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I campi nomadi: vanno sgomberati

Post n°1931 pubblicato il 15 Maggio 2008 da Antalb
 

Non si assaltano i campi rom. Punto. Non si dà fuoco alle baracche degli zingari. Punto. È ovvio, è banale, è scontato ma è bene ribadirlo con assoluta nettezza. Ciò detto, è altrettanto vero che non si rapiscono i bambini, non li si utilizza come schiavi, non si ruba negli appartamenti. Ma anche qui, meglio essere chiari fino in fondo: quanto appena esposto non costituisce giustificazione o attenuante per gli scalmanati di Ponticelli. Rappresenta invece un capo d’accusa per chi ha lasciato che le cose arrivassero a questo punto e ora non può cavarsela accusando di razzismo la gente che vuol cacciare i rom da sotto casa, ma è invece chiamato a capire il motivo dell’esasperazione e, possibilmente, a dare risposte concrete.
Stiamo parlando della politica in generale e in particolare di quella cultura buonista sulla pelle degli altri che permea la sinistra e parte del mondo cattolico. Quella cultura, per intenderci, che ha portato il quotidiano di Rifondazione comunista Liberazione a titolare «Tornano le leggi razziali» a proposito del pacchetto sicurezza che il nuovo governo intende varare e il Manifesto a strillare addirittura: «Pogrom contro i rom» (dal dizionario Garzanti: «Pogrom: massacri perpetrati contro gli ebrei nella Russia zarista, tra il 1881 e il 1921»).
Toni sorprendenti persino in giornali abituati a una certa disinvoltura, diciamo così, nel trattare la questione ebraica. E deludenti anche, specialmente per quanto riguarda il foglio diretto da Piero Sansonetti che, all’indomani della batosta elettorale subita dalla Sinistra arcobaleno, aveva avviato una certa analisi critica culminata in un reportage dalla fabbrica Fiat di Mirafiori. Perché gli operai hanno votato Lega Nord anziché i partiti marxisti che da sempre pretendono di rappresentarli?, era stata la domanda di fondo. E la risposta era arrivata: «Perché quelli ormai pensano solo agli omosessuali e agli zingari, non a noi».
Semplice e diretta come una staffilata. Con un corollario inespresso ma solare. Punto primo, la cosiddetta microcriminalità colpisce soprattutto i quartieri più popolari dove vivono le fasce più deboli della popolazione. Punto secondo, la sicurezza non è un optional ma un’esigenza primaria, giustamente vissuta dai cittadini come un diritto: io cedo a te, Stato, parte della mia libertà in cambio di alcuni servizi fondamentali, tra i quali la difesa (del territorio, della proprietà, dell’incolumità personale) è al primissimo posto. Funzionava così nelle comunità preistoriche, nelle tribù, nelle città-stato, negli imperi. Funziona così anche oggi. Il nuovo governo sta semplicemente cercando di rispettare questo patto basilare.
Anche a sinistra qualcuno ha recepito il messaggio. Veltroni aveva invocato misure severissime all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani. Filippo Penati, ex Pci, ex sindaco Pds di Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia, attuale presidente Ds della Provincia di Milano, l’ha detto papale papale: «L’obiettivo è zero campi rom nel nostro territorio. Anzi, per essere precisi, l’obiettivo è zero rom». Ora anche il vicepresidente della rossa (?) Emilia, Flavio Delbono, annuncia un giro di vite sull’immigrazione.
Già, perché è vero che i campi rom non si assaltano, però si possono sgomberare. È vero che le baracche abusive non si bruciano, ma si possono, anzi si devono, demolire. Quando avranno finito di dipingere Verona come la capitale del Quarto Reich e di infilare divise da SS agli abitanti di Ponticelli, forse se ne accorgeranno anche i compagni intellettuali.

 
 
 
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