Creato da FraZigno il 05/10/2010

I viaggi

Racconti di viaggi e avventure nate in Australia e non solo....

 

Genovesa e le meduse di Francesca...

Post n°56 pubblicato il 08 Ottobre 2015 da FraZigno
 

Dopo una notte un po' mossa -l'Oceano si è fatto sentire- verso le 5 gettiamo l'ancora nella baia di Darwin, all'interno del cratere sommerso che ha dato vita all'isola Genovesa. Alle sette facciamo un ottima colazione e, un'ora più tardi, siamo pronti per sbarcare a Darwin Bay Beach. Ecco il sogno: ad attenderci sulla spiaggia ci sono 4 o 5 Galapagos Sea Lion. Galapagos il sogno!

Tutti noi, semplici turisti, cerchiamo di avvicinarci il più possibile alle stupende bestie ma Jorge è molto fiscale. Si incazza parecchio se non rispettiamo i due metri di distanza. Cerchiamo quindi di fare del nostro meglio con le macchine fotografiche per scattare foto indimenticabili il più vicino possibile a questi meravigliosi mammiferi.

Dopo dieci minuti di estasi zoologica, Jorge ci invita a seguirlo lungo un sentiero che si spinge verso l'interno dell'isola; non ho mai visto da così vicino tante specie di uccelli! Alcuni di loro nidificano addirittura sul sentiero. Galapagos il sogno! Vediamo diversi fringuelli di Darwin, i Nazca booby con i rispettivi figli, i Red footed booby presenti quasi esclusivamente su quest'isola, i caratteristici Fregata Magnificens con i loro gozzi rossi e gli Swallow Trailed Gull. Tutti incredibilmente fermi quando l'uomo si avvicina. In cielo vediamo volare il Red billed tropicbird con la sua tipica coda che mi ricorda un aquilone. Jorge ci racconta diverse curiosità che riguardano queste diverse specie di uccelli.

Lungo il sentiero troviamo diverse otarie tutte della specie zalophus californianus, che non è endemica. Nel pomeriggio Jorge ci promette che vedremo anche i Galapagos fur seal -arctocephalus galapagoensis- che sono invece endemici. Gli autoctoni sono più piccoli degli importati.

Ritorniamo sulla barca dopo circa due ore di indimenticabile passeggiata. Ci prepariamo per lo snorkelling. In teoria, in questa zona si può trovare lo squalo martello. La zona dove ci tuffiamo non è molto riparata e le onde ci trascinano da una parte all'altra, insomma non è la tipica piscina trasparente in cui abbiamo fatto snorkelling al Ningaloo park in Australia.

Restiamo in acqua per circa 45 minuti, ma dello squalo martello nessuna traccia.

Dopo un abbondante pranzo, ci riposiamo sui lettini situati sul ponte alto dello yacht. Alle due siamo di nuovo pronti per lo snorkelling. Questa volta dobbiamo assolutamente vedere lo squalo martello. Ci immergiamo nuovamente nelle acque agitate di fronte alle scogliere dell'isola . Ad attenderci però c'è uno sciame di meduse. Francesca è la passeggera che subisce di più gli urticanti tentacoli di queste minute bestie schifose. La pungono in diverse parti del corpo ma, il contatto più doloroso, lo ha sul collo. Sprezzante del dolore, continua a nuotare. Stoica.

Forse le meduse sono allucinogene o forse lo avrà visto veramente, ma Francesca insieme a Jorge sono gli unici due ad aver visto il mitico squalo a martello...per me rimarrà il mistero!!

Ritorniamo sulla barca. Le meduse hanno lasciato il loro segno un po' su tutti noi e il fatto di non aver visto lo squalo martello mi rattrista molto. Purtroppo Francesca non è riuscita a fare una foto che documenti l'avvistamento dello shark quindi, il tanto atteso snorkelling a Genovesa, non è stato dei più proficui.

Alle quattro, la nostra guida ci porta sul lato orientale dell'isola dove si trovano i Prince Philip's steps. Seguiamo per un chilometro il sentiero nell'entroterra fino ad un'ampia distesa di lava. La lava si estende per qualche centinaio di metri e poi sparisce tuffandosi nell'oceano. In questa zona avvistiamo quattro rari individui appartenenti alla famiglia dei gufi: lo Short eared owl (asio flammeus).

Vediamo un fantastico tramonto e poi rientriamo sulla barca per cena. Prendo una guida alla fauna presente sulla barca e mi segno tutte le specie di animali visti oggi, sono parecchie. Appena la barca esce da Darwin Bay, l'oceano torna a farsi sentire. Ci aspetta un'altra notte agitata. Galapagos il vomito ops.... il sogno!


 

 
 
 

Galapagos. L'economica crociera...

Post n°55 pubblicato il 06 Ottobre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Oggi è il giorno della crociera. Passeremo quattro giorni e tre notti sulla Yolitta II, uno yacht che può ospitare fino a 16 passeggeri più 7 persone di equipaggio.

L'incontro con la nostra guida naturalistica (obbligatoria per visitare quasi tutte le Galapagos) è presso l'aeroporto di Baltra. La guida si chiama Jorge e per quattro giorni sarà il nostro cicerone. Oltre a Jorge arrivano anche gli altri passeggeri. In totale siamo in quattordici.

Ora tutto è pronto, la crociera può iniziare. Saliamo su un autobus che ci porta al porto di Baltra. La prima impressione della barca è rassicurante; ci piace molto sia lo spazio in comune sia la nostra camera. Prima di partire per Bacias Beach, il nostro odierno target, pranziamo. Mangiamo pasta con un ottimo pesto fatto con basilico fresco appena pestato nel mortaio. Un nostro compagno di viaggio, tedesco, scambia la pasta chiamandoli noodles -Oh my god, che scempio- per fortuna gli italiani sulla barca siamo solo io e Francesca!

Arriviamo alla spiaggia verso le due, sbarchiamo e Jorge ci porta nella laguna dietro alle dune di sabbia e "tadam" eccoci apparire davanti a noi un fenicottero rosa il cui colore è meraviglioso..è bellissimo, non ho mai visto un animale così colorato. Galapagos, il sogno!

Nel cielo sopra di noi vediamo decine di sulle dai piedi blu scrutare la superficie del mare per poi lanciarsi in picchiata nell'acqua alla ricerca di pesce con cui cibarsi. Intorno a noi oltre alle sulle volano: fregate sia dal gozzo rosso (maschi) sia con il gozzo bianco (femmina), pellicani e i gabbiani della lava. Sulla spiaggia prendono tranquillamente il sole diverse iguane marine e sulle rocce numerosi granchi di color rosso, scorrazzano a destra e a sinistra. 

Arriva il momenti dello snorkelling. Visto che dalla spiaggia siamo riusciti a vedere uno squalo, una tartaruga e una razza entriamo nell'oceano con grandi aspettative. Ci mettiamo la muta, la maschera e le pinne e splash eccoci in acqua. Purtroppo la visibilità è scarsa ma vediamo comunque numerosi pesci e una bellissima tartaruga marina che, senza paura, sembra volare intorno a noi. Galapagos il sogno!

Rientriamo in barca, ci laviamo e poi abbiamo il breafing con Jorge per la giornata di domani. L'isola Genovesa, paradiso terrestre per molti uccelli è la nostra successiva meta.

Mangiamo un ottima cena e socializziamo con alcuni dei nostri compagni di viaggio. Chiedo infine a Francesca di venire sul ponte della barca a vedere le stelle. È molto bello anche se la luna, in fase crescente, non permette una nitida visione del cielo. Riconosciamo la costellazione dello Scorpione. Le stelle che formano questa figura mitologica brillano proprio sopra la nostra testa. Galapagos il sogno! Stanotte attraverseremo l'equatore e per pochi gradi saremo di nuovo nell emisfero boreale. Isola Genovesa we are coming!


 

 
 
 

Prima gita: Isola Santa Cruz.Le Galapagos

Post n°54 pubblicato il 01 Ottobre 2015 da FraZigno
 

Il primo giro organizzato ci porterà nel centro dell'isola di Santa Cruz e presso la riserva ambientale di El Chato. Alle 9.40 partiamo. Come aveva già notato Darwin, queste isole sono caratterizzate da un tempo soleggiato lungo la costa ma, appena ci si alza di quota, il cielo viene avvolto in una densa distesa di nubi bianche e inizia a cadere una fastidiosa pioggia. L'umidità nel punto più alto dell'isola è prossima al 100%. 

Partiamo dall'albergo con il sole. Raggiunto il punto più alto dei due crateri vulcanici -Los Gemelos- che formarono l'isola migliaia di anni fa, ci troviamo immersi in una fitta nebbia.

L'atmosfera che si respira mi ricorda molto le fredde e nebbiose giornali di autunno della pianura padana. Fortunatamente non fa freddo e il giro intorno ai due crateri è tutto sommato piacevole. Cerchiamo disperatamente i famosi fringuelli di Darwin, ma non li vediamo.

Ci spostiamo poi verso la riserva di El Chato. Prima di entrare nella riserva indossiamo un paio di stivali; il terreno in cui vivono le tartarughe è fangoso! Incontriamo circa 30 tartarughe della specie tartuga nigra. Vediamo queste bestie allungare il collo a fisarmonica per nutrirsi e, come ha riportato anche Darwin nel suo libro, emettere un profondo sibilo e trarre dentro il capo nel carapace se si sentono in pericolo per la nostra vicinanza. Girovaghiamo per un oretta nella riserva e oltre alle tartarughe finalmente vediamo anche una specie di fringuelli di Darwin.

Finiamo il nostro tour visitando i tunnel di lava vicino a Puerto Ayora; strutture alquanto interessanti se si prova ad immaginare come, tempo fa, un fiume di lava incandescente scorreva lungo queste pareti di basalto.

Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita di Tortuga beach, baia delle tartarughe, una spiaggia di sabbia bianchissima che si trova al termine di un sentiero lastricato che collega la spiaggia al lato sud ovest della città di Puerto Ayora. Vediamo iguane marine, pellicani, il gabbiano della lava e, Francesca, dichiara di aver visto anche uno squalo. Torniamo nel B&B soddisfatti della bella giornata vissuta. Domani ci aspettano i sea lion!

Galapagos, il sogno!

 

 
 
 

non ci credevo: Le Galapagos

Post n°53 pubblicato il 30 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

 

Alle 5.00 suona la sveglia nell albergo di Gayalaquil, il taxi lascia in aeroporto. L'aereo per le mitiche Galapagos parte alle 8.10.

 

Arrivati all'aeroporto di Gayalaquil bisogna sbrigare una formalità burocratica di cui non eravamo a conoscenza: si chiama documento di trasporto turismo e costa 20 dollari. I bagagli vengono controllati da una equipe speciale che nota il mio avocado. Non me lo fanno buttare via ma tolgono solamente il picciolo. Il volo aereo dura una ora e quarantacinque minuti. Mi ha colpito molto questo fatto: poco prima dell'atterraggio le hostess hanno aperto le capelliere sopra di noi spruzzando un non-identificabile spray su tutti i bagagli a mano portati. Galapagos che sogno!

Atterriamo e il controllo avviene più che altro per pagare i cento dollari che servono per entrare nel parco. A Francesca fanno il timbro sul passaporto, io mi accorgo di non averlo. Torno subito indietro e con un: " Desculpame, may i have the stamp on my passport?" invito la signorina a timbrare anche il mio documento. Evviva, abbiamo tutte e due il timbro delle Galapagos! Fuori dall'aeroporto dell'isola di Baltra, saliamo sul pullman che ci porta al porto del canale dove salpano le barche per l'isola di Santa Cruz. L'isola di Baltra e quella di Santa Cruz sono divise da un canale largo circa un chilometro, costo della attraversata dollaro. Prendiamo poi un bus collettivo per Puerto Ayola, la principale e unica città dell'isola. Il viaggio dura circa un ora e costa 2 dollari. Arrivati al porto di Puerto Ayora, l'autista ci consiglia di prendere un taxi al costo di un dollaro perché il B&B da noi prenotato è lontano. In cinque minuti il taxi ci lascia davanti all'albergo. Impazienti, lasciamo i bagagli nella camera e subito usciamo alla scoperta del paese: andiamo nell'unico centro di informazione turistica del paese che non sia anche una agenzia turistica. Ci illustrano cosa possiamo visitare da soli e a piedi. La prima cosa che vogliamo assolutamente vedere è il Charles Darwin Research Center che in teoria dovrebbe ospitare anche il Solitario George la famosa tartaruga gigante conosciuta in tutto il mondo. Arriviamo all'entrata del centro di ricerca e vediamo le iguane marine, che spettacolo! Seguiamo il sentiero didattico proposto per la visita del centro e ad un certo punto troviamo, davanti a noi, il cartello che indica che qui risiede la la tartaruga George. La cerchiamo, ma vediamo solo tartarughe di media dimensione e probabilmente femmine ( le femmine e i maschi della specie tartaruga nigra si distinguono per la lunghezza della coda, molto più lunga nei maschi). Francesca non si da pace, vuole vedere George, uno dei suoi miti studiati durante il percorso da biologa. Troviamo un ufficio nelle vicinanze del recinto e subito si fionda all'interno alla ricerca di personale del parco che le possa dare una spiegazione. Trova una ragazza, probabilmente una volontaria, che le da questa terribile notizia: il solitario George è morto circa tre anni fa. È sconvolta, non ci crede! Continuiamo il giro tra iguane terrestri, colibrì, cactus e iguane marine ma con un velo di tristezza negli occhi per la notizia appena appresa. 

La seconda parte della giornata la dedichiamo all'organizzazione dei dieci giorni. Giriamo un paio di agenzie, e verso le 19 soddisfatti per i giri prenotati, torniamo in albergo. Mangiamo del cibo acquistato in supermercato, le Galapagos sono care e i soldi iniziano a scarseggiare. Galapagos il sogno!

Riposa in pace mitico George!

 
 
 

Terzo giorno. Machu Picchu

Post n°52 pubblicato il 21 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Il D-day peruviano è arrivato. Dopo la Muraglia Cinese, Petra e il Colosseo, oggi Machu Picchu sarà la quarta meraviglia del mondo visitata da me e Francesca. Arriviamo al gate di entrata alle 4.30 della mattina. Non piove anzi il cielo è pieno di stelle. Evviva! Non c'è ancora tanta fila, più o meno saremo i trentesimi ad entrare oggi nella città Inca più famosa al mondo. Alle cinque aprono i cancelli e immersi ancora in un tenebroso buio iniziamo il sentiero; 450 metri di salita ci separano da Machu Picchu. La prima parte del percorso lo affrontiamo con il frontalino acceso. La pendenza è notevole e i due giorni precedenti di trekking intenso si fanno sentire. Superata da poco la metà del percorso, inizia ad albeggiare.

Le montagne intorno a noi sono fantastiche anche se della città non si vede ancora nulla.

Arriviamo all'entrata di Machu Picchu dopo circa un'ora di salita.

Siamo tutti sudati e un pochettino stanchi ma finalmente ci siamo: l'ultimo controllo al biglietto e poi finalmente siamo davanti alla meraviglia Inca.

È impossibile scrivere l'emozione provata nel vedere per la prima volta la città dal vivo. Ci sembra di essere davanti ad una cartolina o a una immagine del computer che tante volte abbiamo guardato durante l'organizzazione del viaggio. 

Ora non dobbiamo più usare l'immaginazione, finalmente siamo con i nostri occhi proprio davanti alla città inca fondata presumibilmente nel 1440 dall'imperatore Pachacutec.

Ippolito ci fa per due ore da cicerone. Visitiamo: il tempio del Sole, la Tomba Reale, la piazza Sacra, il Tempio delle Tre Finestre, Lintihuatana (palo del Sole), Piazza Centrale e il Tempio del Condor. La nostra guida ci racconta diverse curiosità della cultura Inca come per esempio quella riguardante l'arrivo di un figlio: gli Inca preferivano la nascita di una femmina piuttosto che di un maschio.

 

Scopriamo che Machu Picchu è diviso in due grandi settori separati da un unica minuscola porta di accesso: la parte agricola ricca di terrazzamenti per la produzione di cibo e la parte urbana dove risiedono le abitazioni e i vari templi. Ci viene raccontato che gli Inca erano dei grandi astronomi, ma questo lo sapevamo già, e che molto probabilmente Machu Picchu era una posto di villeggiatura usato dai sovrani e dalla gente appartenente alla classe sociale medio alta.

 

 

Ci sono anche dei lama nella piazza principale e naturalmente per fotografarli bisogna dare un soles al legittimo proprietario.

 

 

 

A questo punto Ippolito ci saluta indicandoci dove sono i bagni (informazione importantissima per prostata). Io e Francesca ci separiamo dai ragazzi americani e decidiamo di raggiungere a piedi la porta del Sol (Intipunku) facendo quindi un pezzo di Inca Trail. La porta del Sol è l'entrata principale per Machu Picchu. Dopo mezz'ora di ardua salita arriviamo a destinazione.

La vista sulla città è fantastica, ce la godiamo per una buona oretta. Rientriamo verso Machu Picchu passando dalla casa del guardiano da dove vengono scattate le tipiche foto che, nell'immaginario di tutti noi, rappresentano questa meraviglia. Anche io e Francesca ci facciamo la foto di rito e proviamo a qualche selfie. Le rimanenti due ore le passiamo a gironzolare per la città.

Rientriamo ad Aqua Caliente verso le tre del pomeriggio e decidiamo di mangiare una pizza prima di affrontare il rientro a Cuzco. Il viaggio sarà in parte con il treno ( i treni peruviani sono da terzo mondo) e in parte con il pulmino dell'agenzia con cui abbiamo fatto il trekking. Alle 22.30 tutti sporchi ma felici siamo di nuovo a Cuzco. Quarta meraviglie del mondo: done!

 
 
 

Salkantay trek.Secondo giorno verso Machu Picchu

Post n°51 pubblicato il 16 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Il giorno dopo ci alziamo alle 6.00. Piove. Mannaggia che palle! Oggi bisogna fare circa 22 km lungo la Santa Teresa valley.

Facciamo una abbondante colazione, ricarichiamo le borracce con acqua bollita e indossiamo i vari poncho; la pioggia non ci da tregua. Per questo motivo, Ippolito ci dice che oggi non è sicuro percorrere il sentiero nella foresta ma è meglio seguire la strada. Ci lascia nelle mani di Migel; lui non lo dice ma -secondo me- preferisce raggiungere La Playa, il campo dove si pranzerà, in macchina. Migel è bravo, anche se è solo un tirocinante. Ci guida lungo la strada anche se tutti noi vediamo gli altri gruppi del trekking scendere lungo il sentiero sconsigliato da Ippolito. Dopo un'ora di cammino e dopo che, un po' tutti, hanno stressato Migel per scendere sul sentiero, in prossimità della prima delle tre rudimentali cittadine che vengono attraversate dal percorso, riusciamo a trovare un punto di ingresso per addentrarci anche noi nella foresta Amazzonica. Miguel ci ha accontentati. well done!

È tutta un altra storia. Il sentiero passa tra campi coltivati con: zucche bianche, frutti della passione, piante di avocado, piante di caffè, jungle potatos, papaia, bananeti con le loro tipiche foglie, le fragoline di bosco (o meglio di foresta amazzonica) e una svariata e coloratissima presenza di orchidee. Il sentiero che ci porta alla Playa piace molto sia a me che a Francesca. In modo particolare, lei instaura con Migel un intenso scambio di domande e risposte sulla flora circostante. Le tre ore che ci separano da La Playa passano veloci e la fatica non si fa sentire.

