte di sé. Il lutto, infatti, è la conseguenza di uno strappo, di una penosa lacerazione di tutta la nostra persona: ci sentiamo feriti nel corpo così come nel nostro modo di relazionarci agli altri, nella nostra possibilità di pensare al futuro come nei nostri sentimenti più intimi. La ferita è aperta, dolorosa. Solo il tempo, l'accettazione del dolore, la fatica ed un impegno personale permetteranno alla ferita di cicatrizzarsi. La ferita lascia su di noi una cicatrice permanente: è un segno di trasformazione e modificazione. Non siamo più, dopo la morte di una persona amata, gli stessi di prima. Abbiamo perso qualcosa di noi e, in una qualche misura, ci siamo trasformati. Nei pensieri, nelle riflessioni, nel modo di valutare e capire il mondo intorno a noi. Ad un certo punto del percorso, diventa possibile tornare a vivere, una vita sicuramente molto diversa da quella di prima ma che può essere densa di valore se riusciamo a integrare la perdita nella trama della nostra vita. La sofferenza per la morte di una persona amata prende forme diverse a seconda del rapporto che esisteva con chi è scomparso, del modo in cui la persona è morta, di come ognuno di noi affronta le difficoltà, nonché di tanti altri fattori come l'età, la fede religiosa, l'identità di genere, il livello di istruzione, le precedenti esperienze di perdita, le difficoltà legate alla situazione generale e il tipo di sostegno a disposizione. L'esperienza della morte di un proprio caro sarà dunque “raccontata” e vissuta da ognuno di noi in modi diversi. Alcuni aspetti saranno più rilevanti di altri, altri più difficili, alcuni meno dolorosi. Anche all'interno della stessa persona, ci saranno momenti in cui una esperienza, una sensazione, un pensiero, prende il sopravvento su altri. Così come il dolore per la perdita di una persona amata prende ogni volta forme e toni diversi, quando ci troviamo ad affrontare, ancora una volta, un nuovo lutto. Si vive sballottati tra periodi in cui si è sommersi da ondate di sofferenza e in cui si perdono il senso e il valore del vivere e momenti in cui si torna a rivedere la luce e si può riprendere, anche se solo per un attimo, il respiro. Benché ognuno di noi viva in modi diversi la sua sofferenza, ci troviamo tutti ad affrontare un percorso almeno in parte comune, fatto di fasi diverse e ostacoli da superare. Il primo compito che dobbiamo affrontare è quello di accettare che la persona è realmente morta e che non tornerà più. In alcuni momenti, infatti, sembra che non ci siano dubbi su quanto è successo: l'altro non è più accanto a noi. La porta si è chiusa per sempre. Ma in altri momenti, una sorta di speranza, di illusione, di pensiero, si insinua: e se tornasse? ma se mi fossi sbagliato? se avessi sognato? e se facessi questo, forse tornerebbe? E' facile allora immaginare che forse no, forse non tutto è ancora finito. Poi, piano piano, ognuno al passo che gli è possibile, con lo spegnersi dello shock iniziale, iniziamo in qualche modo a familiarizzarci con il dolore della perdita: a concederci il tempo e le occasioni per fare i conti con la nostra sofferenza, a esplorare il significato che la scomparsa di quella persona ha per la nostra esistenza, a valutare il significato della relazione con chi non c'è più. Impariamo così, gradualmente, a vivere “senza”: ad organizzare diversamente la nostra vita, ad acquisire nuove competenze, a fare progetti che non coinvolgono più l'altro e impegnarci in compiti o attività mai affrontate prima (domestiche, burocratiche, professionali): soprattutto, impariamo ad accettare di rivestire un ruolo sociale nuovo. Ad un certo punto, ci accorgiamo che la nostra vita sembra andare avanti e che si è sviluppato un nuovo rapporto con la persona scomparsa: anche se non è più fisicamente presente, troviamo conforto nel mantenerne vivo il ricordo e la memoria e nel continuare ad amarla. Il dolore è sempre presente, ma spesso in una forma un pò attenuata, sicché riusciamo a far posto nella nostra vita a nuovi impegni e nuove aperture. Tutto il periodo del lutto, a partire dal momento immediatamente successivo alla perdita, è dominato dall'alternarsi e dall'accavallarsi non solo di stati fisici nuovi ma anche dall'intrecciarsi di emozioni diverse, spesso molto forti. Parlarne può essere utile a riconoscerle, quando si presentano, ad esserne quindi consapevoli e a saperle meglio gestire.
 
