Bushi ni nigon nashi

Come sei veramente


Ogni sera, quando torno, dopo una giornata fatta di eccessi e mancanze, domande e offerte, proposte imbarazzanti e scale fatte di corsa - sempre più su fino all'ultimo piano - e telefonate e mail ricevute e riunioni e brainstorming e fughe improvvise e lettere di scuse e richieste di preventivi e donne incinte e caffè al ginseng e medici assonnati e segretarie piene di silicone, donne mature e piccoli uomini fatti di vento, bambini blu e ricevute fiscali, articoli scritti, riletti e comunque sbagliati, stampanti impazzite e webcam surriscaldate, mi chiudo una porta alle spalle, apro questa botola impolverata e libero i miei fantasmi.Li lascio razzolare intorno per un po', beccarmi le gambe e osservarmi scrivere con lo sguardo acquoso di quelli che sanno durerà poco, la libertà.Dentro, avanti, fate piano, domani torno a prendervi.Torno, lo giuro. Io torno sempre.Sono pensieri segreti, volontà nascoste, desideri proibiti, rimpianti, rimorsi e stucchevoli conversazioni delle 2 di notte. Sono il passato di cui ho scordato il nome, il presente senza cintura e un futuro che gioca a nascondino.Li tengo segregati qui perchè li preferisco ingabbiati piuttosto che dispersi. A volte li sveglio, di notte, e prendo a cullarli. Canto la nenia triste con la quale mi addormentavo io, piena di malinconia. Ninna nanna mamma/tienimi con te/ nel tuo letto grande/solo per un po'... sette le scodelle sulla tavola del re/dentro cosa c'è/solo un chicco di caffè.Implorano il silenzio talvolta e si rigirano in un modo strano, pieno di convulsioni esasperate e bellissime, la danza di un velo portato dal vento e musica di pianoforte. Una musica lieve, fatta di piccole note. Nulla di che. Utile, a volte, per darsi una ragione, una qualunque, alla solitudine di certe sere. Alle pagine riempite di parole, con le scarpe buttate di lato e il trucco liquefatto dentro gli occhi, le unghie un po' più corte, la bocca tagliuzzata di perchè.A volte spaccio le cose che scrivo per roba d'altri. Perchè io, al solito, scrivere ho scritto tanto. Ma altrove.Su fogli orfani e vetri appannati, sullo specchio del bagno con il rossetto di mia madre, sulla sabbia di certe spiagge deserte, dentro l'anima della gente, con frasi sconnesse piene di verità e pianto.Ci sono persone invece che se ne stanno immobili tutta la vita, poi un giorno prendono una penna mezza mozzicata dal tempo e lasciano una scia dorata di domande senza risposte. Nella solitudine di matite consumate, io disegno voci di gabbiani che urlano mentre invoco il tuo nome. E mi lascio cadere.E tutti a fare woooo. Perchè sì cavolo, l'ha scritto quella lì, Sylvia, prima di uccidersi.Ma chi Sylvia, Plath? Sì, no, cioè, ti piace?Wooooo, che intensità meravigliosamente dolorosa.E sì eh, è morta suicida. Vuoi mettere?Eh.Come no.Sylvia. Proprio lei.Proprio io, cioè. Ma viva. Peccato.Non sarò mai una scrittrice. Ma forse lo diventerò.