Arriviamo alla Playa alle 13. Mangiamo - anche oggi c'è molto riso- e, dopo che prostata è andato per la decima volta in bagno, con un pulmino ripartiamo alla volta della centrale idroelettrica. Nella tanto amata valle sacra degli Inca, i peruviani hanno costruito una centrale idroelettrica gigantesca. I piloni grigi dell'alta tensione rovinano la naturale bellezza dei verdi versanti delle montagne a loro volta bucate come un gruviera dalle prese e dalle gallerie di scarico dell'acqua utilizzata dalla centrale. Va be', poco importa se ora vicino a Machu Picchu c'è una centrale idroelettrica. Gli Inca non avevano bisogno di energia elettrica, noi si.

               avogado

                                  Zucca bianca

 

 

orchidea                                                                         bananeto

 

fragoline di foresta Amazzonica

Il pulmino ci scarica in prossimità della stazione del treno che ogni giorno collega la centrale idroelettrica con Agua Calientes, la porta d ingresso a Machu Picchu. Il sentiero corre lungo la ferrovia e spesso bisogna attraversare i binari da una parte all'altra stando naturalmente attenti all'arrivo del treno. Finalmente iniziamo ad intravedere i primi terrazzamenti di Machu Picchu, che emozione. Alle sei siamo ad Aqua Calientes, siamo fradici, stanchi, sporchi ma felici. Decidiamo di cenare e poi di andare in albergo, domani alle 3.30 si sale verso una delle sette meraviglie del mondo. Quante volte sarà andato in bagno oggi prostata? Mah, ci siamo stancati di contare....


 

 
 
 

Salkantay Trek. Primo giorno verso Machu Picchu

Post n°50 pubblicato il 14 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

I tanto attesi tre giorni di trekking che ci porteranno a visitare Machu Picchu sono arrivati. Migel, guida tirocinante di 21 anni, ci passa a prendere in hotel alle 2.30 della mattina. Dopo 15 giorni di sole, stamattina piove. Saliamo su un Toyota pick up. Siamo noi tre più l autista.

Dopo tre ore di tortuoso viaggio pieno di curve e per la maggior parte su strada sterrata, arriviamo al campo base del Salkantay trek. Siamo a 3850 metri.

Migel ci accompagna nella tenda dove conosciamo i nostri compagni di viaggio: nove americani, un ragazzo peruviano e la nostra prima guida -supervisor di Migel- Ippolito. Costatiamo che sono tutti più giovani di noi. Dopo le veloci presentazioni, ci viene data la colazione.

Alle 6.50 inizia l'avventura. Ci attendono 4 ore di salita che ci porteranno al passo del Salkantay, 4630 metri.

Purtroppo continua a piovere ma le montagne intorno a noi sono bellissime e ci rincuorano. Dopo 200 metri di salita, poco sotto 4000 metri, la pioggia si trasforma in neve. Camminiamo a quasi 4000 metri sotto una fitta nevicata, figo! Lungo la prima parte del percorso iniziamo a conoscere i compagni di viaggio e in modo particolare notiamo che uno dei ragazzi americani deve andare spesso in bagno, caratteristica per cui verrà successivamente soprannominato prostata. Il cammino continua sotto una fitta nevicata che non accenna a diminuire. Lungo il percorso la fame d'aria si fa sentire così nelle varie soste mastichiamo foglie di coca e mangiamo il buonissimo cioccolato preparato da Francesca il giorno prima nel laboratorio del museo del cioccolato di Cuzco. Nonostante il cielo sia grigio in alcuni, seppur brevi, momenti le nuvole come per magia si dissolvono e lasciano intravedere panorami da mozzafiato. Le cime delle catena del Salkantay si mostrano in tutta la loro maestosità; di fronte a noi vette di oltre 6000 metri, che spettacolo!

Dopo 780 metri di salita, 20 o 30 foglie di coca masticate, 10 urinate di prostata arriviamo al passo! Io e Francesca, nonostante siamo i più vecchi, arriviamo prima dei giovani compagni di camminata. Siamo entrambi stupiti dal fatto di non aver sofferto troppo l'altitudine. Sono le 10.30 la neve ha smesso di cadere ma purtroppo il ghiacciaio del Salkantay -6280 metri- è coperto dalle nuvole.

Rimaniamo comunque affascinati da ciò che ci circonda e soprattutto felici di essere arrivati a piedi a questa quota. Dopo circa mezz'ora vissuta nella invana speranza di riuscir a vedere il ghiacciaio, le foto di rito e due pisciate di prostata, Ippolito ci invita ad iniziare la discesa. 

Ci attendono circa 1800 metri di discesa. La prima parte del percorso che ci porterà al campo base di Huayracmachay a 3900 metri è molto bella e anche le condizioni meteo sembrano essere in miglioramento. In due ore passiamo dal brullo e bianco paesaggio dei 4630 metri al più colorato e vivo ambiente dei 4000 metri. Lo zero termico è a circa 4200 metri; da li in giù il sentiero non è più bianco candido ma diventa melmoso ed è quasi impossibile non bagnarsi i piedi. Anche con i migliori scarponi in gore-tex che si possano avere, in queste condizioni risulterebbe difficile mantenere i piedi asciutti. Prima di arrivare al campo base, il sole ci fa un incredibile regalo: finalmente vediamo l azzurro vivo del ghiacciaio del Salkantay...indescrivibile, nella mia vita non ho mai visto un ghiacciaio così imponente e bello come quello che ora ho davanti ai miei occhi. Ci godiamo lo spettacolo, il pranzo può attendere.

Purtroppo il sole resiste alle nuvole per poco più di mezz'ora. Siamo comunque felici di aver avuto la possibilità di vedere il ghiacciaio. Alle 13.10 siamo al campo per il pranzo. Ottimo: una varietà tra carne, verdure e pasta che ci dà la forza di ricominciare la discesa. Da 3900 metro dobbiamo arrivare ai 2900 metri di Chaullay Village, il campo base nella giungla dove trascorreremo la notte. Sinceramente, devo ammettere che i 1000 metri di discesa sotto la pioggia e lungo un percorso melmoso e poco significativo me li sarei evitati volentieri. Arriviamo al campo alle 17.30, le tende sotto una struttura fatta di paglia sono già montate. La pioggia continua a cadere senza tregua e noi siamo praticamente bagnati fino alle mutande. Durante la cena, in contemporanea con l'arrivo dell'ennesima portata con contorno riso, sento Ippolito esclamare: " I peruviani mangiano riso più dei cinesi". Fino ad ora non avevo fatto caso a questo particolare culinario ma in effetti pensando ai viaggi in oriente mi rendo conto che la quantità di riso mangiata dai peruviani non è assolutamente minore a quella mangiata da un cinese. Prima di dormire ci domandiamo quante volte prostata sarà andato al bagno oggi: per me 20 per Francesca un po' di più.

 

 
 
 

Nazca, il volo

Post n°49 pubblicato il 11 Settembre 2015 da FraZigno
 
Foto di FraZigno

Nasca 2 agosto 2015

Oggi la giornata inizia subito con tanta adrenalina! Abbiamo prenotato un volo con un Cesna 207 sulle misteriose linee di Nazca. Sia io che Francesca siamo stati indecisi fino all'ultimo sul fare o non fare questa avventura in quanto molte guide turistiche riportano che le compagnia aeree sono poco affidabili e vengono menzionati diversi incidenti aerei avvenuti dal 2008 ad oggi, in totale cinque. Chiediamo quindi rassicurazioni al gestore dell'hotel che ci ospita il quale ci dice che le regole sulla sicurezza sono cambiate nel 2013 e che ora tutto è più sicuro quindi: hey oh let's go!


Il volo è fantastico, il pilota con avvincenti virate prima a sinistra poi a destra inclina l'aereo così da permettere a tutti i passeggeri di vedere chiaramente le diverse figure costruite minuziosamente prima dalla civiltà Paracas e poi dai Nazca. La costruzione delle figure avviene spostando i sassi roventi neri lungo linee geometriche precise che porta alla luce la sabbia bianca sottostante.

La balena, la scimmia, il colibrì, l astronauta e la rana sono solo alcuni dei disegni che hanno reso le linee di Nazca così famose nel mondo.

il colibrì

l'albero

il condor

 

la balena

Il copilota, attraverso le cuffie, ci indica dove guardare mentre il pilota governa il nostro Cesna con un volo acrobatico che volteggia libero nell'aria come un condor: virate, planate e improvvise risalite nell'azzurro del cielo, che emozione. Il volo dure circa trenta minuti, l atterraggio è perfetto. Sia io che Fra siamo veramente contenti di aver vissuto questa esperienza.


Alle 10 siamo nuovamente in hotel, qui conosciamo Juan Carlos, guida che lavora con l hotel e che visti i suoi 5 anni passati in Italia parla un fluente italiano. Ci propone diversi tour ma, soprattutto io, spingo per fare un tour di visita sulle linee a terra. Dopo averle viste dall alto, la curiosità è forte per capire come realmente sono fatte.


Charlos prima ci porta alle linee di Pampa fatte dai Paracas 2500 anni fa, 500 anni prima dei Nasca. Sono belle. Ci spiega che fortunatamente nella zona piove poco e quindi le linee si conservano. Le linee sono state fatte spostando i sassi neri e liberando la candida sabbia alla luce. Ma la curiosità più bella che ci spiega è che queste linee vengono pulite naturalmente dal forte vento che batte ogni pomeriggio in questa zona. 

Per molti turisti, specialmente asiatici queste linee hanno origini extraterresti, per gli scienziati e in particolar modo per la scienziata tedesca Roche che lavoro qui dal 1943 fino alla sua morte, le linee ricordano la disposizione delle stelle nel cielo creando una sorta di calendario astronomico che gli inca probabilmente usavano per l agricoltura. Interessante.

 

 
 
 

Cima Marmotta con le ciaspole!

Post n°45 pubblicato il 25 Luglio 2015 da FraZigno
 

 

Il percorso che sto per descrivere è una semplice via alpinistica che dal rifugio Corsi porta ad una facile ma stupenda cima a 3300 metri: Cima Marmotta.