 
counselor63
counselor63 il 07/12/10 alle 09:57 via WEB
Grazie Feliciano del Suo prezioso contributo. Ha toccato molti aspetti di questa particolare situazione in cui un essere umano può trovarsi e credo che sia motivo di ulteriori commenti, o comunque di riflessione, da parte degli amici del Forum Counseling. Cordialmente Massimo Catalucci
 
counselor63
counselor63 il 13/12/10 alle 07:14 via WEB
Riporto il commento a questo post di Maria Zampiron rilasciato sulle pagine di facebook (http://www.facebook.com/home.php#!/?sk=messages&tid=1655398619806 ): Ciao Massimo! Sono in accordo con te per quanto riguarda i vissuti della perdita di una persona cara: in particolare la solitudine e il senso di colpa di non avere emotivamente fatto abbastanza per chi non è più presente e vicino fisicamente. L'elaborazione del lutto non è facile dal punto di vista emotivo ma non impossibile perchè chi ci lascia, lascia un bagaglio di "richezze" con le quali noi possiamo continuare a sentire presente chi amiamo e non c'è più ....
 
counselor63
counselor63 il 13/12/10 alle 07:22 via WEB
Riporto il commento al post di cui sopra, di Pier Luigi Lando, rilasciato sulle pagine di facebook ( http://www.facebook.com/home.php#!/?page=1&sk=messages&tid=1511816793467 ): In attesa di un cotriibuto più in linea con la tua proposta di lavoro, ti riporto a braccio quel che mi viene in mente dei tanti versi e scitti dedicatoi dallo stesso autore all'argomento) da parte del Leopardi, che scrisse questi versi sotto l'emiozione della morte di suoi fratellini (la madre era contenta perché aveva inviato in cielo altri angioletti, ma lui NO!): "Madre temuta e pianta, dal nascer già delll'animal famiglia, Natura illaudabil maravifglia, che per uccider partorisci e nutri. Se danno è del mortale immaturo perir, come il consenti in quei capi innocenti? :Se ben, perchè funesta, perché sopra ogni male, a chi si parte, a chi rimane in vita, inconsolabil fai la dipartita?" (mi stanno venendo in mente altri versi del genio di Recanati, sul tema della prdita di persone care, ma per ora pemso che basti questo cenno. A presto, Pier
 
counseling_ardea
counseling_ardea il 14/12/10 alle 13:01 via WEB
Il commento che segue è stato scritto da Carmelo Celauro sulle pagine di Facebook ( http://www.facebook.com/massimo.catalucci/posts/124050070990508 ) Carmelo Celauro scrive: Entrare in un argomento di tale rilevanza emotiva “personale” è assai difficile e complesso. Mi permetto farlo in quanto detto evento mi ha già coinvolto ripetutamente strappandomi con violenza imprevedibile anche l’unico fratello (45 anni... di età con moglie e figli) in un incidente automobilistico notturno subito per venirmi incontro nella casa paterna in cui ero appena arrivato. Stroncato dalla morte mentre mi veniva incontro. Se avessimo stabilito un giorno diverso per incontrarci quell’incidente automobilistico non ci sarebbe stato. Semplice casualità o destino? A quel primo distacco “violento e non prevedibile” sono seguiti nel tempo mamma, papà, parenti ed amici. Ho riflettuto molto sul senso della “morte” ma da “ingegnere” e da “essere umano” non potevo non pervenire che alla sua piena accettazione. In realtà in uno spazio di “dimensioni” finite ed anche assai piccole per le dimensioni dell’universo in cui ci troviamo la durata di una generica “vita” non poteva non essere che molto limitata per consentire di ospitare un maggior numero di esseri umani. Le relazioni affettive - naturale complemento dell’alimentazione umana - permettono ad ogni singolo “essere umano” di realizzarsi in pienezza. “ …e Dio creò l’uomo, maschio e femmina lo creò”. I sensi di colpa, gli istinti di rabbia non trovano alcuna giustificazione se non nella “distrazione e superficialità” delle persone. Il celebre versetto: “del diman non vè certezza” chiarisce inequivocabilmente come la vita va vissuta. La "morte" non è altro che la fine di una vita. Concepimento e morte sono l'inizio e la fine di ogni vita animale. Nell'essere umano sopravvive il suo "pensiero" che non è altro che la "forma" del suo spirto. Da credente cattolico e ingegnere credo nella "resurrezione" in quanto solo con essa questo meraviglioso "progetto" può uscire dalle dimensioni spazio-temporali della materia. Relativamente al senso di “solitudine” ritengo che lo stesso sia legato alla maggiore o minore apertura di ogni singola persona al “suo” Prossimo. Mentre il senso di “colpa” coinvolge le Persone più o meno introverse che hanno impedito alla loro vita di esprimersi in “pienezza”. A chiusura cito una affermazione in cui si ricapitolano tutte le regole di vita: “Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo della tua vita!”. Carmelo Celauro
 