Il mitico Piac (Capitan Sud Tirol) ci informa in merito alla possibilità di organizzare una gita lungo questo affascinante percorso in una domenica di Aprile; ma non con gli sci, bensì con le ciaspole. Accolgono l'invito i Montagneres (deformazione di Avengers): Fra (la Vedova Nera), Fabrizio (Thor), Max (Hulk) e Andrea (Iron Man).

Si parte presto la mattina del 4 aprile 2015. Alle 5:30 siamo già in Autostrada direzione Bolzano.

Iniziamo la salita verso la cima alle ore 8; veniamo più volte superati da numerose persone con gli sci ai piedi e dentro di me penso a quanto bella sarà per loro la discesa. Ma non mi scoraggio. La salita è lunga e faticosa, fa quasi caldo. Verso le 12 siamo a 3000 metri; di fronte a noi il ghiacciaio del Cevedale in tutta la sua maestosa bellezza. Più in lontananza il Gran Zebrù con le sue caratteristiche forme. Ma noi abbiamo un obiettivo: cima Marmotta è proprio di fronte a noi, altri 300 metri di dislivello e ci saremo. L'ultimo pezzo lo faccio con Vedova Nera che nei tratti finali è davvero una bomba inarrestabile; pensavo fosse stanca morta ma alla fine affila le unghie e arriva in cima poco prima di me: "chapeau!". Hulk e Thor hanno un po' di difficoltà e Capitan Sud Tirolo aiuta-soprattutto psicologicamente- i due supereroi che con affanno ma con un gran sorriso finale, raggiungono anch'essi la bellissima vetta.

IL panorama dalla cima è indescrivibile. 360° , si vede proprio tutto. Non è possibile scrivere a riguardo, non ci sono parole adatte.

Il rientro è un'avventura. Le ciaspole non sono come gli sci e gli irti pendii spesso possono provocare paure nei neofiti. Alcuni di noi quindi scendono i tratti più difficili utilizzando un'arma infallibile: il sedere...che divertimento!!!!!



Alle 20. siamo di nuovo in macchina con i visi ustionati ma felici di aver fatto una stupenda gita.

Grazie Capitan Sud Tirol

 
 
 

Via ferrata Bocchette 1/2

Post n°43 pubblicato il 27 Ottobre 2014 da FraZigno

 

Settembre 2010 (poco prima della partenza per Sydney), settembre 2013, per non parlare poi del settembre 2012 quando non preparammo nemmeno gli zaini. Queste date erano impresse nella mia mente come i fallimenti delle bocchette, via ferrata delle dolomiti di Brenta di cui tanto avevo sentito parlare e che non vedevo l'ora di fare.

Finalmente nell'autunno del 2014 e più precisamente nel primo fine settimana di ottobre, le condizioni meteorologiche buone e la mancanza di impegni inderogabili degli avventurieri hanno permesso di dare inizio all'avventura: "Via ferrata Bocchette di Brenta, arriviamo!!!"

Verso le tre del pomeriggio mi trovo a Fai della Paganella con Fabrizio e Stefano (Piac). Si parte in macchina, destinazione Pradel. Alle 14.50 zaini in spalla e ad una quota di 1182 metri, iniziamo l'avventura. Il primo giorno è di avvicinamento. La via ferrata si trova immersa nelle sinuose guglie e spettacolari anfiteatri calcarei delle dolomiti di Brenta ad una quota di partenza di circa 2400 metri. Passeremo la prima notte presso il bivacco invernale del rifugio Pedrotti a quota 2429.

Dopo circa un'ora e mezza di cammino arriviamo al rifugio Altissimo, nella valle delle Seghe. Abbiamo fatto solo 250 metri di dislivello ma, con gli zaini carichi, la fatica si fa sentire più del previsto. Riposiamo 10 minuti e poi ripartiamo; prossima tappa il rifugio Selvata. Alle 17.00 ci troviamo nelle vicinanze del rifugio a 1645 metri; breve sosta dissetante e poi su verso la Baita Massodi a 1972 metri. Dopo circa 50 minuti di irta salita e nelle vicinanze della Baita, scorgiamo in lontananza il Rifugio Pedrotti- Tosa. La vista ci inganna; il rifugio sembra vicino ma alla meta mancano ancora circa 460 metri di salita. Arriviamo presso il bivacco invernale che è già notte. Solo una fievole luce solare ci accompagna negli ultimi 100 metri di salita.

Abbiamo fatto 1356 metri di salita, le bocchette sono vicine ma la fatica e l'acido lattico nelle gambe si fanno sentire. Mangiamo due buste di pasta e fagioli, un po' di affettato e formaggio e beviamo una bottiglia di vino per festeggiare il compleanno di Stefano. Poi tutti in branda, domani inizia il divertimento.

 

 

Notte difficile nel ricovero invernale. L'umidità e l'acido lattico nelle gambe non facilitano il riposo. Ci svegliamo alle 7.00. Un tiepido Sole inizia a riscaldare le cime delle montagne. Il fuoco del fornelletto che riscalda l'acqua dei nostri caffè solubili scalda anche le nostre mani. Alle 7.40 lasciamo il bivacco invernale; inizia l'avventura.

 

Le bocchette centrali le avevamo già fatte nel 2013. L'anno scorso la pioggia e la nebbia avevano completamente nascosto il panorama mozzafiato che, al contrario ora, ci prestiamo a godere in questa fredda ma serena mattinata di ottobre. Il percorso lungo le famose cengie e la maestosità del Campanil Basso riempiono il cuore di soddisfazione e felicità. La fatica non si fa ancora sentire e il percorso procede tranquillo e sereno lungo paesaggi mozzafiato.

 

Arriviamo alla bocca delle Armi dove si concludono le Bocchette Centrali alle 11.15. Circa 3h e 30 minuti per vivere l'avventura di questa prima parte di via ferrata; che dire, senza la nebbia dell'anno precedente il percorso si è manifestato in tutta la sua bellezza e maestosità!

 
 
 

Via ferrata Bocchette 2/2

Post n°42 pubblicato il 27 Ottobre 2014 da FraZigno

 

Alla bocca delle Armi inizia però il primo problema. Il nevaio da attraversare è completamente ghiacciato e il percorso diventa estremamente difficile senza ramponi. Non è stato facile affrontare le poche centinaia di metri che ci separavano con l'attacco del sentiero delle Bocchette Alte. Normalmente, con condizioni ideali, tale distanza la si può percorre in meno di 20 minuti; noi, utilizzando diverse strategie per non scivolare, ne abbiamo impiegati quasi 60.

Alle dodici e mezza, lasciamo finalmente il nevaio della Bocca delle Armi, salutiamo il rifugio Alimonta costruito al centro di questa valle a 2580 metri e iniziamo la salita verso la cima di Molveno, il primo tratto delle Bocchette Alte. Il percorso che stiamo per affrontare è finalmente la realizzazione di un obiettivo che mi trascinavo oramai da più di 5 anni. Il primo tratto si rileva facile. Dopo un tratto di scale e cordini, arriviamo sull'altopiano della bocca bassa dei Massodi. Successivamente, affrontiamo una serie di scale che ci fanno perdere un centinaio di metri di quota e ci ritroviamo così sul traverso più impegnativo dell'intera ferrata, punto in cui incrociamo la via ferrata Detassis. Superato il traverso, troviamo una decina di scale in successione che ci fanno riguadagnare i metri di quota persi in precedenza e toccare quasi i 2900 metri di quota. La via ferrata a questo punto diventa un sentiero attrezzato che ci porta fino al punto più alto dell'intera spedizione: i 3010 metri presso la Bocca della Vallazza.


 

Sono le 15 e decidiamo di mangiare.

Ci ripariamo in una sorta di trincea e, riparati dal vento, recuperiamo un po' di forze mangiando un paio di panini con affettato e formaggio. Dopo mezz'ora ripartiamo, l'avventura prosegue ed ora dobbiamo affrontare la famosissima scala dell'amicizia. Circa 60 scalini per coprire una salto di quasi 35 metri nel vuoto attaccati ai gradini della scala.

 

L'emozione è forte e sconsigliata per chi soffre di vertigini. 

 

Affrontata la scala, dopo un breve tratto di sentiero attrezzato e un paio di scale molto più brevi, ci ritroviamo nella parte di percorso più facile in cui non sono presenti attrezzature.

Dopo circa un'ora di passeggiata tranquilla, verso le 17, arriviamo in un punto della ferrata in cui difficilmente non si prova un po' di paura. Dobbiamo attraversare un traverso su neve ghiacciata di un nevaio estremamente pendente e con una scarsa percentuale di salvezza nel caso di scivolamento. Per fortuna un cordino metallico è stato tirato da una estremità all'altra del nevaio in modo da facilitare e rendere sicuro il passaggio. Tutto procede per il meglio così verso le 17.30 dopo aver per un attimo perso il sentiero e camminato sotto Cima Brenta (3150 m), ci ritroviamo sull'ultimo tratto di ferrata che in discesa ci porterà alla bocca di Tuckett a 2648 metri. Arriviamo alla bocca di Tuckett alle 18:48. Le tenebre stanno avanzando e anche in questo caso la neve del nevaio è ghiacciata. Esausti, io e Fabrizio decidiamo di scendere lungo il nevaio sfruttando il nostro posteriore.

Quando terminiamo la scivolata del nevaio è buio. Per percorrere l'ultimo tratto di sentiero che ci porterà al bivacco invernale del Tuckett utilizziamo le pile. Il bivacco è pieno ma troviamo ugualmente due letti su cui riposare. L'eroico Piac dorme sul materassino gonfiabile!

Sono le 21 e privi di forze cerchiamo di prendere sonno e riposare. In totale abbiamo camminato per circa 12 ore, fatto 926 metri in salita e1069 metri in discesa. Il punto più alto 3010 metri quello più basso 2280 metri del rifugio Tuckett.


Il giorno dopo era in programma il rientro ad Andalo passando dal rifugio Stoppani, il Passo della Gaiarda e Malga Spora. Per ovvi motivi, la spedizione decide di optare per un più facile e corto rientro scendendo a Madonna di Campiglio dalla Val Vallesinella.

Grande spedizione e bellissima gita, le bocchette medie e alte sono state finalmente fatte

 

                                  well done mate!

 
 
 

I cavalieri di Malta e le 99 miglia contro il maestrale!

Post n°41 pubblicato il 06 Maggio 2014 da FraZigno

Sabato 19.04 - La Valletta

 

Arrivo a Malta e sistemazione dell'equipaggio in barca. Assegnazione cabine, conoscenza della barca e primo check in della Kiwi.

Cena in marina, Kalkara Regatta, con pizza, hamburger e spaghetti ai ricci di mare.

 

Domenica 20.04 - Marsaxlokk | vento SE variabile 10 nd; 20,5 mn

 

Secondo check in: sistemati amantiglio, avvolgifiocco e terzaroli (o almeno credevamo...)

Prime prove a vela, mentre navighiamo verso sud i delfini ci accompagnano.

Domenica di Pasqua: Buona Pasta a tutti!

Assaggio della squisita Xamamina anti mal di mare…

Nonostante dovessimo fare poche miglia, puntiamo subito Marsaxlokk, dove possiamo ancorare.

Durante le manovre di ormeggio all'ancora finiamo incagliati sul fondale basso, ma è solo questione di pochi secondi.

Quindi dopo aver chiesto consiglio al pescatore napoletano, ormeggiamo al gavitello, tra pescherecci (luzzu) e trasportatori in fase di carico nella bunkering area.

Scesi a terra col tender, dopo sguardi truci agli abitanti, alcuni si portano la pizza maltese in barca per sorvegliare il tender. Altri decidono di mangiare pesce in porto, venendo poi recuperati col dinghi e sfidando le onde bagnandosi il sedere.

Sciroccata notturna in rada.

 

Lunedì 21.04 - Golden Bay e Cirkewwa | vento NW forza 7-8, 35 nd; mare agitato, onda 4m ; 26,7 mn

 

6 ore di navigazione, dopo qualche ora di bolina si passa a motore.

Grande timoniere motorista che resiste (per non star male) mentre tutti ronfano nonostante la burrasca.

Intravista da lontano la Blue Grotto e qualche piattaforma petrolifera.

Ancoraggio alla Golden Bay, con assalto alla spiaggia dei tre temerari spiaggiando il tender e secondo tentativo riuscito per visitare la baia dalla sabbia dorata.

Si riparte per un approdo notturno a Cirkewwa, passando davanti ad Anchor Bay e al Popeye Village.

Prime pucce a mare tra Comino e Malta, successiva discesa a terra: finalmente del vino locale!

Seconda notte in rada, ormeggio al gavitello di fianco al traghetto per Gozo.

 

Martedì 22.04 - Gozo, Mgarr | vento NW 35 nd, raffiche anche a 40 nd; 20,2 mn

 

Sfidando nuovamente il forte vento, usciamo al lasco per raggiungere l'arco naturale, l'Azure Window.

Dopo aver constatato che la barca non tiene la bolina, e quasi rischiato che il motorista si buttasse a mare, optiamo per la navigazione a motore, per raggiungere l'arco da vicino.

Rientro diretto a motore sotto costa, meta la marina di Mgarr e la nostra prima doccia.

Scavalcando varie volte il cancello della marina, si ormeggia e ci si doccia.

Un'ultima corsa mozza fiato all'autobus e Victoria ci aspetta.

Al rientro in marina troviamo una sorpresa: con le raffiche da E abbiamo scheggiato la spiaggetta del Kiwi contro il pontile.

 

Mercoledì 23.04 - Gozo, Mgarr | vento NW 40-50 nd; 0 mn

 

Prima giornata di sole!

Maestralata in arrivo, seguiamo il consiglio del charter e ce ne stiamo ormeggiati in porto, visitando la terra ferma.

Tappa al supermercato in previsione del pick nick isolano, con tanto di cancellata in testa... i gatti maltesi fanno male...

Mitici autobus maltesi: con 1,50€ si gira tutta l'isola!

Prima tappa del giorno: la Finestra Azzurra da terra, con arrampicata sulle scogliere.

Pick nick nel Inland Sea e dormitina.

Dopo l'orda dei safari di Barbarossa ci rimettiamo in viaggio, direzione grotta di Calipso e poi Ramla Bay, la spiaggia dalle sabbie rosse, dove si sfidano le ondone per fare il bagno prima di concedersi un aperitivo ventoso.

Rientro in marina per la seconda bruschettata in barca e per riparare il gancio della spiaggetta.

Giro di boa della vacanza!

 

Giovedì 24.04 - Blue Lagoon | vento NW 25 nd; 9,5 mn

 

Preparativi per lasciare la marina, obiettivo del giorno rivendere il barattolo di nescaffé al supermercato.

Circumnavigazione dell'isola di Comino, provate tutte le andature.

Approdo alla Blue Lagoon, perso (e recuperato grazie agli assaltatori a cavallo del tender) il "mezzo" mezzo marinaio e scacciati dall'ormeggio dal veliero turistico.

Dirottati alla baia vicina, con il primo vero pranzo in pozzetto, battaglie sull'issare o meno il bimini, e bagno con mute più o meno rovesce.

Giro a piedi dell'isola o pausa relax in barca, poi si ritorna alla Blue Lagoon ora deserta per ormeggiare per la notte e goderci il tramonto.

Nuovo recupero del mezzo marinaio, ma comunque riusciti ad ormeggiarsi al gavitello titanico.

Dopo cena, il cielo stellato. Costellazioni dei presenti ben in vista sopra la nostra Kiwi.

Si sfida l'umidità totale tentando di fare la nanna in pozzetto.

 

Venerdí 25.04 - San Pawl's Bay | vento W 10-15 nd; 24,6 mn

 

Sveglia presto per fare un giro della laguna col tender.

Snorkeling e bagno in mezzo alle occhiate, sogliole e altri pesci piccolini.

Lasciata la Blue Lagoon, rotta per San Pawl al lasco.

Momenti di relax in navigazione, chi legge, chi prende il sole, chi dorme al mascone.

Ormeggio al gavitello a San Pawl e pranzo in pozzetto al sole.

Momento relax al gavitello e recupero ordine psicofisico della Kiwi e atterraggio del tender.

Prima di lasciare la baia, salita in testa d'albero per controllare eventuali "perdite" della strumentazione.

Ultimo tramonto a vela in navigazione verso La Valletta, con musica tipica del luogo e Smash Radio.

Entrata in notturna in porto. Attenzione, perché manovrare di giorno va bene, ma di notte è tardi!

Ultima cena alla Valletta, antipasti di pesce finalmente! E poi pesce, tonno fresco, pasta con gamberoni e pistacchi e pomodorini...

Ultima notte in porto sulla Kiwi, il vento ci saluta con le ultime raffiche da W a 30 nd.

 

Sabato 26.04 - La Valletta | raffiche da W; 0 mn

 

Doccia fredda per tutti, finite tutte le provviste prima del check out della Kiwi.

Pioggia alla Valletta, giro della città con pranzo tipico (stuzzichini maltesi di sfoglie alla ricotta, saccocci di spinaci, mezzelune di pollo e funghi, involtini di salsiccia...) e saluto del forte alla Kiwi con due colpi a salve.

Primo vero caffè, dopo una settimana di nescaffé salato, prima di incrociare i Galli alla marina di Kalkara, Asterix e Obelix salutant!

Dopo 99 miglia di viaggio, aspettiamo il mal di terra!

 
 
 

La battaglia di Ivrea

Post n°40 pubblicato il 06 Marzo 2014 da FraZigno

 

Una mattina di inizio primavera stavo seduto in uno dei banchi della 5 A del liceo scientifico G. Falcone. Davide, mio compagno di banco, come al solito non seguiva le lezioni e leggeva il giornale: “ Ad Ivrea la battaglia delle arance ha provocato 150 contusi” si leggeva nel titolo di una delle prime pagine del quotidiano che stava svogliando. Ci guardiamo e decidiamo che l'anno prossimo il carnevale di Ivrea sarebbe stato anche un po' nostro.

 

Alla fine ho aspettato quasi 16 anni ed ad Ivrea ci sono andato solo quest'anno con Fra. Gaetano ed Elena (eporediese DOC) ci ospitano a casa loro così sabato primo marzo 2014 siamo in Piemonte pronti ad assistere alla cerimonia di presentazione della Vezzosa Mugnaia e a partecipare alla battaglia delle arance del giorno dopo.

La leggenda narra che la figlia di un mugnaio, Violetta promessa sposa di Toniotto si ribella alle pretese del feudatario che reclamava il diritto allo jus primae noctis . Fingendo di accettare l'invito dopo essersi recata nel castello di San Maurizio uccise il tiranno con un pugnale che aveva nascosto tra i capelli e diede il segnale al popolo che si sollevò contro i nobili. Il popolo infatti viveva momenti difficili resi tali anche dalle tasse sul macinato, e le tasse sul matrimonio. La spada con l'arancia posta nella sua sommità vuole rievocare la testa del tiranno ucciso (wikipedia).

 

La battaglia di domenica è emozione allo stato puro: i boia del Tiranno, gli imperatori, i traditori del Tiranno, i balestrieri d'Alberto I sono solo alcuni dei nomi dei carri spinti da bellissimi cavalli a combattere nelle diverse piazze presiedute dalle nove squadre di aranceri:

 

  • Aranceri Asso di Picche: casacca rosso-blu e foulard nero con simbolo della picca

  • Aranceri della Morte: casacca nera, pantaloni rossi, con un teschio nero su sfondo bianco.

  • Aranceri Tuchini del Borghetto: casacca verde, pantaloni rossi e un corvo nero su sfondo bianco.