retrogustoamaro1
retrogustoamaro1 il 14/02/11 alle 14:47 via WEB
Buon pomeriggio Massimo beh parlare di un lutto non è mai semplice,bisogna prima accettarlo,vivere il dolore in pieno per poi uscirne e guardare al futuro.Di perdite ne ho avute ma credo che soltanto una mi ha lasciata il segno...nel 2003 è finito il primo fratello di mio padre.Sai una di quelle persone con cui non hai un gran legame ,o magari se c'è è quasi imposto dal fatto che tutte le feste le trascorri insieme, incluse le vacanze estive...dopo una lunga agonia è finito nel letto di casa sua...in una camera che era divisa dalla mia (le case erano confinanti)da una parete molto sottile.Praticamente ho condiviso con lui l'intero calvario.La notte che finì avvertii io i miei genitori ,per le ragioni che ho detto prima,e la stessa notte io caddi in una profonda crisi da panico e glaustrofobia,esattamente nel momento in cui mi chiesi dove fosse ''finito'' e come stava ora che i dolori erano finiti...da quel momneto mi porto dietro questa 'fobia'' ma solo dal 2005 circa riesco a gestirla...certo ci sono momenti in cui non riesco ma...devo con 2 bimbi!Da quella notte mi pongo domande a cui spesso non so dare risposte,da quella notte io ho capito che il distacco è stato forte...forse perchè è avventuo in una età dove ti aspetti che ceete situazioni le sai gestire ma poi ti rendi conto che non c'è età...a 23 anni ho avuto la mi prima perdita e la consapevolezza di soffrire di attacchi di panico,ansia e glaustrofobia.A 34 anni ho consapevolezza che la morte di mio zio mi ha aiutato a combattere sofferenze chiuse dentro da troppo tempo,uscite al primo segno vero di debolezza...la sofferenza di quel momento nel vedere mio padre piangere per la prima volta come un bambino. Anna
 
 
counselor63
counselor63 il 14/02/11 alle 22:29 via WEB
Ciao Anna e grazie per aver raccontato una tua esperienza non facile da esternare. A quanto da te scritto vorrei aggiungere quanto segue. Solitamente quando una persona cara ci lascia, al di la del fatto che il dolore ci invade per una coseguenza naturale del distacco fisico, lo stesso dolore potrebbe appesantirci ulteriormente perchè emotivamente è come se sentissimo che qualcosa è rimasta incompiuta nel rapporto con la persona scomparsa. Infatti, possono anche nascere rabbia e/o sensi di colpa, che hanno avuto origine nella relazione stessa o ciò che rappresentava per noi l'altra persona. Potremmo quindi sentire ancora di non riuscire a staccarci da essa, vincolando noi e l'altra in una ulteriore relazione sofferente. Quando riusciamo a placare, ovvero ad accogliere la sofferenza, accettando la relazione che abbiamo vissuto con il nostro caro, perdonandoci e perdonandogli eventuali esperienze negative, siamo anche in grado di lasciare andare liberamente, nella dimensione in cui ora il nostro caro si trova, verso la sua strada e riprendere serenamente la nostra. Cordialmente Massimo Catalucci
 
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