  • Aranceri degli Scacchi: casacca a scacchi bianco-nera e una torre arancione.

  • Aranceri Pantera Nera: casacca nera e una pantera nera su sfondo giallo sulla schiena.

  • Aranceri Scorpioni d'Arduino: casacca gialla, pantaloni verdi e scorpione nero.

  • Aranceri Diavoli: casacca giallo-rossa e diavolo rosso i sfondo giallo.

  • Aranceri Mercenari: casacca granata, pantaloni gialli e stella gialla con spade granata.

  • Aranceri Credendari: casacca blu, pantaloni gialli.

Elena mi presta la casacca dei Mercenari, tra di me penso che è la squadra che meglio mi rappresenta.

Inizialmente siamo un po' titubanti ma dopo aver preso nello stomaco, in testa e sul braccio una bella dose di arance, ci scateniamo e iniziamo anche noi a battagliare. Mi rendo conto subito che raccogliere le arance da terra è troppo poco producente quindi decido di comprare la tipica borsa degli aranceri, riesco in questo modo a caricarmi di munizioni e a lanciare le arance contro i carri senza dovermi piegare con l'inevitabile problema di lasciare libera la schiena alla carneficina.

La battaglia continua fino alle 17. Vedo gente passare con occhi gonfi e piccole contusioni. Anche questo è il carnevale di Ivrea...

 
 
 

Giordania 2013-2014

Post n°39 pubblicato il 18 Febbraio 2014 da FraZigno
Foto di FraZigno

 

DIARIO DI VIAGGIO

1° GIORNO: Domenica 29/12/2013. La partenza.

 

Raramente sono andato a dormire alle 21.30 per alzarmi alle 24.00. Sabato 28 dicembre dopo poco più di due brevi e agitate ore di sonno sia io che Fra , con i visi pieni di sonno partiamo da Trento direzione Malpensa. Il navigatore ci informa che il viaggio, traffico permettendo (ma chi viaggia a quell'ora?) sarà di circa 3 ore e mezza. Il ritrovo è alle 5.10 a Milano Malpensa.

Tutti i partecipanti sono puntuali: alle 7 decolliamo per Vienna, destinazione finale Amman. Durante il check in e l'attesa per l'imbarco, iniziamo a fare conoscenza: Fiorella, Paolo, Elena, Gaetano, Andrea, Diego, Eliana, Francesca, Giacomo, Carla, Nadine, Valeria, Stefano, Maurizio, Enrico e Fra, la coordinatrice. Tutti e 16 siamo pronti per l'avventura Giordana: terra di Lawrence d'Arabia (ad Aqaba ad Aqaba) e di una delle sette meraviglie del mondo moderno, Petra.
Volo in orario e, con gran sollievo, arrivano sani e salvi anche tutti i nostri i bagagli: prima della dogana cambiamo a testa 50 euro in Dinari Giordani (JD) - la moneta nazionale- e facciamo il visto.

Durante il volo è stato difficile, se non impossibile, parlare tra di noi ma ora, con il visto sul passaporto, l'avventura ha finalmente inizio.

 

Il bus per il trasferimento al Farah hotel è incredibilmente in orario: dopo soli 20 minuti di attesa nella sala arrivi dell'aeroporto siamo seduti su un vecchissimo e scomodissimo autobus. Nessuno lo dice, ma molti sperano e pregano che i trasferimenti della vacanza non avvengano con questo pullman. Mi siedo in fondo, vicino ad Enrico. La ventola dell'aria produce un rumore talmente assordante che, sfiniti, dopo mezz'ora di viaggio, chiediamo gentilmente all'autista di spegnere il potente e rumoroso sistema d'aria "condizionata". Arriviamo in hotel dopo circa 1 ora di viaggio e con qualche decibel in meno di udito.

La prima impressione di Amman è particolare: prima di arrivare in centro attraversiamo quartieri popolari, abbastanza poveri e sporchi. Tutti siamo colpiti nel vedere diversi negozi di ricambi per auto e motorini: dentro di me ho pensato che presto una di quelle officine avrebbe ospitato anche i pezzi del nostro pulmino.

Arrivati in hotel Fra distribuisce le stanze (doppie e triple). Alle 18 siamo tutti pronti per
assaporare l'aria di Amman: siamo in centro, cambiamo i soldi e ci addentriamo nel suq di frutta e verdura, molto affollato e colorato. Visitiamo il Ninfeo che sembra più una discarica che un antico complesso di fontane e l'illuminato Anfiteatro Romano.

I migliori felafel di Amman, secondo la Lonely Planet e a detta di alcuni locali che ce lo consigliano, si mangiano all'Hashem restaurant: servizio veloce, prezzi modici, localino caratteristico e poco turistico; felafel buonissimi, vengono confermate le attese (o forse avevamo solo tanta fame????).

Torniamo in albergo e ci diamo l'appuntamento per l'indomani mattina. Alcuni di noi si fermano a giocare nella hall a scopa/briscola con le mitiche carte di Carla; inizia così un passatempo che si svolgerà quasi tutte le sere della vacanze.

Gaetano, nel frattempo, ha già scattato diverse foto ma, non con una macchina fotografica come tutti noi, bensì con il suo Ipad!

 

2°GIORNO: Lunedì 30/12/2013: Amman-Dana e Sami.

 

Ore 8.30 di una soleggiata e fresca mattina. Tutto il gruppo è pronto per la partenza con la pancia piena; la colazione ricca di hummus e felafel ha ricaricato le batterie anche se ad alcuni è sembrato strano mangiare hummus alle 7.30... come dargli torto!

Conosciamo Sami, la guida giordana che ci accompagnerà nel nostro viaggio. Partiamo con il bus da Amman: con grande sorpresa abbiamo a disposizione un bus da 50 posti pulito e abbastanza nuovo, comodo e soprattutto spazioso! Durante il viaggio verso il monte Nebo, Sami si presenta e ci fornisce alcune informazioni riguardanti la Giordania e il popolo giordano. Cerco di prendere qualche appunto e, conoscendomi, so già che questi saranno gli ultimi: la pigrizia sicuramente prenderà il sopravvento.

Sami ha vissuto per molto tempo in Austria, è sposato e ha 3 figli. Descrive il tempo vissuto in Europa come un importante e felice momento della sua vita, ma sottolinea come ad un certo punto della sua esistenza sia sorto in lui un forte desiderio di ritornare nella sua terra madre. Sami era un insegnante di ginnastica: dato che lo stipendio mensile degli insegnanti è di circa 400 euro, ha deciso di cambiare professione e di fare la guida turistica. Le prime cose che ci racconta sulla Giordania: in totale gli abitanti sono circa 8 milioni, di cui 3 milioni vivono ad Amman, circa il 37% dell'intera popolazione. L'85% della popolazione è mussulmana il restante cristiana; tra le diverse confessioni religiose non ci sono problemi ed è quasi totale l'assenza di conflitti. Ci informa che Amman è divisa in una parte ricca, la parte ovest, e una parte povera, la parte est; solo il 10% dei cittadini della città sono ricchi. La Giordania ha stagioni simili a quelle europee, ma un clima leggermente più caldo anche se alcune settimane prima del nostro arrivo, è nevicato.

Scopriamo che un litro di benzina costa circa un euro, sul territorio Giordano non sono presenti pozzi petroliferi (pensando ai ricchi paesi confinanti, mi vien da pensare che sono proprio sfigati!).

Passiamo davanti all'ambasciata Siriana: è lunga la fila di profughi che probabilmente sperano in un visto Giordano. L'ambasciata è presidiata da militari. Sami ci informa che il 95% dell'esercito giordano è formato da beduini. A questo punto però mi stanco di prendere appunti e mi godo il paesaggio brullo e desertico: Amman è ormai lontana. Dopo circa 50' di viaggio arriviamo al Monte Nebo: la sosta dura circa un'ora, c'è il sole ed il cielo è limpido. Visitiamo il memoriale di Mosè, una chiesa in fase di ristrutturazione e un monastero francescano.

Dal punto panoramico possiamo vedere la terra promessa. La giornata è abbastanza limpida e il panorama è bello anche se sinceramente ho provato ad immaginare la reazione del popolo di Mosè all'esclamazione: "Ecco questa è la Terra Promessa!": una distesa di terra monocromatica e quasi totalmente priva di vegetazione (sarà piaciuta agli Ebrei?).

 

 

Ripartiamo in direzione Madaba, dopo una sosta obbligata in cui ci fanno vedere come si fanno i mosaici. Cogliamo l'occasione per usufruire del bagno, farci tentare dal comprare qualche souvenir e bere un the.

Alle 11.00 siamo a Madaba: la città offre un interessante mix culturale in quanto ospita una delle più grandi comunità cristiane della Giordania. Onestamente non me ne rendo conto perché più volte sento il richiamo alla preghiera del muezzin e mai il suono delle campane. Ci rechiamo a visitare la chiesa di St. George ed il famoso mosaico bizantino raffigurante la più antica cartina della Palestina ancora esistente. Il mosaico in origine era formato da oltre due milioni di tessere: affascinante, ma non indimenticabile.

Per non perdere tempo, in un negozio di fronte alla chiesa, prendiamo un lunch box con kebab e patatine.
Lasciamo Madaba direzione Karak: attraversiamo con il bus la Valle dei Re e ci fermiamo in un punto panoramico per scattare alcune foto al Wadi Mujib.

Il panorama è bellissimo: in lontananza l'invaso artificiale con le sue acque cristalline sono un perfetto soggetto per lo scatto di suggestive foto panoramiche.

Verso le 15.00 arriviamo a Karak: visitiamo il castello velocemente perché sta per piovere. Sami cerca di illustrarci le varie parti della fortezza, ma serve una buona dose di fantasia per capire e differenziare i vari locali che ci sembrano tutti uguali, nonostante il castello sia ben conservato. Il locale che ospitava il forno con la sua canna fumaria è la cosa che mi è piaciuta di più.

Dopo un the alla menta partiamo per Dana. Piove ed è scesa un po' di nebbia: sulla strada si vedono le tracce della neve della settimana precedente. Ci perdiamo e viene chiesto aiuto a Stefano dotato di GPS sul cellulare. Dopo accesi scambi di opinioni tra Sami e l'autista e il provvidenziale arrivo di un altro pullman turistico troviamo la strada per l'hotel e il paese.

Dana, villaggio in pietra del XV secolo arroccato su un precipizio, avvolto come l'abbiamo visto noi in una nebbia fitta e misteriosa, sembra ricordare paesaggi tipici della Transilvania. L'albergo a Dana è spartano, le camere sono fredde e piove (una camera si allagherà, ma per fortuna i bagagli erano sul letto). La squisita ed abbondante cena, la sala riscaldata, i canti, i balli, e le partite a carte ci ristorano. Verso le 23 andiamo a dormire: domani ci aspetta un trekking nella riserva.

 

GIORNO: Martedì 31/12/2013. Dana- Little Petra- Petra e la battaglia di Sami!

 

Ore 8.30 tutti pronti per il trekking nella riserva di Dana. Il tempo non è dei migliori, la nebbia quasi impenetrabile e la bassa temperatura sono ingredienti che poco invogliano alla gita.

Questa riserva, la più grande della Giordania, è caratterizzata da una conformazione del terreno molto eterogenea che spazia dalle falesie di arenaria alte fino a 1700 metri a una depressione che raggiunge i 50 metri sotto il livello del mare. Il pulmino che ci porterà all'attacco del sentiero è naturalmente in ritardo.

Per fortuna la nebbia si alza e possiamo goderci la passeggiata di quasi 3 ore e lo splendido paesaggio. La guida per il trekking è Mohamad Ali: è molto simpatico, è nato a Dana e ci dà qualche informazione naturalistica. In questo periodo sia la flora che la fauna scarseggiano, tuttavia vediamo sul terreno le piante di numerosi tulipani che al momento della fioritura primaverile sicuramente rendono il paesaggio unico e colorato.

Facciamo una breve sosta per il the preparato alla maniera beduina: Francesca nel frattempo ha già ricevuto varie proposte di matrimonio da parte delle guide beduine e contrattato la sua dote in cammelli.

 

Dopo pranzo partiamo per Shawbak: pioviggina e decidiamo di fare velocemente la visita senza percorrere il famoso passaggio segreto (Sami ci aveva detto che con la pioggia poteva essere pericoloso). Il castello non ci ha particolarmente entusiasmato: abbiamo però giocato a caccia al tesoro alla ricerca di una croce dei crociati.

Arriviamo a Piccola Petra poco prima delle 17.00: illuminata dalla luce del tramonto e dalle nostre torce, vediamo un piccolo assaggio di quello che sarà Petra domani. Veniamo quasi tutti ingannati da un cartello in cui si legge: "The best view in the world". Naturalmente tutti lo vogliamo vedere e quindi ci arrampichiamo sopra questo angusto sentiero. La traccia è irta e scivolosa, ciò scatena la rabbia della guida turistica dell'altro gruppo di italiani che viaggia in parallelo a noi che la ritiene troppo pericolosa. Ne scaturisce un violento scambio di opinioni tra Sami e questa guida: il primo ritiene che non ci sia nessun tipo di pericolo, il secondo la considera troppo rischiosa e vieta la salita ad alcuni suoi partecipanti..naturalmente il diverbio lo vince Sami, all'altra guida non resta che spaccare con un calcio il cartello "The best view in the world".

Per 3 notti alloggeremo all'hotel Edom: è l'ultimo dell'anno e in albergo hanno organizzato cenone e festa per tanti gruppi di turisti italiani. Riusciamo ad acquistare in un negozio vicino all'albergo birre e spumante per festeggiare con un po' d'alcol il capodanno. L'anno nuovo è arrivato tra brindisi, auguri, risate e soprattutto rallegrato dalla musica di un promettente giovane dj: il nostro mitico Maurizio!

 

4° GIORNO: Mercoledì 01/01/2014. Una delle sette meraviglie del mondo moderno: Petra

 

Nonostante i festeggiamenti della sera prima alle 8.30 siamo davanti al sito: tutti emozionati partiamo all'esplorazione di Petra. C'è il sole, il cielo è terso e Petra splendida: rimaniamo fino al tramonto e vediamo la maggior parte del sito archeologico.

E' difficile descrivere le emozioni provate nel vedere apparire, dietro uno strettissimo passaggio tra le pareti vertiginose del Siq, il Tesoro della città, nonché per molti, il simbolo di Petra. La facciata ellenistica è un capolavoro di maestria, di una tale grandiosità e magnificenza da togliere il respiro a chi la ammira (cit. Lonely Planet ma confermata da tutti noi).

 

La Strada delle Facciate, il Teatro, le Tombe Reali, la Strada Colonnata, i diversi Templi e la Chiesa sono ricordi di cui poco si può scrivere, ma che al solo pensiero fanno riaffiorare emozioni incredibili. Provo ad immaginare lo stupore provato dall'esploratore svizzero Burckhardt quando, nel 1812, in un viaggio fra Damasco e il Cairo, si imbatté in queste meraviglie da lui definite come "le rovine più raffinate giunte fino a noi".

Al tramonto ci troviamo di fronte alla facciata di una Tomba Reale: decidiamo di aspettare che il sole svanisca dietro l'orizzonte seduti in questo magico luogo. Per rendere ancora più avvincente il tramonto, parte una scommessa: " Quanto tempo impiegherà il sole a scendere dietro la montagna di fronte noi?". Il vincitore è tuttora sconosciuto.

Rientriamo in albergo con il buio, un breve assaggio di quello che sarà domani Petra by Night.

La sera alcuni fanno l'hamman in albergo e dopo cena ci rilassiamo e giochiamo alle carte. In tutti questi giorni Gaetano continua a scattare le fotografie con il suo magico Ipad.

 

 
 
 

Giordania 2/2

Post n°38 pubblicato il 18 Febbraio 2014 da FraZigno

 

5°GIORNO: Giovedì 02/01/2014. Petra vista dall'alto!

Oggi giornata libera, e la guida si riposa in albergo: ci rimangono da visitare l'altare del sacrificio e il monastero, entrambi un po' in quota. Partiamo alle 6.00 per vedere l'alba: camminare a Petra a quell'ora ha l'enorme vantaggio che non c'è quasi nessuno. Arriviamo al Tesoro ed il Sole ha appena iniziato a riscaldare l'atmosfera. Scattiamo alcune foto e poi decidiamo di dirigerci verso l'altura del Sacrificio. Il percorso è ripido, ma non troppo esposto. Arrivati in cima ci sediamo nei pressi di una tenda che vende souvenir e ci godiamo la vista sottostante. Le Tombe Reali viste da questa prospettiva rendono l'idea di quanto maestoso sia tutto il paesaggio circostante. Da questa posizione si può osservare lo spettacolo di varia umanità che si rinnova ogni giorno: cammellieri che litigano con le loro cavalcature, bambini che conducono le capre da una chiazza di vegetazione all'altra e beduini che cercano di vendere i più svariati souvenir a curiosi turisti. Facciamo una foto artistica nel punto in cui avvenivano i sacrifici: Fra finge di tagliarmi la testa (avrà pensato di farlo veramente? Mah...).

Scendiamo verso il centro di Petra percorrendo il Wadi Farasa ("Valle delle farfalle"), chiamato così perché in primavera l'esplosione della flora attira numerose specie di farfalle. Passiamo presso il Monumento del Leone localizzato grazie alla vista aguzza di Enrico. Si susseguono: la Tomba del Giardino, la Tomba del Soldato Romano di fronte alla quale si apre il Triclino del Giardino. Questa sala è unica in Petra in quanto le pareti interne sono riccamente decorate. Passata questa tomba il sentiero è poco segnalato e ci perdiamo, o meglio, decidiamo di aprirci da soli la strada che in circa mezz'ora ci riporta nei pressi dell'antico centro di Petra. Qui ritroviamo Gaetano, Elena e Nadine che stanno visitando Petra seduti sul comodo dorso di tre simpatici asinelli.

Ci riposiamo un po', beviamo un the e poi riprendiamo il percorso: ci aspettano altri 950 gradini di salita per raggiungere il Monastero, o Al-Deir. La struttura è simile al tesoro ma è assai più grande. Di fronte al Monastero si trova un chiostro che vende bevande con una fila di sedie e divani strategicamente piazzati per contemplare la maestosa facciata ellenistica del monumento. Siamo fortunati in quanto oltre alla bellezza del monumento, viviamo un'interessante gioco di equilibrio e bravura di un beduino che si arrampica senza nessun tipo di protezione e timore sul punto più alto e stretto dell'intero monumento, detto "la pentola".

Nei pressi del monastero partono brevi sentieri che portano in diversi punti panoramici da cui si gode una vista che spazia verso ovest sul Wadi Araba fino ad Israele e i territori palestinesi e verso sud fino alla cima del Jebel Haroun.

La giornata è stata a dir poco fantastica un po' perché il tempo e il caldo hanno aiutato, un po' perché ci siamo potuti rilassare e sentirci un po' nabatei a spasso per la città.
La sera andiamo tutti insieme al Petra by Night: l'unico un po' indeciso è Paolo che la reputa, usando una famosa citazione cinematografica: "Una cagata pazzesca!" Alla fine però riusciamo a convincerlo ad unirsi a noi.

Arriviamo in lenta processione davanti al Tesoro illuminato con le candele inserite in un sacchetto del pane per non spegnersi con il vento. Assistiamo ad un breve spettacolo; l'atmosfera è magica e il cielo stellato sopra il tesoro vale da solo il biglietto.

Non felici di concludere così la serata io, Giacomo, Diego e Francesca andiamo a bere un paio di birre in un pub. Scopriamo la birra Petra; è qui che ci viene l'idea di comprare alcune birre da bere domani durante il tramonto, quando saremo nel terre desertiche di Lawrence.

 

6° GIORNO: Venerdì 03/01/2014: "Ad Aqaba, ad Aqaba!" e il grave ferimento dell'Ipad

 

"La nostra carovana si rese conto della propria piccolezza ed ammutolì, intimorita e vergognosa di ostentare la propria esiguità di fronte a quelle alture stupende" (Lawrence d'Arabia, i sette pilastri della saggezza).

Partenza per le 8.30 direzione Wadi Rum: sono circa 2 ore e mezzo di bus. Prima di arrivare all'ingresso facciamo una breve sosta nella stazione dove è fermo un treno d'epoca e alcuni mezzi militari. Comprati i biglietti per l'entrata nel deserto, e lasciati i bagagli in un deposito partiamo con le jeep per il tour: per fortuna c'è il sole e non c'è vento perché le jeep non sono coperte.

Tutta la regione deve la sua notorietà all'infaticabile Lawrence che qui abitò nel 1917 durante la rivolta araba, una campagna militare guidata dal re Hussein contro gli Ottomani, nel tentativo di fondare una nazione araba indipendente. Le truppe del sovrano attraversarono il deserto in direzione Aqaba e alcune unità tra cui quelle di Lawrence vi tornarono per utilizzare la zona come base temporanea prima di dirigersi a nord verso Damasco.

Da qui in poi, senza vere motivazioni, dal gruppo ogni tanto si alzerà il grido: "Ad Aqaba, ad Aqaba" in onore del principe.

 

 

Facciamo 5 stop: la sorgente di Lawrence d'Arabia, le rocce con scritte preistoriche, la duna di sabbia, la casa di Lawrence d'Arabia e il grande Arco.

La salita verso la sorgente è abbastanza impegnativa, ma il paesaggio ripaga la fatica. Nella discesa accade l'imprevedibile: Gaetano, che fino ad ora aveva mostrato sicurezza e fermezza nel camminare ovunque abbracciando come un figlio il suo Ipad, scivola emettendo un solo grido: "L'Ipad!". La caduta non è più di tanto rovinosa, ma la vera tragedia è ciò che accade alla macchina. Come un tuffatore che si accinge ad affrontare la prova più difficile, l'Ipad disegna una traiettoria tipica di un tuffo doppio carpiato con raddrizzamento finale ed entrata perfetta sulle rocce. Risultato: schermo danneggiato ed imprecazioni varie.

Un po' depressi per l'accaduto ci rechiamo verso le rocce con le scritte preistoriche. Mezz'ora di jeep e passiamo da un tiepido e caldo sole ad una zona completamente in ombra e alquanto fredda. Onestamente, le incisioni sono abbastanza deludenti.

 

Infreddoliti risaliamo sulle jeep, la prossima destinazione è la duna di sabbia. Come ho già visto fare in Marocco ed in Australia, alcuni turisti scivolano lungo i pendii della duna con tavole da snowboard. Noi, purtroppo, non siamo attrezzati e quindi decidiamo di fermarci a mangiare prima di cercare di arrampicarci a piedi fino alla cresta. Alcuni di noi risalgono la duna a piedi scalzi riscendendola lungo il pendio più inclinato come se fosse una pista da sci.

Ripartiamo, e finalmente arriviamo alla casa di Lawrence d'Arabia: le aspettative erano tante, ma la delusione è cocente, soprattutto per gli architetti, in quanto ne è rimasto solo un muro.

Il ponte di roccia di Umm Fruth è nascosto in un angolo isolato del deserto e può essere facilmente scalato. Solo alcuni di noi intraprendono l'arrampicata; il gruppo che ci attende alle jeep scatta veloci fotografie al gruppo di arrampicatori e così viceversa. Arriviamo al campo beduino giusto in tempo per assaporare le famose birre Petra al tramonto. Il paesaggio è bellissimo: il rosso del tramonto lascia rapidamente spazio a migliaia di stelle luccicanti.

Cena alle 19, chiacchiere, partita a carte e poi passeggiata nel deserto in notturna per ammirare le stelle: il buio è completo e il cielo spettacolare. Dormiamo tutti bene, fa meno freddo del previsto (eravamo nella zona centrale del campo e super attrezzati).

 

7° Giorno: Sabato 04/01/2014. Il mar Morto e il dolore agli occhi.

 

Fra, Eliana, Valeria e Fiorella si svegliano alle 6 per vedere l'alba: il sole rimane nascosto dietro le montagne, ma i colori sono fantastici. Dopo un'abbondante colazione partiamo per il Mar Morto: la missione per Aqaba finisce qui.

Arriviamo verso le 14.00. Lo stabilimento è per turisti: ha due piscine e la spiaggia sul mare. Ci mettiamo il costume e facciamo il bagno: per 3 JD ci si può cospargere di fango, esperienza molto divertente!

Sami lungo il viaggio ci consiglia di non far entrare in contatto l'acqua del mare con gli occhi, pena una sofferenza che difficilmente si dimentica. Non ascolto questo consiglio e mentre faccio il bagno e galleggio con stupore sulle acque salate, immergo la testa nell'acqua. Risalgo e mentre cerco di aprire gli occhi mi rendo conto di essere cieco. Non riesco ad aprire gli occhi, il male è insopportabile, la riva lontana e l'acqua dolce un miraggio. Non mi resta che combattere contro le pene dell'inferno, condividendo il male con alcuni compagni di viaggio che, noncuranti del consiglio di Sami, si trovavano nelle mie stesse condizioni. Il male è costante, condividerlo con gli altri è l'unica medicina. Passano più di 5 minuti e finalmente riesco ad aprire un occhio: manca l'altro. Altri 5 minuti di sofferenza e riacquisto parzialmente la vista! Che terribile esperienza. Oltre a galleggiare sulla superficie dell'acqua, il mio personale ricordo del mar Morto è dolore, tanto dolore.

Consiglio a tutti questa esperienza: galleggiare sulla superficie dell'acqua come se si stesse distesi su un materassino è un'emozione unica ed irripetibile, ma non bagnate gli occhi con quell'acqua, potrebbe rovinarvi la giornata!

Dopo bagno e fanghi pranziamo al ristorante della struttura (il cibo era ottimo) e vediamo il tramonto sul Mar Morto.

Dopo aver brontolato con l'autista che non ci voleva portare, arriviamo alle terme Hammat Ma'in: sono aperte fino alle 21.00, gli autisti non vogliono mai portare nessuno perché dicono che la strada sia pericolosa.

Altro bagno, altro costume, ci rilassiamo in queste pozze di acqua caldissima e facciamo l'idromassaggio sotto la cascata naturale. Fiorella viene assalita da degli "energumeni" locali che con la scusa di spiegarle come si fa l'idromassaggio si avvicinano un po' troppo.... Dietro la cascata ci sono delle grotte con acqua bollente dove si forma il vapore: una vera e propria sauna naturale!

Rilassatissimi arriviamo verso le 21.00 allo Shepherd hotel ad Amman. Alcuni mangiano un kebab e poi andiamo a bere un the in un posto vicino all'albergo (Twanah): concordiamo l'itinerario per il giorno seguente, scegliendo di saltare la visita ad Umm Quais per avere più tempo da dedicare alla visita di Amman (e allo shopping).

 

8° Giorno: Domenica 05/01/2014 Jerash, shopping, le banconote di Saddam e cena pazzesca.

 

Partenza ore 8.30 per Jerash: non prendiamo la guida perché Sami è disponibile e ci fa da cicerone, ma non avendo preso un conduttore locale ci tassano 7 JD per il gruppo la causale: "sostegno alla popolazione locale in periodo di crisi"... a nulla valgono le proteste.

Appena attraversiamo l'Arco di Adriano si capisce immediatamente che Jerash non era un semplice centro di provincia romana, ma una città prospera e potente. Le rovine che si trovano di fronte a noi, ottimamente conservate, unite alla splendida giornata rendono la visita unica ed affascinante. Passato l'Arco ci troviamo in prossimità dell'ippodromo che un tempo poteva contenere fino a 15.000 spettatori. Lasciamo l'ippodromo e dopo circa 200 metri incontriamo la Porta Sud una dei quattro ingressi che in origine si aprivano sulle mura della città. Passata la Porta ci troviamo di fronte ad uno dei più suggestivi luoghi del sito: il Foro, una piazza ellittica delimitata da slanciate colonne. Continuiamo lungo il percorso che porta a nord e visitiamo: il Macellum (Agorà), il Tetrapilo sud, la Cattedrale, il Ninfeo, il Teatro nord per poi soffermarci nel bellissimo Tempio di Artemide, dea della caccia e della fertilità.

Ritorniamo verso l'Arco di Adriano passando per il teatro sud: assistiamo alla performance di due artisti locali vestiti con il kilt scozzese che intonano musiche con la cornamusa. Sinceramente l'abbinamento Teatro Sud di Jerash e Irlanda mi dà fastidio. La visita si conclude presso il Tempio di Zeus da dove si gode una bellissima vista sul Foro.

La città è molto bella, ma siamo tutti un po' stanchi. Ad Amman ci dividiamo in gruppetti, alcuni vogliono visitare la Cittadella altri fare solo shopping.

Trovo con gran soddisfazione la banconota Irachena raffigurante Saddam. Dopo una cena abbondantissima ed imbarazzante al Cairo restaurant -c'era da mangiare per un esercito di 30 persone- con la pancia che implora pietà, torniamo all'albergo con i taxi e da lì ci dirigiamo in aeroporto.

 

9° Giorno: Lunedì 06/01/2014 Fine


Arriviamo puntuali in Italia: un po' assonnati ma felici per la bella vacanza ci salutiamo.
E' stata una bellissima esperienza, il clima buono, il cibo ottimo, i paesaggi indimenticabili.
Grazie a: Fiorella, Paolo, Elena, Gaetano, Fra, Diego, Eliana, Giacomo, Carla, Nadine, Valeria, Stefano, Maurizio, Enrico, Francesca, Andrea.

 

 
 
 

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